Capitolo 23: Il mio povero alloro malaticcio.

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Ah.
Quanto odio questa parte.
Già, non si direbbe, dato che conservo decine di libri su cui tengo nota di chi ho ucciso e come... ma sono una persona che non riesce a vedere gli altri soffrire.
"Disse il dio degli sterminii di massa"

Come potete immaginare, il sorriso mi svanì immediatamente dal viso, mentre mi precipitavo verso di lei.
Dafne cercò di avanzare di un passo, barcollando, ma cadde in avanti.
Per fortuna c'ero io.
Non la lasciai cadere, ma l'afferrai per le ascelle impedendole di sbattere.
La sostenni per un secondo, per poi sollevarla e prenderla delicatamente in braccio.
E adagiarla sul letto.

Ora che le ero vicino, mi rendevo conto di quanto bruttina fosse la situazione.

La pelle del viso era cerea, color latte, e ricoperta di sudore freddo.
Respirava piano, troppo piano.
E, ad occhio e croce, doveva avere la febbre alta, quasi a 40.

Cercai di capire come si fosse potuta ridurre così.
Insomma; capivo il cibo e di conseguenza, la debolezza e il colorito.
Ma insomma, come mai la pelle aveva quella lievissima, quasi impercettibile, sfumatura verdastra, come se stesse per vomitare?
E perché respirava piano, e ogni respiro faticoso che tirava assomigliava ad un rantolo?
Oh, l'acqua del mio circuito idraulico non era mica avvelenata.

A proposito, ho un circuito idraulico?

Mmmh, le mie vaste conoscenze da medico, che mi aiutavano in ogni malattia, questa volta non servirono.
Perché?
Semplice.
Non riuscivo a diagnosticare una qualche malattia, mortale o immortale.
Ammesso che gli Dei si ammalino.

Però, decisi di procedere con il procedimento standard per la febbre:
un pezzettino di ambrosia, cure magiche superfighe e i biscotti di mamma.

Ah. Mi dispiace.
Da voi non si cura così?
AHAHAHHAHAAHAHAHH
#PORACCI.

Questo, non appena le avessi parlato trenta secondi.
Insomma; lo so benissimo che non era in forze, ma... almeno qualche parola.
Mi servivano.
E non solo per la mia diagnosi...
Era anche un bisogno interiore; come se necessitassi di lei per "tirare avanti".

Chiuse gli occhi per tre secondi, e li riaprì, fissandomi.
Le passai il pollice sullo zigomo.
-Dafne... mi senti?-

Lei cercò di alzarsi, inutilmente.
Era troppo debole, e per di più c'ero io che la tenevo inchiodata al letto.

-Non provare a muoverti, non ne hai le forze. Potresti dirmi quando hai iniziato a sentirti così?- Mi spostai sul letto, in modo da guardarla bene in viso.
Mi fissò interrogativa; poi assunse un'espressione da: "Oh, quello... PorcaGea, non ci voleva..." e cercò di parlare.
Si, esatto, cercò.
Perché nel momento in cui aprì la bocca le mancò il fiato, ed ebbe un accesso di tosse.
-E vaffantartaro- sussurrai tra me e me, per poi dirle di cercare di calmarsi, di respirare.

Le feci una veloce visita, ma ancora nel suo organismo non trovai niente che non andasse.
Cioè, non aveva infezioni in corso, né malesseri fisici di alcun genere.

Era uno di quei momenti in cui mi veniva voglia di convocare mio figlio Esculapio.
Ma non è che potevo chiamarlo al cellulare.
Tipo:
-Ciao, sono tuo padre Apollo, quello che ti ha salutato l'ultima tramite Leo Valdez. Come te la passi nella tua reclusione forzata in Grecia? Alla grande, vedo! Non è che potresti darmi una mano con una ragazza che un tempo era una ninfa, è stata un alloro per tre millenni e ora è un... non-lo-so-neanche-io-cosa, a repentaglio della tua stessa vita (di nuovo)?-
Okay, forse non era il caso.

BENE, ero di nuovo bloccato dentro casa a fare da infermiere / medico curante ad un alloro malato.
IL TOP DEL TOP DELLA VITA.

No okay, la mattina, come tutti i malati fanno, la passava a dormire.
E a fare incubi, ma gli stessi se avrò tempo ve li racconterò più avanti.
So solo che mezz'oretta dopo circa il mio ritorno, si svegliava urlando, a volte piangendo o tossendo.

Povero amore mio.

Ma non voleva assolutamente essere aiutata; dopotutto, questa sua strana malattia non le aveva impedito di essere ironica e rompiscatole come al solito.
Ma è per questo che la amo, no?

Eh, di questa situazione ne parlai con Sunnydale.
Si, proprio lui.
So che non ci crederete, ma essere un buon aiuto.

-Dafne è malata.- borbottai una mattina delle 15 che passò malata.

Non l'avessi mai detto.

-Ma anche tu ce l'hai SEMPRE con questa povera ragazza... cioè alloro?
DOVRESTI LASCIARLA IN PACE, DIVINO APOLLO.-

-EPPIANTALA DI CHIAMARMI COSÌ.-

-MA ANCHE TU NE HAI SEMPRE UNA.
E una volta non vuoi che ti chiami "Divino Apollo", e l'altra non vuoi che canti Boum Boum Boum, e l'altra ancora non vuoi che parli di- fece una faccetta perversa - QUELLE COSE davanti quell'arbusto stagionato, insomma, a volte mi chiedo SE MI VUOI BENE-

-SUNNYDALE TI TRASFORMO IN UN METRONOMO-

Mmmmh.
Dafne rimase a letto malata per due settimane.
Tutta vita, eh.
Cibo letteralmente DIVINO, cure fighe da un dio figo e di tanto in tanto scappava anche il momento "parliamo di come uccidere il tizio X"

Le raccontai di come avevo lentamente e dolorosamente ucciso il tizio che aveva inventato la stupida filastrocca:
"Apelle figlio d'Apollo fece una palla di pelle di pollo e tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta d'Apelle figlio d'Apollo"
Insomma.
Non sono così snaturato da chiamare mio figlio Apelle.

Ho ancora un po' di tempo; vi posso raccontare velocemente di uno di quei pomeriggi da film horror.

Tornai a casa, mi lavai le mani e addentai l'ennesimo biscotto <DROGA MLMLML>.

D'un tratto, sentii Dafne urlare.

Mi precipitai di là, in tempo per vederla portarsi le mai al volto e tastarselo, come se avesse sognato che le fosse strappata la pelle.
Non è del tutto improbabile.

La strinsi in un abbraccio cercando di rassicurarla.
Sentii che aveva ancora la febbre alta.

-Andrà bene, Dafne- le sussurrai all'orecchio.
Poi posai le mie labbra sulle sue, calde dalla febbre.

One More Life ||Apollo&DafneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora