Capitolo 18

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Apro gli occhi. E quello che vedo non mi piace.

Sono sul mio letto, ma non da sola. Sento che qualcuno mi cinge i fianchi. Mi giro completamente e vedo Michael. Alzo le coperte: è in mutande.

"Che diamine ho fatto adesso?". Inizio a sudare freddo. Ho paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. Sono nel panico più totale. Mi guardo intorno e vedo che Michela e Paola non ci sono. Siamo solo io e Michael in camera mia.

Mi alzo, spostando Michael di peso, e mi precipito dall'altra parte della casa. Vedo Michela e Paola che si sono addormentate vicine sul divano, mentre i ragazzi sono distesi a terra. Non posso fare a meno di accennare una risata quando mi accorgo come sono messi Davide e Mattia: uno sopra all'altro. Davide stringe ancora tra le mani il cappello con cui ha fatto lo scemo per buona parte della serata.

Riccardo dorme sul materasso al centro del salotto. Michael mi raggiunge. "Che abbiamo fatto?" chiedo, preoccupata. "Non lo so!". Inutile negare l'imbarazzo che mi assale in questo momento. "Forse abbiamo bevuto un po' di più del dovuto!". Nemmeno lui ricorda nulla.


Guardo l'orologio: le 9.00. Tra un paio d'ore tornano i miei. La casa è un disastro e devo anche passare da Alessandro. E se fosse successo anche con lui? Non voglio nemmeno immaginarlo .Mi appoggio ad un mobile del salotto, mettendo una mano sulla fronte. "Marta? Tutto bene?". "Michael, cosa è successo?" chiedo nuovamente, cercando di rimanere calma. "Ti ho detto che non lo so. Non ricordo!". "Non è possibile! Non è possibile!" continuo a ripetermi, mentre mi dirigo verso il bagno.

"Ragazzi! Sveglia!". Faccio rumore e accendo la musica, svegliando poco a poco tutti quanti. In un'ora deve tornare tutto splendente!". "Va bene, Marta!". Paola e Michela mi aiutano a ripulire la sala da pranzo, mentre i ragazzi sistemano i resti della grigliata in giardino. "

Ragazze, voi per caso sapete che è successo stanotte?". Michela alza le mani "Marta, nessuno ricorda nulla, credo...". Paola interviene "Io non ho bevuto, ma non ho visto...". spiego il perché della mia agitazione. Del mio risveglio a fianco di Michael. Alzano le mani. Scoppio a ridere. Non che ci sia molto da ridere, ma mi sembra l'unica cosa da fare in questo momento. "Marta, io non credo sia successo qualcosa. Michael non farebbe mai una cosa del genere, almeno credo..."

Paola mi appoggia una mano sulla spalla. Rifletto un attimo. In effetti ha ragione. Michael non è il tipo di ragazzo che si approfitta di una situazione così.

Due ore dopo, la casa splende. Se ne sono andati tutti. Decido di godermi qualche attimo di silenzio in una grigia giornata di inizio anno. Prendo le cuffie e mi rifugio nel mio angolino segreto, in giardino, con il mio fedele amico a quattro zampe che si accovaccia sulle mie gambe, sembrando un calda coperta.

"Ich will das deine Augen leuchten das unsere Worte was bedeuten
egal an welchem Ort
Ich will das unsere Herzen scheinen
tage mit dir teilen
das trägt uns weiter fort
fort von hier"**

Già, lontano da qui. Magari potessi. Devo affrontare gli esami prima. Poi manderò al diavolo tutto e me ne andrò. Lontano da tutti i problemi. Lontano da qui.

Non è successo nulla con Michael, ma inizio a pensare che questa situazione non potrà durare ancora per molto. Devo mettere le cose in chiaro con lui.

Certo, non gli dirò che sto con Alessandro, ma solo che, per il momento, voglio che tra noi ci sia solo amicizia. Così mi toglierò almeno qualche pensiero. Vedo che stanno arrivando i miei. Li abbraccio e, dopo aver chiacchierato un po' per raccontarci come è andata la serata, prendo le chiavi della macchina ed esco. Avviso Alessandro che sto arrivando.

"Ehi, sto arrivando! Tu come sei messo?". "Ti sto aspettando da dodici ore. Quindi, come sono messo secondo te?". "Alzo la musica a tutto volume ed inizio a cantare a squarciagola "Welcome to my life". Un po' datata, ma sempre bella. Una delle migliori dei Simple Plan.

Arrivo al nostro rifugio, come lo chiamo io, anche se è una villa immensa. Devo entrare scavalcando sempre quel maledetto muro pieno di edera, come una criminale. Attraverso il labirinto di siepi e sento delle braccia forti che mi afferrano da dietro. "Dove credi di andare?". "Da te!". "Sono 12 ore, 13 minuti e..." guarda l'orologio "50 secondi che ti sto aspettando!".

**testo della canzone Vort von Hier di Tom Beck

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