Epilogue

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CHAPTER TWENTY-EIGHT

Non riesco a respirare.
Forse perché non ho nemmeno una ragione per poterlo fare o forse perché è così che deve andare.

Vorrei così tanto non pensare alla situazione in cui mi trovo, ma questo posto non fa che mettermi paura e ansia.

Penso ad Harry, e la sensazione che tutto questo finirà nel peggiore dei modi non fa che aumentare il nodo alla gola.
Non riesco nemmeno a sfogarmi.
Vorrei così tanto piangere, ma semplicemente non ce la faccio.

Bagno le labbra e provo ad alzarmi, ma questo è quasi impossibile visto che sono legata.

Sento ancora qualcuno parlare e spero con tutto il cuore che quel Mike non entri di nuovo. Mi incute terrore.

Pov's Harry.

Premo l'acceleratore ancora di più mentre guardo la strada. Sono furioso, preoccupato e agitato.

Non posso permettere che la sfiorino o la tocchino. Solo il pensiero mi fa rabbrividire.
Provo a calmare i miei nervi, ma non c'è molto da fare.

Devo assolutamente arrivare in tempo e mettere fine a tutta questa situazione.

Avrei dovuto pensarci prima, dannazione. Avrei dovuto smettere e basta.

Porto la mano sui miei capelli, non riesco a stare calmo.
Mordo le labbra fino a sentire il sapore del sangue.
E poi continuo a guidare.

Passano altri cinque minuti e mi ritrovo quasi alla casa in cui ho passato metà della mia vita.
So per certo che non sarà facile tutto questo.

Fermo la macchina e scendo.
Con me ho una pistola.
Non so se servirà, ma ho preferito farlo.
Non posso pensare a Sam in quelle condizioni. Non posso.

Pov's Samantha.

Mi agito quando sento dei passi veloci venire verso di me. Non vedo nulla, come al solito, ma so per certo che Non è nulla di buono.

Una mano mi accarezza il viso ed io mi ritrovo a trattenere il respiro e serro gli occhi.

Dove sei, Harry?

"Hai paura?" mi chiede e posso capire che lui non è Mike, ma un suo collaboratore.
Non rispondo.
"Sai, hai un bel faccino, davvero invitante. Anche il tuo corpo non è male" la sua mano scende più in giù ed io mi ritraggo dal suo tocco.

Dejavu.

"Non mi toccare" dico piena di rabbia. Stavolta la puara sembra svanire.
Ride e poi si alza.
"Non dovresti rispondermi così, lo sai tesoro?"
"Non me ne frega un cazzo", rispondo.

Lui in tutta risposta mi sferra un pugno vicino allo stomaco. Gemo e mi trattengo dal buttar fuori le lacrime. Non posso farmi vedere. È quello che vogliono.

"Adesso non parli più, puttanella?" si sbeffeggia di me.
Faccio un mezzo sorriso e giro la testa.

"Rispondimi!" si agita.
Scoppio a ridere, non so per quale motivo in realtà.

Vedo l'ombra della sua mano alzarsi e sferrare uno schiaffo sulla mia guancia, smetto di colpo.
Mi trattengo.

"Ti faccio vedere io adesso..." ma appena finisce di parlare sentiamo delle grida da fuori la porta.

"Isaac, vieni subito qua!", ordina un altro.

"Non è finita qui", dice e poi gira i tacchi.
Sospirò di sollievo.

Mi tocco la guancia ancora dolorante e prego qualsiasi Dio, che mi portino via da qua.

Sento dei piccoli colpetti da una finestrella e inarco il sopracciglio. Non posso muovermi, perché ho le mani incatenate.
Cerco, con il poco che posso vedere, qualcosa che mi permette di liberrami, ma non trovo nulla.

RUN BABY RUN [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora