9 - L'appuntamento

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Dopo un’ora passata a leggere domande di questionari ed aver provato a scrivere qualche domanda, anche se mi sembrano veramente stupide e senza senso, mi stiracchio sulla sedia e lancio una rapida occhiata a Luke per vedere come se la sta cavando. E’ concentratissimo, con la testa bassa sui fogli, la matita in bocca e gli occhi che scorrono velocemente da una parte all’altra del foglio, mentre corruga un po’ la fronte quando sembra leggere qualcosa che non gli torna granché. Mi concedo un attimo per osservarlo nella sua veste da studente e non da sbruffoncello: è bellissimo, su questo non c’è mai stato alcun dubbio, ma mentre studia ed è concentrato perde la sua aria da “me la tiro e ce l’ho solo io” ed assume semplicemente l’aria di un bellissimo ragazzo interessante, con cui poter scambiare quattro parole in tranquillità.
Mi sorprendo a fare questi pensieri su di lui, perché l’ho sempre considerato semplicemente uno pieno di sé, con un gran cervello, ma incapace di sfruttarlo appieno. Ma vederlo così preso da quello che fa lo fa sembrare tutta un’altra persona, qualcuno con cui, forse, potrei davvero avere qualcosa in comune.
“Se continui a guardarmi così mi consumi”, dice sottovoce Luke.
Io sobbalzo sulla sedia: non mi ero accorta che lui mi aveva visto osservarlo, se no avrei cercato di dare meno nell’occhio, o di disincantarmi un po’ prima. Arrossisco violentemente, ma trovo comunque il coraggio di dargli una risposta: non voglio essere una delle sue ochette che gli sbavano sempre dietro, anche perché io non stavo sbavando, lo stavo solo osservando sotto una luce diversa.
“Non ti consumo, non ti preoccupare, ti stavo guardando solo perché in questo momento sembri davvero una persona intelligente, cosa che non avrei mai creduto possibile”.
Luke si gira, sorridendo sornione:
“Certo che tu non riesci proprio mai a farmi un complimento, eh? Qualunque altra ragazza farebbe i salti di gioia per poter passare tutto questo tempo da sola con me, ma tu no, tu sembra proprio che non mi sopporti, ed anche se ti becco a guardarmi, non hai mai niente di carino da dire nei miei confronti”.
“Beh, non so se l’avevi notato, ma io non sono come tutte le ragazze che conosci, né lo sarò mai. E poi, fino a prova contraria, neanche tu hai mai detto niente di carino su di me, e se ogni tanto mi incanto a guardarti è solo perché ti vedo fare cose diverse da quelle che fai di solito, e la cosa mi stupisce, tutto qui. Non c’è niente di diverso da questo e niente di più, solo curiosità”.
Luke mi guarda intensamente, senza dire una parola, e lancia una rapida occhiata al professore, che sembra che si sia quasi addormentato con la faccia dentro il libro, poi avvicina piano la sedia a me e mi sussurra all’orecchio:
“L’ho notato che non sei uguale alle altre, è per questo che ti ho sempre reputato una ragazza interessante. So che per te sono solo uno stupido farfallone, come mi hai fatto ampiamente capire oggi davanti a tutti”, e si allontana un attimo per guardarmi, mentre io gli concedo solo un sorriso tirato, “ma ti ho già spiegato che io sono molto di più di un bel faccino. Solo che non ci tengo a mostrarlo a tutti. E sicuramente non a chi conosco a malapena. Ma se mi fissi come prima, mi deconcentri, mi sento sempre studiato e giudicato negativamente da te, perciò cerca di non farlo più, va bene? Se no questa punizione non finirà davvero più, se mi sento costantemente osservato”.
Si allontana di poco da me, e mi guarda negli occhi. Io faccio lo stesso, cercando di avere uno sguardo serio, ma in realtà quello che mi ha detto mi ha un po’ ferito: è  vero che mi ha sorpreso vederlo in quel modo, ma in maniera positiva, era per quello che lo stavo guardando. Ma lui ormai pensa che io abbia sempre un idea negativa di lui, e se è questo che pensa per me va bene: non ho voglia di discutere ancora con lui e di fargli pensare che mi interessa in questa sua veste diversa dal solito, non mi va che si faccia strana idee, visto che in realtà non c’è nessuna idea da farsi. I suoi occhi sono un mare in tempesta, ed averlo vicino  quando mi parla sottovoce mi fa rimescolare il sangue ed andare un po’ in pappa il cervello, perciò ho bisogno di un attimo per riprendermi prima di aprire bocca. Faccio un sospiro, poi mi decido a parlare:
“Va bene, Luke, cercherò di non guardarti più, se ti da’ così fastidio. Pensavo ti piacesse essere sempre al centro dell’attenzione e non pensavo che essere osservato per due secondi da me ti turbasse così tanto, visto che se qualunque altra ragazza ti guarda, tu non ne sei che soddisfatto. Ma nessun problema se questa cosa ti impedisce di finire la punizione ad un orario decente: smetterò di guardarti e di stupirmi perché puoi essere anche un’altra persona rispetto a quello che conosco di solito. Mi terrò l’idea che ho sempre avuto di te, così tu riesci a concentrarti e potremo smettere prima questa punizione, visto che anche io ho i miei impegni”, e mi giro furibonda tonando sui miei fogli.
Cavolo, non credevo che una sua frase mi avrebbe fatto irritare così tanto. Vuole che continui a pensare che è uno stupido coglioncello che non fa altro che correre dietro a qualunque gonna veda? Perfetto, è quello che farò. Pensavo potesse essere davvero un’altra persona, tra come era concentrato ora e i discorsi che mi ha fatto stamani, ma a quanto pare mi sbagliavo e a lui piace che la gente pensi solo questo di lui. Continua a guardare le domande davanti a me senza vederle davvero: cavolo quanto mi fa innervosire solo dicendo due parole. Non ho il coraggio di guardare che espressione abbia, visto che mi ha detto chiaro e tondo che non vuole essere osservato da me, ma lui non fa nemmeno nessun tentativo per parlarmi o cercare almeno di chiedermi una pseudo scusa. Prendo la penna e comincio a scrivere furiosamente sul foglio: chissà perché, quando sono arrabbiata, le parole mi escono come fiumi.
Rileggo velocemente le domande che mi sono venute fuori poi, abbastanza soddisfatta del lavoro fatto, faccio per alzarmi per andare a dare il mio foglio al professore, almeno me ne posso andare da questa
stanza e iniziare a pensare alla bella serata che mi aspetta. Non appena allontano la sedia dal banco, una mano mi prende per un braccio, però questa volta delicatamente, non come quando era successo in corridoio: io mi divincolo furiosamente e lui molla subito la presa, come se si fosse scottato, ed è in quel momento che mi volto a guardarlo. Ha l’aria di un cane bastonato, di uno che non sa cosa dire né cosa fare. Io lo guardo ancora più furibonda, poi, visto che non da’ segni di aprire bocca dico piano, anche se il mio tono è duro e vorrei semplicemente urlargli in faccia:
“Beh, che c’è? La vuoi smettere di mettermi le mani addosso? Hai detto chiaro e tondo che non vuoi che ti guardi perché ti senti giudicato, quindi adesso che cosa vuoi da me? Io ho rispettato quello che volevi, perché tu non riesci a rispettare il fatto che io non voglio le mani addosso, di nessun genere, da persone che conosco a malapena?”. Ho usato appositamente le stesse parole che lui ha detto a me, per vedere che effetto gli fa.
Lui mi fissa, spalanca gli occhi e poi scuote piano la testa, ma non dice una parola. Rimango qualche secondo in piedi, aspettandomi una risposta, ma quando vedo che non arriva, faccio per votarmi ed andare a consegnare i miei fogli al professore, che ora sta proprio beatamente dormendo. Meno male che ci doveva seguire e tenere sotto controllo!.
“Aspetta”.
La voce di Luke è un sussurro roco, ma dentro quella parola c’è così tanta attesa che mi volto di nuovo verso di lui, con un sopracciglio alzato, in attesa che apra di nuovo bocca.
