Capitolo 6: La ragazza dai capelli di fiamma (parte 1)

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Rebecca Marrineti aspetta all'uscita della metro. La ragazza dai lunghi capelli rossi salta subito all'occhio, li porta sciolti così essi le raggiungono circa metà schiena con delle morbide onde, un'acconciatura del genere sembra quasi un ossimoro: un mare di fuoco; è appoggiata vicino al muretto e scruta tutte le persone che escono, come se cercasse qualcuno. Ovviamente sta aspettando me. Quando i nostri occhi si incrociano, abbandona la sua posizione e inizia a scendere le scale per venirmi incontro, incurante del fatto che in pochi gradini l'avrei raggiunta. Salta baldanzosa da uno scalino all'altro e i suoi boccoli le battono sulle spalle assomigliando a delle fiamme agitate dal vento, io però ho troppa paura che possa cadere e farsi male per ammirare la sua acconciatura; Reb invece riesce nell'impossibile e mi sorprende saltandomi addosso per un affettuoso abbraccio senza che ci sia alcun ferito. Ricambio il caloroso gesto, ma poi le consiglio di staccarci e di andarci a mettere in un posto meno di passaggio per ultimare i saluti; insieme saliamo i gradini che lei ha sceso pochi istanti fa.

«Allora, com'è questa nuova scuola?» domanda curiosa, in realtà me lo aveva già chiesto tramite chat e le avevo anche già risposto, ma essere qui a parlare di persona è tutta un'altra cosa. Io le ripeto quello che le avevo detto e le racconto qualche altro aneddoto di questi ultimi giorni in cui non ci siamo sentite.

«Ti ho portato un regalo dall'America!» mi dice quando ho finito di parlare «lo ho in cartella, quando arriviamo in classe te lo do, tirarlo fuori ora sarebbe un po' problematico.»

Io annuisco in risposta dicendole di non preoccuparsi e che qualunque cosa mi abbia preso già so che mi piacerà tantissimo perché lei conosce troppo bene i miei gusti; per rendere ancora più chiaro il concetto sono io stavolta che quasi le salto addosso per abbracciarla.

«Ok tigre, a cuccia ora, altrimenti facciamo tardi a scuola» mi riporta alla realtà Rebecca indicando il quadrante dell'orologio, che indosso proprio al braccio che le tengo ancora sulla spalla anche se ho sciolto l'abbraccio. Io annuisco e, anche se non ho tutta questa voglia di iniziare una nuova giornata di scuola, la prendo sotto braccio e faccio strada verso l'edificio in cui facciamo lezione da una settimana.

Durante il tragitto continuiamo a chiacchierare del più e del meno, quando io interrompo il racconto delle sue vacanze dandole una leggera gomitata, lei smette di parlare e si limita a fissarmi aspettando che sia io a dire qualcosa per prima.

«Ore 9» le mormoro all'orecchio accostandomi ancora di più a lei «ti ricordi quel ragazzo affascinante dagli occhi smeraldo di cui ti ho parlato in chat, se giri un po' la testolina lo puoi vedere»

Non è che lo stessi cercando, mi è capitato di scorgerlo con la coda dell'occhio che parlava con altri due ragazzi e, siccome non gli sono finita addosso e questa volta non c'è stato nessun scambio di sguardi quindi non si è accorto della nostra presenza, l'ho indicato a Reb per farglielo vedere; in effetti è già strano che la prima cosa che mi abbia chiesto quando ci siamo incontrare non sia stata "dov'è Tommaso?". No, scherzavo, la cosa veramente strana è Rebecca che continua a procedere a passo spedito senza neanche accennare a voltarsi: «Faremmo tardi a scuola» spiega prevenendo la mia domanda, e l'unico motivo per cui non mi fermo di botto è perché ci teniamo ancora a braccetto e lei mi trascina con sé. Cala il silenzio tra di noi, ma lei non sembra rendersene conto, troppo decisa a non rallentare, io invece non posso fare a meno di restare interdetta perché è la prima volta che reagisce così davanti alla proposta di osservare un bel ragazzo (perché sì, oggettivamente parlando, Tommaso è bello) e inoltre non è proprio quella che si definisce una persona puntigliosa, ammetto che non siamo in largo anticipo, ma neanche in tremendo ritardo (la campanella dovrebbe suonare l'ingresso tra due minuti, abbiamo quindi tutto il tempo che ci serve per raggiungere la nostra meta). Decido comunque di non dare troppo peso alla questione, forse semplicemente continua a subire gli effetti del jet-lag, e dev'essere proprio così, perché negli ultimi metri che ci separano dal portone d'ingresso ha incurvato le spalle e sembra andare avanti per inerzia.

«Se sei ancora così stanca non saresti dovuta venire a scuola» le dico, con un tono a metà tra rimprovero e preoccupazione. Lei scuote la testa e risponde: «Non preoccuparti sto bene, e poi non potevo rimandare ancora...»

«Fidati che non ti perdi niente» le dico, provo a farle capire che non è troppo tardi per tornare a casa e mettersi a dormire sotto le coperte. Ma lei scuote il capo, fermamente decisa ad entrare.

«Il mio ultimo anno» dice guardando il nuovo edificio, io neanche mi sorprendo più notando quanto i nostri pensieri siano stati simili. Le sorrido e lei ricambia, poi trae un bel respiro profondo e si dirige verso l'interno proprio quando la campanella suona. Io l'affianco, ma una strana sensazione mi costringe a fermarmi: mi sento osservata. Mi volto per accertarmi di quanto stia diventando paranoica in questi giorni (non ho ancora dimenticato la "trasmittente" nel libro) e per constatare che in realtà non c'è nessuno. Solo che qualcuno che mi sta fissando effettivamente c'è. Sentirà forse la mia mancanza perché sono tre giorni che non gli cado addosso? Non so quando mi abbia notata e abbia preso a seguirmi, ma Tommaso mi sta scrutando dall'altro lato della strada. È in piedi, immobile, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni neri, per fortuna indossa una delle sue solite camicie bianche e non è in "total black", altrimenti sembrerebbe davvero il Cupo Mietitore che aspetta la sua vittima. Sento un brivido freddo percorrermi la colonna vertebrale, ma non voglio essere io la prima a distogliere lo sguardo; stranamente riesco a resistere ed è lui che si volta per raggiungere i suoi amici che probabilmente ha lasciato indietro, chissà quale scusa ha usato per allontanarsi così di colpo.

Quando lo vedo camminare via, mi volto anche io, Rebecca non si è accorta di niente e ha continuato a camminare, tuttavia non è molto distante, quindi il nostro scambio di sguardi non deve essere durato molto. Decido di togliermi dalla testa quel dannatissimo pensiero fisso dagli occhi verdi e di concentrami sull'avvincente giornata di scuola che sta per iniziare. Corro per affiancare Rebecca, ma, nonostante lei cammini solamente, fatico a tenerle dietro.

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