Capitolo14

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Capitolo quattordici.

Il trillo del campanello d'ingresso, scuote Kirk dal dormiveglia in cui si crogiola
da ore.
Dopo la notte movimentata, il ragazzo si è buttato quasi vestito sul letto,
cedendo alle braccia di Morfeo, all'istante.
Il sonno però non è stato ristoratore, immagini, voci, volti gli affollano la mente,
carpendo il subconscio in una sottile ansia, per niente piacevole, ma dolente,
come la lingua che batte sul dente che fa male.
Indossa in fretta un paio di jeans, una maglietta e scende sbadigliando al piano
sottostante.
All'ingresso il sole gli acceca le iridi verdi, riparandosi la vista con una mano,
intravede la figura famigliare del suo migliore amico.
«Nick cazzo, ma perché non hai usato le chiavi?»gli domanda brontolando.
Il ragazzo fresco di doccia, con i capelli scuri sciolti, in camicia e jeans fa una
smorfia di scherno.:«Amico, non ero sicuro che fossi da solo »
Kirk rientra in casa sbuffando:«E perché mai?»replica passando le mani tra i
capelli ribelli.
Nick lo segue chiudendo l'uscio dietro di se:«Non fare il furbo con me, ieri ho
impiegato tutto me stesso per convincere Rosalynd che non stavi bene »
ammette in tono amaro.
Notando la brutta cera che traspare dal volto dell'amico, il ragazzo si dirige
spedito verso la cucina.
«Hai bisogno di bere un caffè e mangiare qualcosa »dichiara trafficando
tra cassetti e mensole.
Kirk sospira sedendosi al banco della cucina per osservare i movimenti di
Nick.
«Ieri non sono stato un grande "compagno" per la cliente »ammette con un
filo di voce.
«Puoi dirlo forte amico, Karoline è andata via delusa e infuriata, lamentandosi
con Rosalynd, che non è riuscita a calmare le sue rimostranze nemmeno
offrendole di restituire il denaro »gli fa notare Nick posando sul banco una
tazza di caffè bollente ed un croissant fragrante scaldato al forno.
Kirk si tuffa sul liquido nero, come un bambino su una caramella.
Nick si serve a sua volta, e prende posto accanto a lui.
Essendo più grande e con un passato tutt'altro che roseo, comprende alla
perfezione, quello che sta succedendo al ragazzo, le sue emozioni, la confusione
che alberga nel suo cuore.
«Come è andata con la ragazza con cui sei uscito ieri?» la domanda, buttata lì
con noncuranza è frutto della sua esperienza.
Kirk alza le spalle:«È andata » mitizza senza fare trasparire nulla di più.
Nick sorride sornione:«Quanto ti è piaciuto?»gli domanda a trabocchetto.
Il silenzio lungo che aleggia nell'aria, è rotto soltanto dal respiro corto di Kirk,
il quale non riesce a trovare il coraggio di mentire al suo migliore amico.
«Mi è piaciuto ok?»risponde scontroso.
«Soltanto per una volta, o ti è acceso il sangue nelle vene?»incalza l'amico.
Il ragazzo si alza di scatto facendo cadere lo sgabello.
«Cazzo Nick, non ho mai provato nulla del genere, mai!» esclama esasperato.
«Nè abbiamo avuto di donne, noi due, ce le siamo anche scambiate, ma non
ero preparato a una ragazza come Michelle »confida confuso.
Nick gli riempie la tazza nuovamente:«Vi vedrete ancora?»
Il ragazzo scuote la testa, nello sguardo il timore interiore che si rispecchia
nell'espressione dei lineamenti facciali.
«No, mi sono ripromesso di non infrangere la mia regola, quella di non provare
nulla, mai!»ribatte le emozioni contrastanti.
«Sbagli amico »replica calmo Nick «Se ora rifiuti di vederla, non riuscirai più a
lavorare in pace, perché sarà sempre più nei tuoi pensieri »
Kirk fissa l'altro con stupore:«Che cazzo dici, sei sicuro?»domanda incerto.
«Ascolta chi c'è passato prima di te»gli consiglia il ragazzo «Scommetto che non
possiedi il numero del cellulare »indaga pacato.
Al silenzio che riceve in risposta sospira contrariato:«Ci penso io ad averlo Kirk,
però tu la cercherai, perché lei non lo farà stanne certo »

L'oggetto della discussione si trova davanti ad un portone, sopra la targa dorata
lucida c'è scritto a caratteri cubitali:"Studio Legale Victor Wells ".
Con il vestito bianco e nero, che enfatizza le sue curve morbide, le scarpe nere
alte, i capelli tirati in una coda alta, il trucco leggero, ma evidente, sta ferma
all'ingresso indecisa sul da farsi "entrare", andare a farsi una passeggiata, sospiro
entrare.
Testa alta, postura sicura, varca la soglia.
L'aria condizionata pari ad una cella frigorifera, la coglie di sorpresa, la pelle
reagisce all'istante, diventando ghiacciata, Michelle priva della giacca, lasciata
a casa dalla fretta, si friziona le braccia rabbrividendo.
Seduto davanti ad una lussuosa scrivania in legno pregiato, un giovane
rigorosamente in giacca e cravatta, è chino su un computer enorme.
Di lato un'altro computer acceso, senza nessuno ad occuparsene.
Il pavimento lucido in marmo color panna, il soffitto punteggiato da faretti
alogeni incassati, donano la fonte di luce necessaria per rischiarare l"ambiente.
Michelle si avvicina all'alta scrivania, il ticchettio delle scarpe alte, riscuotono
il segretario.
«Prego?»capelli in ordine maniacale, la voce impostata, due occhi marroni,
fissi su di lei.
La ragazza sfila dalla borsa la lettera di presentazione, porgendogliela in
silenzio.
Mentre aspetta, si guarda intorno mesta, affiancate alla parete di fronte, una
serie di poltrone panna, rigorosamente una accanto all'altra.
«Signorina Shaw, il dottore per il momento non può riceverla, ma ho chiamato la
sua collega d'ufficio, la signorina Gill, che l'accompagna al suo posto di lavoro.»
recita l'integerrimo segretario, facendole segno di accomodarsi nell'attesa.
Michelle prende posto su una poltrona, comoda e il pelle, lo sguardo perso nel
vuoto, la mente che vaga per conto suo, senza pensare a niente di particolare.
«Lei è la nuova stagista?»la voce seria e forte la fa sobbalzare dalla seduta.
Alza gli occhi, ancora con il cuore in gola e rimane sorpresa.
La ragazza che la sovrasta è molto più alta di lei, un volto severo, la bocca
una linea sottile, un paio di occhiali spessi, impediscono di riconoscere il
colore degli occhi, probabilmente lo stesso dei capelli lisci come spaghetti, ma
senza forma, né linea, le cadono flosci sulle spalle.
«Si, sono io»annuisce Michelle alzandosi in piedi.
Non una stretta di mano, nemmeno una parola, la ragazza si inoltra all'interno
dello studio.
Perplessità e sconforto assalgono Michelle, mentre la segue in silenzio, ma
curiosa di sapere l'ambiente in cui lavorerà.
Intanto si accontenta di osservare la schiena dritta della sua collega.
L'abbigliamento che indossa, non le rende giustizia: un lungo e largo
gonellone nero le arriva ai polpacci, nascondendo la sua figura, per
non parlare della camicia a fiori lasciata cadere fuori dal punto vita.
È come se avesse timore di ostentare la sua reale corporatura.
D'altronde tutto in lei grida "statemi lontani ", la postura rigida, l'espressione
granitica, dura, l'assenza completa di trucco, persino le scarpe sembrano
quelle ortopediche.
Varcata una porta a vetri smerigliata, ecco finalmente arrivare al cuore
dell'ambiente lavorativo.
Gli uffici sono ampi, luminosi, totalmente a vista.
All'interno le scrivanie bianche, disposte le une accanto alle altre, in un disegno
geometrico, che garantisce la privacy, ma facilita la socializzazione.
I dipendenti, di entrambi i sessi, sono seduti su comode poltroncine bianche
ergonomiche, indossano completi eleganti dai colori sobri, le donne quasi tutte
in tailleur nero o grigi.
Ognuno intento a fissare il monitor del computer, oppure a consultare schedari
disposti lungo le pareti formate da pannelli grigi.
L'ufficio è rivolto verso il bellissimo panorama sottostante, rendendo piacevole
il lavoro.
La signorina Gill, non si sofferma a ragguagliare Michelle su ciò che succede
nello studio, ma prosegue imperterrita verso una stanza, stessa impostazione,
ma le scrivanie ben distanti tra loro.
Michelle la osserva prendere posto al suo computer, il lungo bancone che le
divide.
In silenzio si avvicina alla sua postazione, posa la borsa e non le resta altro
da fare se non rivolgersi all'Isberg.
«Scusa...mi spieghi gentilmente, in che cosa consiste il mio lavoro?»
La ragazza gira la testa verso di lei, le mascelle serrate in una smorfia di
irritazione:«Chiamami Amie, per favore »risponde glaciale «Normalmente è
compito del Dottor Wells dare le mansioni, ma dato che al momento non è
disponibile, credo che tocca a me darti le informazioni »conclude pratica.
Michelle si morde la lingua per non assestarle una delle sue battute pungenti:
«Io sono Michelle, Amie, sono onorata se mi dai qualche delucidazione »
La porta si apre improvvisamente, senza bussare entra Richard, il viso pallido,
le occhiaie evidenti gli segnano lo sguardo spento, livido.
Indossa un completo grigio, spiegazzato, la cravatta allentata intorno al collo,
l'essenza della trascuratezza e del disagio interiore.
Tuttavia scorge all'istante della presenza di Michelle, la guarda stranito :
«Non ero a conoscenza della tua assunzione » ammette con una punta di
ironia.« Ma dato che sei qui, portami in ufficio una tazza di caffè caldo, ora né
ho davvero bisogno »le ordina usando la solita arroganza.
La ragazza, ricambia lo sguardo, ma scuote la testa:«Caro, fattelo da solo il tuo
caffè, anch'io non ho fatto colazione per arrivare in orario » ribatte risoluta.
Il volto di Amie passa dal rosso peperoncino, al pallore cadaverico, in vita sua
non aveva mai assistito ad una scena così irrispettosa.
«Dottor Wells, prego glielo porto io il caffè, » esclama alzandosi immediatamente.
Richard le rivolge un sorriso mesto:«Grazie Amie, sempre gentile con me, »
« Signore, per me è un dovere, sempre il solito? »gli domanda gongolante.
Lui le fa un cenno con la mano e scompare dalla porta.
Furente Amie aggredisce Michelle verbalmente:« Ma che ti dice il cervello,
comportarsi da maleducata al proprio datore di lavoro »
Michelle fa spallucce per nulla preoccupata:«Conosco Richard dalle elementari,
per noi è normale esprimerci così »si difende con un sorriso.
L'altra la fulmina con gli occhi e corre ad espletare il suo compito.
«Ehi, dato che ci sei, perché non né porti uno anche a me?» le urla dietro ironica.

«Scusate il mio abbigliamento, ma a volte amo ritornare a dare una mano
dietro il bancone del bar »esordisce il Signor Ward, srotolando le maniche della
camicia candida.
Mentre riprende da un gancio la giacca scura coordinata ai pantaloni, gira intorno
alla pensilina in marmo e si avvicina al gruppo.
I due uomini si squadrano con calma, la consapevolezza di due forti personalità
a confronto.
Entrambi con il fisico alto e asciutto, affascinanti e sicuri di se stessi, nati per
ammaliare e con gli affari nel sangue.
Si stringono la mano senza esitare, due persone che si riconoscono per la
medesima religione, ossia uomini di parola.
Gli occhi penetranti di Kevin si posano inesorabili su Azzurra, assorbendo tutta
la sua energia.
Ian si schiarisce la gola:«Signor Ward, le presento la mia....collaboratrice, la
Signorina Bridget Allen, psicologa» il tono di voce asciutto.
L'uomo si sofferma a sondare con l'argento delle sue iridi, la figura slanciata di
Azzurra, la quale si sente di arrossire come una scolaretta, mentre il cuore le
accelera i battiti nel petto.
«Signorina Bridget, per me è un vero piacere conoscerti, sei uno splendore »
esclama Kevin, prendendole la mano, per indugiare in un caldo bacio sul dorso.
Un brivido le accarezza la schiena, mentre la mano rimane in quella dell'uomo.
Il luccichio di fuoco nello sguardo di Ian, la riscuote e lei la ritrae confusa,
guadagnando un sorriso sornione da parte del suo interlocutore.
Ian le presenta l'avvocato, anche Dana riceve i complimenti di Kavin, ma nessun
approccio sensuale.
Il proprietario si discosta dai convenevoli e si appresta a decantare la bellezza
del suo locale.
Il ristorante è davvero una bella occasione, enorme, un'ala adiacente ad una
sofisticata piscina, attorniata da alte palme e aiuole fiorite.
Il palcoscenico per intrattenere gli ospiti, il mobilio di buon gusto, le cucine
pulitissime, al massimo dell'igiene.
Intanto che gli altri si intrattengono a discutere di eventuali cifre, o di procedure
legali, Azzurra approfitta per uscire a passeggiare nei pressi della piscina.
All'ombra della vegetazione, osserva incantata l'acqua cristallina che giace
placida nella tranquillità del luogo appartato.
Ripensa agli occhi incredibili di Kevin, il suo atteggiamento galante, la reazione
furiosa nello sguardo ardente di Ian, quasi un monito a non esagerare nel farsi
adulare.
Per lei che non ha esperienza, è tutto troppo difficile da sopportare, da capire.
Occorre fare chiarezza nella sua mente, perché il suo cuore non ha dubbi,
l'amore, la passione che prova nei confronti di Ian è autentico e profondo.
Lui la desidera, la brama, ma il suo sentimento per lei lo deve condividere con
l'amicizia dell'infanzia, con quegli occhi scuri e i ricciolini che le portava le
polpette al sugo quando aveva fame.
Rosa, come si può dimenticare il passato crudo trascorso insieme, a proteggersi
entrambe dai pericoli della strada dove vivevano la maggior parte del tempo.
Eppure qualcosa fra lei ed Ian non è chiara come sembra, prima o poi verrà a
galla, e lei né farà tesoro.
«Ti consiglio di stare attenta a restare sotto il sole, a quest'ora del giorno, la tua
pelle delicata può scottarsi facilmente » la voce roca, segue lo sguardo luminoso di Kevin, che Azzurra incrocia voltandosi.
Lei sorride gentile:«La ringrazio per la sua premura Signor Ward, ma l'incantevole
visione di questo paradiso, mi ha catturato »
«Tu sei una incantevole visione, Bridget »le sussurra all'orecchio «E mi hai
catturato con la tua bellezza »
Il tipico suono di un messaggio inviato, distrae l'attenzione che si è creata.
Azzurra controlla il cellulare e sorride nel constatare il nome di Michelle sul
display.
"Cara, dovunque tu sia in questo momento, sappi che mi manchi tanto "
I caratteri tipici del messaggio le ricordano quanto l'amica le manchi anche a lei.
Velocemente digita la risposta, poi per non peccare di maleducazione ripone il
telefono nella borsa.
«Un fidanzato?» la domanda scontata di Kevin le suona divertente.
«No, è un'amica» risponde ridendo.
«Hai un sorriso che coinvolge »ammette lui«Non smettere, ti prego.»
La corte serrata viene bloccata da un'ombra alta che si staglia contro il sole.
«Signorina Bridget, è giunta l'ora di tornare in albergo » lo sguardo di ghiaccio,
accompagnato dalla voce dura, le fa accapponare la pelle.
«Signor Ward, noi ci vediamo questo pomeriggio alle sedici, per concludere la
vendita »si rivolge calmo, ma freddo all'antagonista.
L'uomo annuisce, un sorriso appena accennato:«Le ricordo l'invito che le ho
consigliato per l'evento di presentazione di questa sera. Per lei è fondamentale,
tutti i migliori investitori e magnati della città partecipano. Non manchi, e porti
con se le signorine, né guadagna di eleganza.»
Ian annuì e prese Azzurra per un braccio, trascinandola via.


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