Capitolo trentasettesimo

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Posai la mia valigia accanto alle altre, ma mi tenni a debita distanza dagli altri. La musica mi rimbombava nei timpani senza sosta. Mi guardai attorno. Un ammasso di gente che si muoveva caotica, senza sosta, in fretta come se un singolo secondo sprecato ne sarebbe valsa la loro esistenza. Un'ombra mi avvolse. Non mi voltai. Rimasi impassibile quando Lucas si piazzò davanti a me. I suoi occhi chiedevano perdono. Strinsi i denti cercando di calmarmi. Non sarei riuscita a sopportarlo per quella settimana. Michael aveva ragione, in quel momento avrei voluto che chiunque lo prendesse a pugni a dovere. Forse sarebbe stato meglio fingere un malore, probabilmente mi sarei solo aizzata contro solamente l'odio di tutti in quel modo. Ci guardammo negli occhi per un istante che mi parve interminabile. Lucas alzò la mano e l'avvicinò al mio viso. Quando capii cosa stesse per fare lo trucidai con lo sguardo e lo bloccai prendendogli la mano per quanto mi facesse ribrezzo toccarlo. Sbloccai lo schermo del cellulare.
"Tu prova a togliermi gli auricolari dalle orecchie ed io ti toglierò il cuore dal petto."
Lucas abbassò la mano. Sembrava che gli avessi tirato uno schiaffo in pieno viso, ma non si allontanò. Sfilò il suo telefono dalla tasca posteriore dei jeans e digitò qualcosa. Un attimo dopo il mio cellulare s'illuminò.

Lucas Hemmings:
Possiamo parlare?

Sydney Brent:
No. Vattene.

Luke lesse ciò che avevo scritto, ma rimase immobile dov'era. Digitò nuovamente qualcosa.

Lucas Hemmings:
Ti chiedo solo il tempo di una canzone.

Strinsi di nuovo i denti. Non gli avrei dato nemmeno il tempo di una pubblicità su YouTube, figurarsi il tempo di una canzone. Scossi la testa schifata incatenando il mio sguardo al suo, in modo che non ci fossero malintesi.

Scendemmo dall'autobus che ci aveva portati in albergo dall'aeroporto. Andai a raccattare la mia valigia e mi tolsi gli auricolari. Il mormorio eccitato dei ragazzi attorno a me, fu come uno schiaffo in faccia. La professoressa Hemmings guardò il foglio che aveva in mano.
- Brent. Stanza 167. -
Andai verso la reception, ma qualcuno mi fermò. Mi voltai ritrovandomi faccia a faccia con due ragazze, Catherine Wide e Danielle Abernathy. Mi sorrisero gentilmente.
- Ho già preso la chiave, andiamo? - chiese Catherine facendo dondolare le chiavi col numero 167. Annuii seguendole.
Nessuno parlò in ascensore e nemmeno quando entrammo nella nostra stanza che era minuscola. Ci guardammo attorno spaesate. Nessuno osava muoversi in quello spazio angusto.
- Non è così male. - disse Danielle. Io non risposi perché non parlavo, ma Catherine non ribatté niente per mostrarsi d'accordo.
Rimpiansi di non aver finto un malore quando ne avevo occasione. