Capitolo 32

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Salgo in camera mia, senza fermarmi. Mi butto sul letto e scoppio in un pianto infinito. Stringo forte tra le braccia il mio peluche preferito, noncurante del fatto che lo stia inzuppando di lacrime.

È finita. E questa volta per sempre.

I miei occhi sono gonfi e bruciano. Devo smetterla di piangere. Asciugo le lacrime e mi alzo dal letto. Faccio un bel respiro e scendo in soggiorno. Devo preparare lo zaino per domani. Sospiro al fatto che devo prendere l'autobus. Non mi va.

Non ho voglia di vedere nessuno, anche se avrei davvero bisogno di un abbraccio di Paola. I suoi abbracci sono qualcosa di unico. Non ho ancora detto a nessuno di tutto questo. Aspetto che arrivi l'ora di cena e nel frattempo ascolto musica e cerco di non pensare, concentrandomi sulle parole delle canzoni. A tavola sorrido chiacchierando con i miei, ma non sanno che dentro sto morendo.

Mia madre, però, sembra accorgersi che qualcosa non va. "Che succede, Marta?" chiede, avvicinandosi con una tazza di tè mentre guardiamo la televisione. La guardo, ma non me la sento di raccontarle tutto. "Niente di che, mamma..." dico, cambiando canale.

Ma lei continua a fissarmi, fino a farsi dire quello che voleva. Sospiro. "Sì, hai ragione. Non va affatto bene. Alessandro è strano e cerca in tutti i modi di allontanarmi". Bevo il tè. Non mi aspetto che lei capisca cosa significhi per me questa relazione. Si avvicina, mi mette una mano sulla spalla e mi dice: "Io ci sono". Poi mi stringe in un caldo abbraccio. Restiamo così per alcuni minuti.

È tutto ciò di cui ho bisogno ora. Mia madre non mi hai mai fatto molte domande e nemmeno si aspetta che le dica perché è andata in questo modo. Non lo so nemmeno io. È stato così e basta. È successo. E ora sono qui a piangere per questo.

Apro gli occhi e guardo la sveglia. Le 4:30. Sbuffo e cerco, invano, di riaddormentarmi. Appena chiudo gli occhi, riappare tutto: la sua immagine, i suoi occhi che mi fissano, le sue labbra che baciano le mie. Stringo gli occhi per cacciare le lacrime e riesco finalmente ad addormentarmi.

Suona la sveglia. Sbuffo e mi rigiro dall'altra parte. Butto le coperte all'aria e mi alzo di scatto, realizzando che è lunedì e devo andare a scuola. Mi preparo e faccio colazione.

Guardo l'orologio: sono in perfetto orario, quindi posso andare con calma. "Forza, Marta! È ora!" mi fa presente mia madre, raggiungendomi in salotto. Mi alzo ed esco, salutandola. Metto le cuffie e cammino verso la fermata.

Arrivo alla fermata e saluto una ragazza che frequenta la prima. Vedo arrivare Michael. Mi ero completamente dimenticata che anche lui deve prendere l'autobus. I nostri sguardi si incrociano, ma nessuno parla. Mi saluta con un gesto della mano ed io rispondo al suo saluto, rimanendo in silenzio.

La situazione che si è venuta a creare non mi piace. Mi tolgo le cuffie e lo raggiungo.

"Ehi!" dico, prendendolo per un braccio e girandolo verso di me. "Senti, lo so che avevo detto che non volevo più avere a che fare con te dopo...insomma, lo sai quel che è successo...". Annuisce e rimane serio. "Lo so, Marta. Ma tu mi stai facendo male. Stai tirando fuori una parte di me che nemmeno io conoscevo". Rimango perplessa.

Nel frattempo arriva l'autobus.

Salgo per prima, anche se non ho fretta perché Paola mi tiene il posto, come sempre. "Buongiorno". La abbraccio, rimanendo così per alcuni secondi. "Cos'è questo?" mi chiede, incredula, riferendosi al mio abbraccio. "Scusa...è che ne avevo proprio bisogno".

La guardo e mi sorride. "Te ne parlerò dopo, Paola" le dico, mettendomi una cuffia e porgendole l'altra.

Arrivate a scuola, scendiamo. Saluto Michael e raggiungiamo il monumento. "Quello che ti devo dire riguarda proprio Michael".

"Dimmi pure" risponde, mettendosi di fronte a me. "Alla fermata, prima, mi ha detto che io gli faccio un strano effetto. Che con me esce un lato della sua personalità che non sapeva di avere. Sente un senso di protezione ma anche di possesso verso di me...". Paola mi interrompe, mettendomi la mano davanti alla bocca.

"Ma che cavolo dice?!" esclama, rimanendo letteralmente sorpresa. Non che io lo sia meno di lei. Ci guardiamo, senza dire nulla, per alcuni minuti. Poi rompo il silenzio. "Questa cosa non è normale. Comunque, ti devo anche dire come è andata a finire con Alessandro". Annuisce e mi fa cenno di continuare. "No, aspetto che arrivi anche Michela. Non dovrebbe mancare molto". Guardo l'orologio. Nemmeno in tempo di farlo che la intravedo da lontano. Mi volto soddisfatta verso Paola e dico: "Vedi? Ho indovinato!". Non mi risponde e scuote la testa, sorridendo. Michela ci raggiunge.

"Finalmente, Michela! Dai che ho una cosa da dire!" la incalzo, mentre sale lo scalino del monumento. Mi guarda e sorride. "Che hai combinato sabato, con Alessandro?". La guardo, ma non sorrido. "Ecco, proprio di questo vi devo parlare". Inizio a piangere involontariamente. "Niente di bello, allora! Che è successo?".

Paola mi guarda rimanendo in attesa delle mie parole. Sospiro e inizio a raccontare. "Dopo che ve ne siete andate...beh, lui ha continuato a rimanere distaccato. Ma io sentivo che in realtà non voleva esserlo. Lui mi voleva ed io volevo lui". Suona la campanella, ma non mi interessa e continuo il discorso, incalzata dalle mie amiche che vogliono sapere. "Avanti, Marta".

Paola mi prende la mano. "Ho mandato al diavolo le paure e mi sono buttata su di lui. Abbiamo fatto l'amore". Michela tossisce. La guardo e mi scappa un sorriso. "Mentre fuori pioveva, dentro c'è stato un annullamento di tutto ciò che ci ha portato a dividerci in queste ultime settimane.Come se non fosse mai successo niente di tutto quello che è accaduto".

Michela mi da una gomitata "Mi dispiace interrompere il tuo racconto, Marta. Ma credo sia meglio se andiamo. Sai com'è il prof di italiano!". Annuisco. Prendo la cartella e ci avviamo. "Continua pure" mi dice Paola, molto agitata.

"Dicevo...Dopo che abbiamo fatto l'amore, siamo usciti e ci siamo goduti quel momento. Il temporale era appena passato e l'aria era ancora carica di umidità. Abbiamo parlato un po', poi mi ha fatto dormire sul suo letto". "E lui? Dove ha dormito?" chiede Michela. "Ha dormito sul divano per un po'.Poi l'ho svegliato, forse con le mie lamentele. Non ce la facevo ad addormentarmi dopo quello che era successo qualche ora prima" dico, riferendomi alla quasi aggressione da parte di Michael. "Per farla breve, mi sono addormentata tra le sue braccia. Tutto questo, però, ieri mattina sembrava svanito. È tornato freddo e distaccato, e mi ha detto che la nostra storia deve finire. Ed è finita lì".

Appoggio la cartella ai piedi del banco e crollo sulla sedia, scoppiando il lacrime. Non mi accorgo che il professore di italiano è già in classe e che mi sta fissando da un pezzo.

"Marta, credo che si sia accorto delle tue lacrime. Dai, ora tirati su. Tieni. Asciugati e rilassati". Paola mi passa un fazzoletto e mi invita a tranquillizzarmi, per non dare spettacolo in classe. Ma come potevo concentrarmi sulla seconda guerra mondiale? Quando è la mia vita stessa una continua guerra?".

Apro il libro e stappo l'evidenziatore. Subito mi assale il ricordo di quel giorno in cui cercavo di studiare a casa di Alessandro, mentre lui mi tormentava. Allora io, per vendetta, l'ho scarabocchiato con l'evidenziatore giallo. Questo ricordo mi strappa un sorriso involontario, che si disperde subito nella malinconia. Sembrano passati secoli, invece sono passati solo pochi mesi.

Era tutto perfetto.

Così tanto che spesso mi stupivo perché non credevo di poter essere tanto felice.

Ma è durato poco.

All'improvviso è crollato tutto. Le nostre promesse, le parole e i gesti, i sentimenti, i sorrisi. Tutto è crollato in un secondo.

Ora ho solo i nostri ricordi a tenermi compagnia, ma non bastano. Perché non sono lui. E tutto questo fa davvero male. Nello sguardo esiste il massimo potere dell'attrazione. La fisica dovrebbe tenerne conto nei suoi esperimenti. È più facile staccare una calamita dal metallo che convincere due persone che si amano a non cercarsi con gli occhi.

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