Capitolo ventidue.
Dopo una lunga notte di viaggio, quasi interamente senza soste, Ian è alla guida per
lasciare riposare Ward, il quale rimane vigile rinunciando a chiudere gli occhi.
Le prime luci dell'alba rischiarano il cielo, le stelle iniziano a svanire, un meraviglioso
paesaggio si intravede tra le ombre notturne.
«Siamo quasi arrivati »annuncia Kevin, osservando le acque scure del lago che stanno
costeggiando, in lontananza le sagome delle famose cime maestose della Sierra Nevada.
Ian si volta veloce a dare un'occhiata ai sedili posteriori della vettura: Azzurra e Richard
sono sprofondati in un sonno profondo, stremati dagli ultimi avvenimenti e dal viaggio.
«Non mi hai ancora informato dove ci stai portando »realizza l'uomo, illuminando con i
fari gli alti alberi ai lati della strada.
Ward allunga le gambe con un sospiro:«Nel Parco Nazionale dì Yosemite, ho uno chalet,
di cui non risulta essere di mia proprietà, ma è di un amico che si è trasferito in Europa.
Io lo mantengo integro, mi occupo delle riparazioni necessarie specialmente nella
stagione invernale, quando nevica abbondantemente e la temperatura crolla, rischiando
di danneggiare le tubature dell'acqua e altre mansioni »spiega preciso.
Ian respira a pieni polmoni:«È molto alto qui, lo sento dall'aria fine e pura che filtra »
«Siamo a quasi mille novecento metri al di sopra del livello del mare, quando ho bisogno
di un periodo di assoluto riposo, mi rinchiudo qui, è un posto meraviglioso. Inoltre lo chalet
è situato in una zona isolata, non ci troveranno mai»specifica compiaciuto.
I due uomini rimangono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, Ian sollevato, Kevin
invece pare esitare.
«Ward, sento che non mi hai detto tutto » osserva l'amico di avventura.
Kevin annuisce serio:«Non siamo soli in casa, »svela contrariato:«Da qualche tempo
ci vive mia sorella, lei...ha necessità di sentirsi al sicuro, lontano dal frastuono della
città.»
Ian ricorda che il motivo per cui l'uomo gli aveva venduto il ristorante era il bisogno di
liquidità di denaro per curare la sorella malata.
«Tua sorella, preferisce vivere isolata, perché non sta bene?»gli chiede per scoprire la
verità.
Ward si volta a guardare la superficie del lago, ormai quasi visibile con la sua acqua
cristallina:«Beth, era una ragazza come tante, laureata in economia aziendale, gestiva
un Casinò a Las Vegas, con successo. Una sera prima di tornare a casa, si ferma a bere
qualcosa in uno dei bar del Casinò, qui deve avere conosciuto una persona, la quale
approfittando di un suo momento di distrazione le ha sciolto nel bicchiere la famosissima
droga dello 'stupro'. Senza odore né colore, Beth ha bevuto il drink fino all'ultima goccia,
per risvegliarsi l'indomani mattina, in uno scantinato, nuda, piena di lividi, violentata con
ferocia, tanto da subire lesioni gravi all'interno dell'apparato sessuale, quali emorragia
interna, ma il punto è che il peggio le ha toccato il sistema nervoso »
Ian assorbe tutto con sofferenza e rabbia:«Mi dispiace Ward, e di quel bastardo non sei
riuscito a scoprire niente, suppongo »
«Già »afferma Kevin, gli occhi di ghiaccio:«Beth si rifiuta di ricordare, anche sotto ipnosi
non è più la stessa ragazza di prima, si è chiusa in se stessa, e partecipa ad una
conversazione raramente, quando si sente meglio.»
«La stai facendo curare?»domanda Ian stringendo il volante.
Ward annuisce con vigore:«Sto finanziando la ricerca presso un'università di Chicago
un'equipe medica sviluppa un nuovo farmaco, che sta testando su Beth.»
L'uomo indica una strada sterrata che si inoltra nella foresta:« Ho assunto una
infermiera che si prende cura di lei, inoltre ho una governante che si occupa di fare la
spesa, cucinare e tenere pulita la casa. Ora staranno sicuramene svegli, perché le
mansioni sono molte, però mia sorella starà dormendo, occorre prima che la prepari,
della vostra presenza.»precisa scuro in volto.
«Amico, ti ringrazio per tutto quello che stai facendo per noi, credimi non dimentico
facilmente un favore come questo »esterna Ian sincero.
«Taylor, vi sto aiutando perché mi fa piacere, e anche per la soddisfazione di vedere
sbattere in galera certi bastardi che rovinano la vita della gente »replica Kevin duro.
Un alto e robusto cancello in ferro battuto si profila davanti alla vettura.
Ward sfila dalla giacca il cellulare e la strada si apre senza un rumore.
Ancora un altro tratto di percorso in leggera salita, gli alberi giganteschi li accompagnano
sfilando con la loro massiccia presenza.
Ad un tratto la visuale si apre e appare lo chalet, alcune luci interne sono accese.
«Cazzo Ward, ma questa non è una casa di montagna, ma una reggia!»