“Scusa, mi dispiace per quello che ho detto prima, è che tu mi turbi. Non ho mai conosciuto una ragazza tanto antipatica e capace di darmi sui nervi quanto te. E poi quelle tue risposte secche..Non le sopporto, mi fanno proprio arrabbiare. Sei l’unica ragazza di cui mi interessa davvero l’opinione, perché so che non mi dici qualcosa solo per farmi piacere o per far sì che tu sia più desiderabile ai miei occhi, anzi, mi tratti quasi sempre male, ma almeno so che quello che dici è realmente quello che pensi. E prima avere quel tuo sguardo addosso mi ha fatto sentire… indifeso, esposto. Una cosa che non era mai successa, ed è una cosa che non mi piace. Non volevo offenderti, davvero, è che tu riesci a tirare fuori sempre il peggio di me”, dice facendo un mezzo sorriso.
Io lo guardo, con gli occhi sempre più spalancati, da quando ha iniziato a parlare. Praticamente non ha fatto altro che offendermi, anche se dice che gli interessa cosa penso. Mi viene da ridere, non ci capsico niente con lui. Una risata mi esce involontaria e Luke mi guarda sorridendo e con un’aria interrogativa.
“Scusa, eh, ma non ti ha insegnato nessuno che quando si chiede scusa, si tende a fare dei complimenti all’altra persona e non ad offenderla? Mi hai detto che ti sto antipatica e ti do’ sui nervi… Non credi che non siano proprio complimenti? Però  ti interessa la mia opinione. Cose un po’ strane da dirsi per scusarsi, non credi? Comunque tranquillo, anche tu mi dai sui nervi e mi stai antipatico, quindi la cosa è reciproca. Però non mi interessa la tua opinione”, dico sorridendo.
Lui mi guarda interdetto, cercando di capire se sono offesa o meno, poi mi fa un gran sorriso, capendo che comunque l’ho scusato, visto che sto continuando a sorridere:
“Bene, almeno abbiamo entrambi la stessa opinione. Ci stiamo antipatici e ci diamo sui nervi, meglio di così. Magari questo ci aiuterà a far venir fuori davvero un bel lavoro per quello lì”, dice indicando il professore, “visto che tanto a nessuno dei due piacerà mai il lavoro dell’altro e saremo estremamente pignoli”.
“Tu hai finito?”, chiedo per cambiare argomento ed uscire da qui. “Perché io sono a posto con le domande, non mi viene in mente nient’altro, e poi comincia ad essere già troppo tardi”.
Luke annuisce, prende il suo foglio e si alza. Io lo seguo ed arriviamo davanti alla cattedra del professore.
“Che dici, lo svegliamo?”, dice Luke, mentre il professor Wilson se la dorme della grossa, con la bocca aperta.
Faccio una mezza risatina, poi dico:
“Meglio di sì, visto che sicuramente, se gli lascia i fogli qui e ce ne andiamo senza dire niente, è capace di venirci a cercare in camera e farci tornare qui fino a che non gli ha letti”.
Luke annuisce, si avvicina al professore e dice:
“Professor Wilson, professor Wilson”, ma niente, lui continua a dormire e russare beatamente.
Allora Luke comincia a scuoterlo per un braccio mentre lo chiama e, al terzo scossone, il professore fa uno schizzo sulla sedia e si sveglia, cadendo rovinosamente per terra.
Io mi giro di spalle e comincio a ridere, anche se cerco di soffocare la risata, mentre Luke, sempre trattenendo le risate, cerca di dare una mano al professore a rialzarsi. Ma questi lo scansa e dice:
“Sto bene ragazzo, non è successo niente. Allora, perché mi avete svegliato così male?”. Dopo che l’ha detto, il professore spalanca li occhi e si corregge: “Volevo dire, perché mi avete chiamato scuotendomi? Ero immerso nella lettura, ma bastava chiamarmi a voce”.
Io continuo a ridere con le lacrime girata di spalle, mentre sento Luke che, con la voce spezzata dalle risate dice:
“Vede professore...pfff…l’abbiamo chiamata più volte a voce..pfff… ma non ha mai risposto. Perciò ho dovuto, ehm…pfff..scuoterla”.
Luke si gira e si accuccia come se gli fosse caduta una matita, mentre cerca di soffocare le risate. Io mi asciugo le lacrime e mi volto, cercando di restare seria, ma vedere il professore che cerca di svegliarsi ma restare serio, non rende l’impresa affatto facile.
“Che cosa volete comunque, avete bisogno di qualcosa?”, chiede, con tono quasi arrabbiato.

Un errore da ripetereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora