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Nathan è appoggiato con la schiena al mio armadietto. Indossa dei jeans attillati neri, anfibi e una maglietta bianca. Chi si crede di essere? Sorrido mentalmente. Sono ancora arrabbiata con lui e non voglio parlargli. Mi fermo davanti al mio armadietto e lo fisso. -Beh? Che hai?- sbotta lui.
-Se ti sposti mi fai un favore.- ribatto.
-E perché dovrei?- fa lui strafottente. Mi viene da sorridere perché è una delle poche persone che riesce a tenermi testa. Mi odiano tutti per come rispondo, non sono mai stata amica di nessuno con il mio modo di essere egoista. Ma lui mi tiene testa e mi piace.
Lo spingo di lato in modo da riuscire ad aprire l'armadietto. -Allora. Perché mi hai trattata in quel modo ieri?- gli chiedo acida guardandolo. Vedo chiaramente un'ombra passargli sul viso ma riesce a nasconderla quasi subito. -Perché... - inizia aggrottando le sopracciglia ma viene interrotto dal suono della campanella. -Non importa dobbiamo andare in classe.- dice in tono sollevato.
Maledetta campanella. Stava quasi per dirmi tutto. Voglio sapere il perché del suo comportamento. Qualcosa in lui mi dice che ne ha passate tante e che ha paura del mondo. Forse posso insegnargli come ci si fa scivolare le cose addosso. Forse posso aiutarlo.
Entro nell'aula di inglese e cerco di concentrarmi sulla lezione. Stiamo leggendo Ivanhoe di Walter Scott. Mi piacciono i romanzi ambientati ai tempi di Riccardo Cuor di Leone. Ogni tanto penso a come sarebbe vivere in quell'epoca così lontana dal nostro mondo.
La lezione termina prima che me ne renda conto e io torno al mio armadietto. Oggi non ho ancora visto James, e devo ammettere che un po' mi manca. Oggi dovevamo fare colazione assieme. Oddio che idiota sono?!
Ora sono io che devo cercarlo per scusarmi. Provo in palestra, nell'aula di chimica cercando di immaginare che corsi segua. Dio, siamo così diversi e non mi sono ancora presa la briga di scoprire di più su di lui. Mi sento in colpa.
L'ultimo posto in cui lo cerco è il campo da football. -Ehi, avete visto James?- urlo ai giocatori che si allenano. Qualcuno mi urla che oggi non è a scuola.
Mi sento un po' meglio sapendo che non c'era nemmeno lui stamattina al bar. Decido che scoprirò qualcosa su di lui chiedendo ai suoi compagni di squadra a pranzo.
Le due ore che mi separano dalla pausa pranzo passano lentamente e quasi mi trascino in mensa per la stanchezza.
La squadra di football è seduta al tavolo opposto rispetto al mio. Mi alzo e vado verso di loro. -Hey, guardate chi c'è - dice ridendo un tipo biondo. -Ohh è arrivata la novellina, ciao tesoro.- dice un altro.
-Si, okay ora basta. Mi serve un favore.- ribatto fredda. -Tutto quello che vuoi, piccola.- risponde il biondo che credo si chiami Richard. Lo guardo. -Non chiamarmi piccola.- poi rivolta a tutti chiedo -Ditemi qualcosa su James.- Il gruppo scoppia a ridere e io me ne vado.
Odio quelli che si comportano così. A loro cosa cambia raccontarmi di lui o meno. Dio, che bambini.
Una mano mi tocca la spalla -Sei Jessica, giusto?- Mi giro. È un compagno di squadra di James. Ha i capelli castani con un taglio corto e un po' spettinato e gli occhi marrone chiaro. -Sì, sono io.- rispondo accennando un sorriso.
-Piacere, Chase.- mi sorride a sua volta.

Tra le tue bracciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora