Capitolo quindici.
Sorseggiando il caffè caldo macchiato, Michelle non distoglie l'attenzione dalla
sua collega d'ufficio, certa che sotto la scorza dura, esiste un'anima.
Il fatto che nonostante la sua sfacciataggine, Amie è ritornata con la sua
ordinazione, le suggerisce di provare ad instaurare un dialogo con lei.
La ragazza assorbita completamente dallo schermo del computer, sussulta
quando Michelle si alza per gettare il contenitore nel cestino dei rifiuti.
«Insomma, sei qui da un'ora e non hai combinato ancora niente!» la riprende
con il suo solito cipiglio.
«Mi chiedevo da quanto tempo, lavori qui?» le domanda incuriosita Michelle
ignorando lo sfogo dell'altra.
Amie si avvicina sbuffando verso un armadio a muro, e prende all'interno un
paio di cartelle, sbattendogliele sulla scrivania con un tonfo sonoro.
«Riordina queste, e inseriscile nel computer » le ordina perentoria.
La ragazza sfoglia il contenuto dandogli una veloce occhiata; clienti,
pagamenti, costi di consulenze effettuate in altre città, tutto materiale del
lavoro svolto da Richard negli ultimi mesi.
«Tre anni » ammette Amie dopo un po' di assoluto silenzio.
«Tutto questo tempo hai lavorato per Richard?»insiste Michelle.
«Già »ammette l'altra, un luccichio di orgoglio le traspare dagli occhi.
Le due, continuano a lavorare senza fiatare, il loro compito è arduo, visto il
disordine con cui il loro "capo" ha redatto i documenti.
Michelle capisce dal comportamento della collega, un'intenso coinvolgimento
emotivo nei confronti del suo datore di lavoro.
Conosce bene la dipendenza di Richard per la cocaina e chissà per quale altra
sostanza; esaminando il carente e indisciplinato stato in cui si trova il suo
lavoro, intuisce che dietro c'è l'amorevole cura di Amie.
Lei copre senza ombra di dubbio il pessimo compito del "capo", altrimenti non
si spiega la totale mancanza di reazione dell'Avvocato Victor Wells.
Il padre, pignolo all'inverosimile, ha sempre preteso dal figlio, il massimo
impegno e risultati eccellenti.
Il Richard, pallido e scarmigliato che si era presentato poco fa, non corrispondeva
certo ai requisiti impostigli dal padre.
«Amie, da quanto tempo Richard è cambiato?»
Dall'altra parte il silenzio impera come un sudario.
«Vuoi farmi credere che non hai notato nulla, nel suo comportamento, e che
ha sempre lasciato i suoi documenti in questo stato pietoso »incalza Michelle.
Un luogo sospiro sofferto giunge come risposta.
Il vuoto alberga nella stanza, solo l'impercettibile suono delle dita sui tasti del
computer fa da sfondo sonoro.
«In questo modo non lo aiuti, anzi contribuisci alla sua disfatta »non demorde
Michelle.
«Sei mesi» la voce incrinata di Amie, si fatica ad udire.«Sono circa sei mesi che il
Dottor Richard ha iniziato a venire in ufficio con la faccia strana, stralunata, poi
trascorso un lasso temporale di qualche ora tornava come prima.»
«Vuoi dire che era nuovamente brillante e pieno d'energia?»Michelle inarca un
un sopracciglio.
Al cenno d'assenso di Amie, lei giunge alla sua conclusione.
«Ti sei mai chiesta il motivo?»le domanda con dolcezza.
Ma la collega si chiude a riccio:«Non sono affari nostri, siamo pagate per
lavorare, non per chiacchierare.»e detto questo torna al suo computer.Il tragitto di ritorno, verso l'albergo, si svolge velocemente, l'aria nell'abitacolo
della vettura, satura di nervosismo e malumore.
Azzurra rimane isolata, mentre Dana e Ian discutono sulle condizioni del locale
appena visitato.
La via più famosa di Las Vegas, la città che non dorme mai, è affollata da turisti,
giunti da ogni parte del mondo.
Affacciata al finestrino, Azzurra osserva incuriosita, la varietà di luci e colori
che diffondono i locali alla moda e i vari Casinò, fastosi e affascinanti edifici
costruiti per attirare l'attenzione della gente.
Boutique eleganti e dalle firme prestigiose, le fanno brillare gli occhi argentei,
modellati con maestria, abiti esclusivi sfavillavano sui manichini in evidenza
nelle vetrine.
Il desiderio di calpestare il marciapiede della Strip e di esplorare la città
accresce dentro di lei prepotente.
L'autista li porta all'ingresso dell'albergo, di comune accordo ognuno sale
nella propria camera, per ritrovarsi al momento dell'appuntamento.
Ian ed Azzurra condividono lo stesso ascensore; l'uomo rimane rigido, in
silenzio, gli occhi gelidi come pezzi di ghiaccio fissi in quelli di lei, facendola
sentire in imbarazzo.
Una volta all'interno della suite, Ian si disfa della giacca e cravatta, rimanendo
in camicia e pantaloni.
I muscoli sotto il tessuto leggero guizzano quando afferra il telefono interno.
«Ordino qualcosa per pranzo, che cosa preferisci?»le chiede freddamente.
La ragazza presa alla sprovvista non ha idea di che cosa scegliere.
«Fai tu, per me è uguale »
L'uomo propende per un pasto leggero in modo da essere vigile nel pomeriggio.
Azzurra si avvia verso la sua stanza, quando un braccio muscoloso la trattiene
con vigore.
Entrambi si scontrano, lampi di irritazione negli sguardi ardenti, i respiri
corti.
»Non mi è piaciuto quello che ho visto stamattina »ammette Ian, l'avvertimento
nel tono della voce.
Lei tenta di divincolarsi dalla presa di ferro, e lo fulmina furiosa.
«Lasciami!»esclama con una smorfia di disappunto.«Non ho fatto nulla di male.»
Ian avvicina il volto a quello di lei :«Stai attenta cara, quello non fa parte della
tua cerchia di ragazzini che frequenti, Ward è un uomo pericoloso!»le ringhia
in faccia.
Lei scoppia in una risata ironica:«È stato solo galante, cosa che molti uomini si
sono dimenticati l'esistenza »replica risoluta.
Ian non molla il braccio di Azzurra e le dà uno strattone facendola cadere
addosso a lui.
«È questo che ti affascina eh?»le sussurra roco, l'alito a sfiorarle il lobo
dell'orecchio.
Lei assorbe il profumo maschile con un sospiro, le gambe iniziano a tremarle,
l'emozione le affretta il respiro.
«Ti piace la galanteria » rincara la dose Ian, appoggiando leggermente le labbra
su quelle tremanti della ragazza.
Lo sfioramento delle bocche sfocia in un bacio infuocato, quasi brutale.
I due si lasciano andare completamente, abbracciati come una cosa sola.
Le mani che cercano attraverso gli strati degli indumenti, il contatto della
pelle nuda.
Azzurra solleva la camicia dai pantaloni, accarezzando con delicatezza la schiena
mascolina e i muscoli guizzanti delle scapole e delle braccia che la avviluppano.
Ian le abbassa le spalline del vestito scoprendo il reggiseno di pizzo bianco.
Si china a lambirle i capezzoli rosati, che sì intravedono attraverso la trasparenza
dell'indumento intimo.
Il calore della sua lingua, fa inarcare la ragazza con un gemito di piacere, i lunghi
capelli le sfiorano la vita.
Con abilità l'uomo si disfa del reggiseno, rimanendo incantato dalla vista del seno
candido tra le sue mani.
Il respiro di Azzurra accelera all'unisono con il battito cardiaco, l'eccitazione
sessuale la rende completamente in balia delle sue emozioni.
Il discreto bussare alla porta della suite, viene ignorato dalla coppia travolta
dalla passione sfrenata.
I colpi si fanno insistenti, accompagnati dalla voce del cameriere addetto al
servizio in camera.
«Ignoralo»le bisbiglia roco Ian, troppo coinvolto nell'ardore tra di loro.
La ragazza segue il consiglio, anch'essa presa psicologicamente.
«Signor Taylor, ho la sua ordinazione, la prego di scusarmi, ma devo consegnare
la ricevuta firmata.»
Ian soffoca un'imprecazione sonora:«Solo un attimo » risponde rendendosi
presentabile, mentre Azzurra corre a rifugiarsi nella sua stanza.