Capitolo 5

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Iniziano a discutere e Alessandro finisce a terra con il naso sanguinante.


Come richiamata da quello che sta succedendo intorno a me, apro gli occhi. "Michael! Ma che diavolo stai facendo?" mi alzo di scatto. La testa mi gira nuovamente. Metto una mano sulla fronte. "Chiedilo a questo stronzo!" mi sento dire da un Michael fuori di sé. Fissa Alessandro con occhi pieni di rabbia e tiene i pugni serrati. Uno è sporco di sangue.


Il mio sguardo si sposta sul pavimento, sul quale stava Alessandro, in ginocchio e con la faccia sporca di sangue. Vado da lui. "Ehi, ma che fai qui per terra? Michael, ma che ti prende?" appoggio le mie mani sulle spalle di Alessandro. "Questo stronzo che, pensa un po', è anche mio padre, ti stava baciando!" risponde. "E c'è bisogno di prenderlo a pugni?".

Aiuto Alessandro a pulirsi e invito Michael a lasciare la stanza per un attimo. "Michael, forse e meglio che tu esca per un po' a schiarirti le idee, per favore!". Si gira ed è arrabbiato con me. Ma è lui che ha sbagliato stavolta, non io.

Rimasta sola con Alessandro, sospiro e mi siedo sul letto, tenendo la testa fra le mani. "Ma che hai fatto? Non vedi che rischi a stare sempre con me?" scoppio in lacrime. Non era questa l'idea di festeggiamento che avevo in mente. "Rischiare fa parte della mia natura" dice tirando su col naso."Prenderti per due volte nella stessa giornata un pugno in faccia per me" lascio in sospeso la frase.

Passo delicatamente la mia maglietta nello spazio tra il naso e la bocca, coperto da folti baffi neri che facevano un tutt'uno con la barba e basette. I nostri occhi si incrociano: quel marrone nocciola mi fa sciogliere il cuore. D'un tratto, tutta la paura e la rabbia che provavo è come svanita, così com'è svanito il resto del mondo. Siamo solo io e lui in quella stanza. Mi avvicino con il viso. Quelle scosse ora si fanno più forti.

Siamo sempre più vicini. Finché sento il suo respiro fondersi con il mio. Lascio che la maglietta con cui stavo tamponando il sangue accarezzi le sue labbra. "E fu così che la povera ragazza finì per essere l'innocente vittima" dico guardando le sue labbra. "Vittima di cosa?" scandiscono. Ogni cellula del mio corpo richiede sua attenzione. Brama desiderio di lui. "Di te". I suoi occhi lucidi mi fanno impazzire e per un momento non rispondo delle mie azioni. Lascio cadere la maglietta, tengo il suo viso tra le mie mani e poso le mie labbra sopra la sua ferita. Il suo sangue caldo macchia le mie labbra. Passo dalla ferita alle sue labbra. La mia lingua esplora la sua bocca. Lo voglio. Ora. Le mie mani accarezzano il suo petto. La sua camicia bianca aderente lascia intravedere il petto.


Alessandro inizia a prendere controllo di se stesso, e anche della situazione. Mi spinge verso il letto, continuando a baciarmi.  Si stende su di me, lasciando che il suo corpo faccia pressione sul mio. L'eccitazione è percepibile. Sorrido tra le sue labbra. Le sue dita si intrecciano con le mie. Libera la sua mano dalla mia ed inizia a farla scorrere sulla mia schiena, fino ad arrivare sopra alle cosce, ma si ferma, dopo un mio gemito d'esitazione. Inizio a sbottonargli la camicia macchiata di sangue.


  Siamo aggrovigliati in un abbraccio infinito e lui a torso nudo su di me. La sua mano scorre sulla mia schiena; sfila il reggiseno, facendolo passare sotto il vestito. Sento la sua mano fredda sul mio seno. Ho i brividi. Il suo tocco mi fa venire la pelle d'oca...Dio, com'è bello! Gli slaccio la cintura dei pantaloni eleganti che porta. È rimasto con addosso solo i boxer, sopra di me.

Come al risveglio da un sogno mi rendo conto di ciò che sta per succedere e lo blocco. "Alessandro, basta! Fermati!".

"Scusa, ma nemmeno tu mi sembri volerlo" dice infastidito. "Sì...  è difficile lasciarti andare" dico sottovoce, quasi per non farmi sentire. Consapevole però che abbia sentito lo stesso. Si riveste, prende la camicia e la giacca, che stanno ai piedi del letto, e i pantaloni, che sono a terra.  Si siede  al mio fianco.

"Io ti amo, Marta!". Un sussurro. "Scusa...che hai detto?".

"Ti amo!" dice ora quasi gridando. Si avvicina di nuovo a me e mi bacia ancora, prendendo il mio viso tra le mani, con dolcezza. Si allontana dalla mia bocca per appoggiare le sue labbra sul mio collo.

"Alessandro, fermati! Ti prego! Ma che cavolo fai? Tu salti fuori con questa dichiarazione, dopo quasi tre anni da quando ci siamo baciati per la prima volta?". Il mio cervello non ragiona più. Il fatto è questo: Alessandro ha appena detto di amarmi. D'accordo. Lo capirei se non fosse sposato, se non avesse quarant'anni, se non fosse il padre di Michael!  Sento le gambe deboli. Il sudore inizia a bagnare tutto il corpo. Sto per svenire, ma resisto e cerco di ragionare.

"Alessandro, io credo che quel pugno sia stato più forte di quello che pensi!" agito le mani. "Mi sono stancato di questo tira e molla che dura da anni. Quello che voglio sei tu, e al diavolo l'età e il fatto che sono sposato! All'amore non si comanda. O mi sbaglio?" dice alzandosi in piedi. "Sì, ma non ora! Non più! È troppo tardi! Lo vuoi capire o no?". Socchiude gli occhi. È arrabbiato con se stesso."Avrei dovuto capirlo fin da subito che sarebbe andata a finire così! È così. Mi sono innamorato di una ragazza che potrebbe essere mia figlia! Com'è possibile?". Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti. 

Sono ancora scossa per quello che è appena successo, ma devo cercare di riprendermi. Però, come posso far finta di niente? Avremmo potuto continuare? Probabilmente sì. Quando sei tra le braccia di chi che ami, tutto il resto svanisce. Se non avesse detto quel "ti amo", quasi sicuramente avremmo fatto qualcosa di sbagliato.

Qualcosa di cui mi sarei pentita in futuro. Stava per succedere, e per me sarebbe stata la prima volta. Scoppio in un pianto silenzioso.

Dopo aver sistemato quel che rimane della baldoria della sera precedente, ci riuniamo tutti nella sala principale. "Ragazzi, grazie mille per esserci stati tutti. Per me ha significato molto!" ringrazio tutti. "Ti pare, Marta? Sei speciale e lo sai!" Davide mi abbraccia . "Grazie, Davide!". Alessandro mi guarda, ma non osa avvicinarsi.

Esce e chiude la porta alle sue spalle.

Michael mi guarda silenzioso. Non so cosa ha capito, ma non ho voglia di spiegarglielo.


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