Capitolo 20

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Non credo di aver capito bene. "Scusa, che hai detto?". Mi alzo di scatto e lo guardo negli occhi.

Si alza anche lui. " Che ho detto di strano?".

"Nulla, se mi spieghi che intendi fare!". Sospira e guarda l'orologio. Non l'ho mai visto così agitato.

"Scappiamo, Marta. Scappiamo per un po'...".

"Cosa?" dico, sobbalzando in piedi e quasi morendo d'infarto. "Ma sei pazzo? Come faccio io? Che dico ai miei?".

"Ci inventiamo qualcosa. Però non mi hai risposto. Allora?".

"Sì, Alessandro. Facciamolo!". Non so nemmeno io cosa mi sia passato per la testa in quel momento. So solo che lo voglio fare.

"Io credo di essere pazza, Ale, per aver accettato. Ma tu sei ancora più pazzo per aver proposto. Ed è per questo che ti amo. Perché sei folle come me!". "Dai, rivestiti. al resto ci pensiamo più tardi. Comunque sei tu che mi rendi folle. Non ero così prima...". "Prima di che?". "Di conoscerti...o meglio...di innamorarmi di te".
Credo di essere impazzita del tutto. Ma, alla fine, la vita è fatta anche di pazzia. Voglio affrontare questa cosa. Si vive una volta sola e io lo amo. Lo amo alla follia.

Torno a casa. Sono felice ed entro con un sorriso stampato in faccia senza accorgermene. Mia mamma però se ne accorge e mi chiede che cosa mi è successo. "Niente. Solo che con le ragazze abbiamo deciso di fare un viaggetto fuori programma nei prossimi giorni". Mi guarda sgranando gli occhi. "Cosa, Marta? E dove?". Questo non lo so. Michela ha detto che è una sorpresa".


Corro in camera mia ad avvisare Paola e Michela, che avrebbero dovuto coprirmi anche stavolta e giurando loro che sarebbe stata l'ultima. "Si tratterebbe solo di due giorni, Paola". "Sì, Marta, ma questa volta è diverso.  Sicura che saremo in grado di farlo?". "Ragazze, mi fido ciecamente di voi. Vi affiderei la mia vita, se ce ne dovesse essere occasione". "Va bene, Marta. Faremo il possibile. Ma dicci una cosa: che sta succedendo con Alessandro?".

"Non sono mai stata così felice, ragazze! Sul serio! Ora mi vuole portare non so dove per due giorni. Come se i momenti passati in quella casa, che adesso è sua, non bastassero...". "Che è successo?". Involontariamente, mi scappa una risata. "È successo di nuovo, ragazze...". "Ci hai preso gusto, insomma. Che ti avevo detto?". "Zitta, Michela! Sono anni che tu sei insieme a Riccardo... ". "Non sono io quella che l'ha fatto con uno che potrebbe essere suo padre!". "Dai, Marta! Lo sai che scherzo!".
Esco dalla mia stanza e mi siedo a tavola per cena. Divoro tutto, come se non mangiassi da settimane.

"Domani alle sei passo a prenderti. Basta uno zaino con poche cose: dei vestiti di ricambio e quello che vuoi". Sospiro, mi siedo sulla poltrona con una tazza di tè caldo. "Chissà cosa avrà in mente Alessandro..." penso, rileggendo il messaggio.

Il cellulare inizia a vibrare. È Michael e vuole vedermi adesso. Sbuffo, perché sono già in pigiama e non ho voglia di uscire. "Vieni pure da me" gli rispondo, buttando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi".

Dieci minuti dopo suona il campanello.

"Ciao, Michael!". Lo faccio accomodare sul divano e gli offro una tazza di tè. "Non abbiamo più parlato da stamattina, quando me ne sono andato...". "Sì, scusami, ma ho avuto da fare. Sai, sistemare tutto e poi riposarmi. Avevo un gran mal di testa...". Finito il tè, andiamo in camera mia, dove si può parlare tranquillamente. Non mi sento a mio agio a parlare di questioni personali con i miei genitori che ascoltano.

"Michael, senti...c'è una cosa che ti devo dire...". "Se si tratta di quello che è successo ieri sera, o meglio, che non è successo...". Mi siedo alla scrivania. "Che vorresti dire?". "Semplice. Mi sento uno schifo per non averti detto che non è successo nulla. Non abbiamo fatto niente. Mi sono solo addormentato al tuo fianco. Mi ricordavo tutto".

Cerco di restare calma. L'ultima cosa che voglio è litigare con lui. Sono felice e arrabbiata allo stesso tempo. "Bene Michael. È proprio quello che avevo bisogno di sapere. Infatti...volevo dirti che, per il momento, forse è meglio se restiamo amici...". "Perché? Se ti ho appena detto che non è successo niente...".

"I sentimenti che provo per te sono in continuo mutamento. Ora non so più che cosa provo veramente...". Annuisce e rimane in silenzio. Lo so, sembro un'eterna indecisa, ma non posso dirgli che amo suo padre. Almeno non ora. "E tutto quello che c'è stato tra noi come lo dobbiamo chiamare?". "Senti, lo so che non è facile.  Non buttiamo tutto. Il nostro è un rapporto strano. Amicizia, amore...forse abbiamo confuso le cose. Non lo so. Io tengo a te...".

"Ma ami un altro. Marta, non sono stupido. So che c'è un'altra persona. Spero solo che non sia chi penso io, perché non lo sopporterei. Non sopporterei di vederti tra le braccia di... mio padre...".

Queste sue parole mi feriscono. Vorrei chiedergli perché gli farebbe così male. E vorrei spiegargli che non sono le persone a decidere di chi innamorarsi. È una cosa che succede e basta. Vorrei che non fosse tutto così maledettamente sbagliato.

Lo guardo in silenzio. In un silenzio maledettamente assordante. Nemmeno lui riesce a dire nulla. "Forse non è destino che noi due stiamo insieme" si decide, finalmente, a dire.

Saluto Michael, che se ne va ancora più abbattuto di stamattina. Non capisco perché fa così. A lui dà fastidio che io stia con suo padre perché mi ama o perché trova assurdo che possa essere innamorata di un uomo più grande di me? Mi addormento tra mille pensieri.

ASPETTAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora