Capitolo 7: La ragazza dai capelli di fiamma (parte 2)

686 37 10
                                    

Andando verso l'aula, Rebecca si guarda intorno osservando il nuovo edificio: la struttura interna non è tanto diversa da quella della nostra sede precedente (muri grigi, grosso scalone centrale interno con svariate rampe da salire perché anche qui ci hanno collocato all'ultimo piano, busti sparsi di personaggi famosi e nient'altro di sensazionale) eppure lei ne sembra attratta, ma del resto abbiamo gusti simili, non uguali.

Quando entriamo in classe Rebecca, senza neanche domandare, mette la cartella sul banco in prima fila; io mi sistemo accanto.

«Come facevi a conoscere il mio posto?» domando con un'occhiata inquisitoria e un sorriso sulle labbra.

«Da quanto tempo ci conosciamo? E quante volte hai scelto un banco in prima fila? ... appunto!»

Uno dei nostri soliti e rapidi scambi di battute. Io e Reb frequentiamo la stessa scuola dall'asilo e praticamente da allora condividiamo il banco in prima fila: lei non è sempre entusiasta della scelta, specialmente quando vorrebbe vagare con il pensiero invece di seguire le noiose lezioni o durante i compiti in classe, però mi asseconda sempre in questa "follia da studentesse modello", come la chiama lei, e per questo le sono grata, motivo per cui a volte mi lascio convincere a spostarci per un po' ai banchi di dietro, quando succede, stranamente, è lei la prima a chiedere di tornare avanti, dicendo che non vede bene la lavagna, e io sono ben lieta di accontentarla.

«Prima che mi dimentichi...» dice estraendo dallo zaino il regalo di cui prima mi aveva accennato. I suoi occhi grigio-azzurri brillano di felicità quando mi porge il pacchetto. Quando eravamo più piccole ci hanno spesso scambiate per sorelle anche per il simile colore dell'iride, le mie sono azzurro chiaro, ma entrambe ricordiamo un materiale freddo: pietra e ghiaccio. Quantomeno i miei occhi si coordinano alla mia personalità più introversa, mentre Reb è sempre stata un contrasto vivente con i capelli caldi e gli occhi gelidi. Scarto il regalo senza aspettare che mi dia il permesso e quando lo apro trovo l'edizione originale di un romanzo che mi è piaciuto tantissimo.

«Ho sentito dire che in inglese rende meglio» dice facendomi l'occhiolino e mi sento un po' in colpa per averla assillata con le mie considerazioni su quanto avessi amato quel romanzo, quanto desiderassi l'edizione americana speciale e il fatto che non l'avrei potuta mai avere considerando il costo spropositato delle spese di spedizione da oltreoceano; il colmo è che tutto questo gliel'ho detto ben prima che la sua famiglia programmasse il viaggio e dubitavo che se ne sarebbe ricordata. Con molta cura rincarto il prezioso cimelio e lo depongo in cartella, dopodiché, a mani finalmente libere, salto al collo della mia migliore amica. Mi stacco solo quando la posizione assurda in cui mi sono messa inizia a stancare, ma non perdo il sorriso mentre deposito sul banco il necessario per la prima ora.

Siamo state tra le prime a entrare in classe, ma mano a mano che arrivano gli altri, Rebecca li abbraccia rispondendo con un sorriso alle domande che le vengono poste sulla recente vacanza oltreoceano; è sempre stata una persona solare e disponibile, motivo per cui è facile volerle bene.

«Sei salita sulla Statua della Libertà?» le chiede Giusy Vidale, la stessa ragazza che sabato aveva detto di voler diventare avvocato.

«No, non c'è stato il tempo; avevo detto ai miei che solo una settimana per guardare il più possibile degli States non sarebbe mai bastata... però sono arrivata all'ultimo piano dell'Empire State Building!»

Rebecca inizia a descrivere il suo viaggio e io provo ad allontanarmi perché nell'avvicinarsi per ascoltarla i nostri compagni mi stanno schiacciando, tanto non mi perdo niente dato che mi ha già raccontato tutto. Mentre cerco di sgusciare via, una frase che dice la mia migliore amica mi colpisce: «Calma ragazzi, tanto ho un'ora buca per raccontarvi tutto!»

IncantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora