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-Buongiorno, stiamo cercando Zack Martens. In che camera è?- chiede mia mamma alla reception dell'ospedale. Sono impaziente di vedere mio fratello. Voglio sapere come sta.
-Mi faccia controllare.- dice la donna dietro al computer -Ecco, ci siamo...camera 394, al terzo piano.- continua poi con un sorriso.
Che diavolo hai da sorridere?
-Grazie- risponde mia madre prima di voltarsi verso l'ascensore. Clicco il tasto con il numero 3 e mi giro verso mia mamma. -Va tutto bene?- le chiedo preoccupata. Lei si limita a far scivolare la sua mano nella mia, cercando un po' di conforto.
Arrivate davanti alla camera 394 facciamo entrambe un respiro profondo prima di entrare. Ho paura. Mio fratello è disteso su un letto. Ha la maschera d'ossigeno e una flebo nel braccio. Di fianco al letto c'è il medico intento a scrivere qualcosa sulla cartella clinica. -Mi scusi signora, non può ricevere visite.- ci informa venendo verso di noi. Mia mamma mi stringe con forza la mano. -Si levi di mezzo e ci dica che cosa ha, dottore.- faccio io a mezza voce. Spero di non sembrare patetica mentre lo dico. Come può una diciottenne minacciare un adulto? Eppure è ciò che ho appena fatto. Il medico mi rivolge un'occhiataccia prima di farsi da parte. -Okay, ha tre costole rotte e una commozione celebrale. Ci vorrà un po' prima che si rimetta del tutto.- spiega subito dopo.
Mia mamma ed io annuiamo in silenzio sedendoci sulle sedie di plastica blu. Stringo la mano di mio fratello, cercando di trasmettergli un po' di calore. Sembra così freddo. Mi fa un male atroce vederlo così.

ZACK'S POV
Percepisco qualcosa di morbido intorno a me, voci ovattate, e una luce accecante. Dove diavolo sono?
Sono morto.
Percepisco la presenza di qualcuno al mio fianco, poi arrivano altre persone. Ma dove mi trovo? Piano piano acquisto consapevolezza di ciò che mi accade intorno. Altre voci. Qualcuno mi prende la mano.
Riconoscerei il suo tocco tra mille. La sua mano è liscia come la ricordavo, il calore del suo corpo in contrasto con il metallo freddo del piccolo anello che porta al pollice destro.  È la mano di mia sorella. Jess.
Cerco di aprire gli occhi. Voglio vedere il suo viso, i suoi capelli biondi perennemente spettinati. Mi manca così tanto abbracciarla. Lei è la mia ancora di salvataggio.
Di nuovo qualcuno che parla. È la sua voce. Jess. Vorrei dirle che la sento ma non riesco a parlare. Mi fa dannatamente male la testa. Perché Jess è qui? Cos'è successo? Cerco di aprire di nuovo gli occhi. Ci metto tutta la forza che ho in questo piccolo gesto. Devo aprirli. La voce dolce di mia sorella riprende a parlare. È ancora troppo ovattata per capire cosa dice. Mi concentro sulla sua voce.
-Ehi, Zack. Lo so che probabilmente non puoi sentirmi...- Ti sento sorellina. -Volevo solo dirti che mi manchi. Sono venuta fino qui perchè ero preoccupata per te. Tu e la tua passione per la velocità.- dice tra i singhiozzi. Non piangere, ti prego. -Giuro che prenderò la tua moto e le darò fuoco. Forse tu non ricordi niente, ma hai avuto un incidente con quello stupido affare. Dio, mi hai fatto preoccupare da morire.- La immagino mentre aggrotta le sopracciglia come fa quando cerca di esternare ciò che prova. Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Posa anche l'altra mano sulla mia, accarezzandomi piano.

Comincio a ricordare qualcosa. Ero in moto, stavo andando da un mio amico. All'improvviso un'auto mi taglia la strada e mi centra. Tutto il resto è molto confuso. Sbatto la testa. Poi qualcuno mi solleva. Nient'altro.

-Ti prego, svegliati.- dice Jessica tra le lacrime. Sì, mi sveglierò. Mi sveglierò solo per vederti.
Non sono morto.
Non sono morto.
Non sono morto.
Continuo a ripeterlo per prolungare il mio stato di dormiveglia. Ho paura che se mi lasciassi andare sarebbe la fine. Voglio vivere. Voglio vivere per Jess. So fin troppo bene che non riuscirebbe a sopportare di perdere anche me.
È sangue del mio sangue. Sono sangue del suo sangue.
Non sono morto.

Tra le tue bracciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora