Capitolo 28: Addio.

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-Cosa?-

Fase uno: incredulità.

-Non è possibile. No, no. No.-

Quanto mi era costato dirlo?
Quanto avevo odiato dirlo?
Quanto avevo aspettato, per dirlo?
Quanto mi avrebbe odiato ora?
E quanto sarei stato male? Quanto mi sarei sentito in colpa?
Quanto mi sarebbe mancata?

Era ovvio che le sarei mancato, certo, ma almeno non era innamorata di me come io lo ero di lei.
È sempre difficile dire addio a una persona che si ama, soprattutto se è colpa tua.
Ma seriamente, come si fa a non amarmi?
Ceh. Io proprio boh.
*come rovinare un momento drammatico, con ApolloTheFigo, tutti i martedì su Real Time*

La guardai.
Spero che dal mio sguardo potesse capite quanto cavolo mi dispiace se, quanto ne fossi addolorato.

-Mi dispiace...- mormorai. -Ma è così. -
Mi fermai, in cerca di altre parole.

Dafne fissava il vuoto, così. Poi di scatto alzò gli occhi verso di me.

-Perché?-

Fase due: esigenza di spiegazioni, ovvio.
Spiegazioni che non esistevano, evidentemente.

Perché l'avevo fatto?
Perché era vietato tenerla sull'Olimpo?
Perché volevo in qualche modo strano tenerla al sicuro?
Poi, al sicuro da cosa? Da me?
Da mio padre?

(Ho altamente rotto i cosiddetti con questa storia, me ne rendo conto. Fatemi riprendere, su.)

Questa cosa non aveva senso, e me n'ero reso conto solo in quel momento.
Ma ormai, aléa tracta est, il dado è tratto: non potevo tornare indietro.

Rimasi quindi in silenzio, per poi dire:
-Perché non posso.-
E come se quelle tre parole avessero avuto il potere di ispirarmi, proseguii.
-Perché non posso io e non puoi tu. Questa sottospecie di amicizia, se così si può chiamare, è sbagliata, tremendamente sbagliata. È vietato in qualche modo ed è una cosa malsana. Tu non sai che cosa può fare mio padre Zeus, io si. E siccome tengo a te farei volentieri a meno che ti capiti qualcosa di male. Perciò rimarrai qui, o meglio da domani verrai qui e ci rimarrai, finché non sarai in grado di... cavartela. Chiaro?-

Se ero stato duro i miei occhi dicevano il contrario.
Gli occhi sono lo specchio dell'anima, si dice.
Le parole volano via, si dice.
Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, se le parole sono passeggere, allora, per favore, fate che capisca.

Strinse i pugni.

-Non è giusto.-
Fase tre, la fase che forse preferisco: La reazione.

Era giusto?
No, per niente.
Non era giusto nei suoi confronti.
Non era giusto nei miei confronti.
Non era giusto per nessuno.
Eppure non avevo pensato, non avevo riflettuto sulle conseguenze.
E quelle erano le conseguenze.

Solo, pensare a ciò che avevo detto:
Dire che era un rapporto malsano.
Dire che era un rapporto sbagliato.
Dire che era un rapporto incapace di chiamarsi amicizia.
Anche perché dal mio lato era qualcosa di più.

Silenzio.
Poi lo ripeté.
-Non è giusto. -

Abbassai lo sguardo sulla sabbia umida.
Cosa potevo dirle?
Come potevo spiegare la mia scelta?
Come potevo giustificarmi?
Come potevo scusarmi?

Non c'era modo.
Non potevo dirle niente.
Non potevo spiegarmi.
Non avevo giustificazioni.
Non avevo scuse.
Non c'era modo

Mi lasciò la mano, che ancora teneva tra le sue.
Si alzò in piedi, passandosi più volte le mani fra i capelli.
-Io... io da sola? Nononono, mi rifiuto! Lasciarti..m Non posso stare da sola, non conosco nessuno!-

Ebbi un flash.

Il primo giorno di scuola di Will...

Un piiiccolo bimbo di ancora 5 anni che piangeva, spaventato dal 《nuovo》.
Ed io ero in un angolo, ad assistere, inosservato.
La madre che lo afferrava pere spalle, e se lo stringeva al peso, consolandolo, dicendogli che tutto sarebbe andato bene
E lui che si calmava poco a poco e la campanella che suonava, e loro due che si scambiavano un ultimo sguardo rassicurante, un ultimo sorriso pieno di significati. Per poi separarsi.

Non ho mai avuto la capacità di consolare.
Non sono come Cindy, la madre di Will.
Non sono come Will stesso.

Il dolore fisico non m'intacca, riesco a mantenere un comportamento distaccato.
Il dolore psicologico... quello in qualche modo diventa "mio". Lo condivido, una sorta di empatia.
Lo condivido, e a volte ne sono talmente sopraffatto da non connettere più.
Il più delle volte, però, ciò mi fa sembrare soltanto insensibile.

Dafne era davanti a me, ed era identica a quel Will delle elementari.
Sola, impaurita, ansiosa.
Sola...

A quel punto mi alzai anch'io.
Schiena dritta, anche se avrei voluto semplicemente stendere sulla sabbia, per dimenticare tutto, e mi avvicinai.
Le posai una mano sul braccio, richiamando la sua attenzione.
Mi guardo negli occhi; mi sembrò sull'orlo della disperazione.

Dannazione, non era quello che volevo accadesse.
Non era quello che volevo vedere.
Ne era l'antitesi.

-Dafne...-
-Non mi chiamare!- strillò, allontanandosi. Sul punto di piangere.
-Dafne. Torniamo a casa, almeno per quest'ultima notte.-

Pianse.
Urlò.
Mi fece anche una bella sfuriata.
Pianse di nuovo.
E io l'abbracciai.
La strinse forte.
Poco a poco, smise di piangere e si addormentò.
E io non smisi di tenerla fra le braccia.

Prima che si svegliasse, mi alzai.
Mi resi conto che non aveva niente.
Nessun ricordo.
Nessun effetto personale.
Niente da portare con sé.

Mi sentivo già svuotato, incredibile, no?
Volevo farle un regalo, darle un ricordo.
Ma cosa?
Mi ricordai del giorno in cui iniziai a cercarla.
Mi ero ripromesso di non innamorarmi, eppure era successo po stesso.
Sorrisi a quel ricordo così vicino ma che sembrava così lontano.

Quel giorno avevo, come a volte faccio, giocato con la luce.
Avevo formato un piccolo sole.
Quel piccolo sole era ancora lì da qualche parte.
Non so come ma riuscii a trovarlo.
Lo presi in mano. Era, già!, piccolo, e brillava nella penombra. Emanava un lieve calore, e una specie di sensazione di benessere.
Ne avrebbe avuto bisogno, pensai.

Cercai dunque una catenina, qualcosa a cui legarlo. Trovai un laccetto di cuoio, e con un gancetto ci assicurai il ciondolo improvvisato.

Dafne si svegliò.
Si preparò, straordinariamente in silenzio.
E sempre in silenzio salì.
Sempre in silenzio, la lasciai all'ingresso del Campo.

Avevo già avvertito Chirone. Sarebbe rimasta li, nella mia Cabina.

Un ultimo abbraccio.
-Questa è per te.-
Mi sfilai il ciondolo dalla tasca, e glielo allacciai al collo.
-Grazie- sussurrò, con lo sguardo basso. Quando lo alzò, mi accorsi che aveva gli occhi bagnati di lacrime.
-Non dimenticarti di me, va bene?-

Trovai il coraggio di guardarla negli occhi verdi e lucidi.
-Non potrei mai dimenticarmi di te. Ora vai.-
Le bacini la fronte e le riavviai i capelli.
Le asciugai le lacrime.
-Vai e non voltarti. -

Quello a non voltarsi, fui io.
Mi sentivo i suoi occhi addosso.
Avevo il sentore della sua frustrazione.
Avevo il sentore delle sue lacrime.
E non facevo nulla.
E non volevo guardarla.
Non volevo che fosse l'ultima immagine che vedevo di lei.
Ma purtroppo lo era, e io non potevo farci più nulla.

||Nota autrice:
SCUSATE SCUSATE SCUSATE.
SONO CONSAPEVOLE DI NON AGGIORNARE DA TRE SECOLI E NON HO SCUSE, AVEVO ANCHE IL CAPITOLO PRONTO DA GIORNI.
SONO
UNA
PERSONA
ORRIBILE.
In più fa anche abbastanza schifo, perdonatemi😭
Anyway, devo andare a mangiare.
Spero domani di riuscire ad aggiornare...
Ancora scusa.
~EllyOBrien💕

One More Life ||Apollo&DafneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora