Il tempo scorre senza che io me ne renda conto: è iniziata l'ultima settimana di scuola. Oggi non prendo l'autobus. La scuola inizia alle 10.00 a causa di un'assemblea e ne approfitto per stare un altro po' sotto le coperte.
Da un paio di giorni, una caviglia mi sta facendo vedere le stelle, a causa di una storta. Ma è un dolore sopportabile, rispetto a come mi sento veramente.
Sbuffo tra le coperte dopo aver guardato la sveglia. Meglio che mi alzi e che inizi a prepararmi, prima che mia madre arrivi sbraitando. Oggi mi avrebbe tranquillamente mandata a scuola a calci.
Saluto Paola appena scendo dall'auto. "Michela sta arrivando" mi dice sorridendo.
"Ehi! Come mai zoppichi?" mi chiede, vedendomi arrancare sugli scalini. "La caviglia, Paola. Mi fa male" rispondo, togliendomi la giacca per il colpo di caldo che mi ha appena investito. Lei scuote la testa senza dire nulla. Salutiamo Michela, che ci ha appena raggiunte, e andiamo in classe. Sorrido, pensando che tra una settimana la scuola sarà finita. Ci sono gli esami, però. Perciò non posso ancora rilassarmi.
Ultimamente sono rimasta concentrata su di me, su Alessandro, trascurando le mie amiche e ciò che rimaneva del mio tempo libero. Giocherello con la matita, distraendomi più volte dalla noiosissima lezione di economia aziendale. Paola e Michela, invece, prendono appunti.
Ma come cavolo fanno? Forse io non riesco perché la mia testa non è qui. Anche a distanza di settimane non riesco fare a meno di pensarci. È sempre lì. Rivedo tutto. Alcune notti piango ancora, nel silenzio della mia stanza. In queste settimane ho dovuto fare uno sforzo e concentrarmi sulla scuola.
"Marta! È più interessante giocare con la matita che ascoltare quello che sto dicendo?". Alzo lo sguardo e mi trovo davanti la professoressa di economia. Alcune risate si alzano dal fondo della classe. "Certo. Per come stanno le cose, sì!" rispondo con aria strafottente. Mi è venuto spontaneo e non so nemmeno io il perché. Di solito non rispondo così.
La mia risposta ammutolisce tutti, professoressa compresa. Le risate cessano ed il silenzio cala nell'aula. La professoressa, dopo essersi schiarita la gola, torna a spiegare. Paola e Michela mi guardano in silenzio. Non vedo l'ora che finisca la lezione. Oggi non ne posso più. Mi perdo a guardare fuori dalla finestra. Guardo un attimo l'orologio: segna le 13.00. Alzo lo sguardo e maledico tutto perché la campanella tarda a suonare.
Appena suona mi alzo di scatto, anche se sono sempre l'ultima ad uscire dalla classe. Paola mi attende alle macchinette, come sempre. "Che hai, Marta?". La guardo e non rispondo. Inserisco le monetine per prendermi un cappuccino. "Paola, cosa vuoi che abbia?" mi decido a rispondere, mentre la macchinetta eroga la bevanda.
"Sempre le solite cose che mi tormentano. Alessandro è sempre lì, nella mia testa. E Michael non è da meno". Prendo il cappuccino e le faccio segno di andare fuori. Oggi il sole splende così tanto che sono costretta a infilare gli occhiali da sole. Raggiungiamo Michela al monumento e buttiamo a terra le cartelle.
"Marta, ora che farai?". Michela si avvicina e mi abbraccia. Sospiro e rispondo borbottando. Mi siedo e finisco di bere il mio cappuccino, quando Paola mi da una spallata. "Marta, arrivano i ragazzi". L'idea di vedere Michael non mi entusiasma molto, ma non posso tenergli il muso per tutta la vita. Nemmeno il tempo di formulare questo pensiero, che mi trovo davanti il suo viso.
È bello, come sempre. "Ciao, Michael!" dico alzandomi. Una frazione di secondo e mi trovo a pochi centimetri dalle sue labbra. Immediatamente mi scosto, facendolo rattristare.
Saluto anche Davide, Mattia e Riccardo e mi siedo in disparte con le cuffie. Prendo il cellulare per controllare eventuali messaggi non letti, ma non c'è nulla. Non posso fare a meno di notare l'ora.
Come passa in fretta il tempo.
Gioco distrattamente con una cuffia, quando vedo un autobus fare capolino dalla strada. Subito sento una fitta al petto, il cuore mi batte talmente forte che sembra scoppiare da un momento all'altro.
Le gambe mi tremano così tanto che sembrano gelatine scosse da un terremoto.
Non so perché mi sento così, dato che non ho ancora visto se l'autista è Alessandro. Ogni mio dubbio svanisce quando, dopo aver attraversato la rotonda, si dirige verso il retro della scuola.
Paola mi blocca afferrandomi per un braccio. "Dove pensi di andare?" mi dice, tenendo salda la presa. Evidentemente non vuole che io vada da lui. Vederlo mi fa solo stare più male. La capisco. Ma gli devo parlare, e questo è un buon momento, perché posso restare sola con lui per alcuni minuti.
In ogni caso, non potrebbe succedere nulla davanti a tutta questa gente. "Lasciami, Paola! Gli devo parlare!". Detto questo, strattono il braccio con forza e Paola mi lascia andare. Mi precipito sul retro della scuola.
Mi volto per un'ultima volta per assicurami che nessun altro mi stesse seguendo, se non Paola, a debita distanza per tenere sotto controllo la situazione.
Non c'è molta gente. E nessun altro che prende la mia linea oggi. Chiamiamola fortuna.
Con il cuore in gola, mi avvicino a piccoli passi all'autobus parcheggiato. Ed eccolo. Me lo trovo davanti, in tutta la sua bellezza. Sollevo gli occhiali da sole e ci guardiamo per alcuni interminabili secondi, in silenzio. I suoi occhi color nocciola, così profondi, sembrano richiamarmi e, sotto quello sguardo, ogni singola parte del mio corpo desidera essere toccata da lui.
Noto che ha una ferita alla mano, piuttosto recente. Mi viene in mente che quella sera di qualche settimana fa, avevo sentito qualcosa andare in frantumi.
"Stai bene?" gli chiedo, posando gli occhi sulla sua mano. Ritrae la mano portandola nella tasca dei pantaloni. "Sì, sto bene" risponde, senza smettere di guardarmi. Faccio un enorme sospiro e mi alzo di scatto.
Appoggio la mano sul suo petto e lo spingo dentro all'autobus. Lo bacio, assaporando la dolcezza delle sue labbra. Appena mi stacco, lui mi guarda perplesso, come per chiedere una spiegazione.
"Aggiusteremo tutto, Alessandro. Aspettami. Aspetta che io sia pronta per accoglierti nella mia vita. Aspettami e matureremo insieme"
Tra noi non è mai finita definitivamente.
Non può. Non ci riesco. E nemmeno lui.
Questo è evidente.
Sistemo i miei lunghi capelli biondi e sospiro profondamente. Durante tutto il viaggio, è un continuo gioco di sguardi, anche se parliamo di scuola o di altre cose. Io, Paola, Michael ,Michela e Mattia facciamo una gran confusione. Dopotutto, siamo i soli sull'autobus.
Michael ignora completamente Alessandro. Sento la tensione che si è creata tra loro dopo tutto quello che è successo.
In parte mi sento in colpa. Se non fosse per la nostra storia, il loro rapporto sarebbe diverso. E anche la nostra amicizia, che avevamo confuso con amore.
"Ci vediamo, gente!". Michela e Mattia scendono alla stessa fermata. Rifletto un attimo e decido di scendere non alla solita fermata, assieme a Michael, ma a quella successiva.
Alessandro sembra entusiasta. Telefono in fretta a mia madre, per avvisarla che mi sarei fermata a Castelfranco, senza spiegarle il motivo.
Paola scende, raccomandandosi di non fare cavolate.
Ed ecco, ora è tutto come all'inizio.
Io , lui, una corriera, il cuore che ci batte all'impazzata e le voglia di riprendere tutto da dove l'avevamo lasciato.
Come quattro anni fa.
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Romance[Completa] Alessandro,"ragazzo" alla soglia delle ormai 45 primavere, non credeva che dopo il fallimento del matrimonio, potesse sentire ancora il cuore battere in quel modo. Come nel modo in cui batte quando ci si innamora. Non di nuovo. Colei ch...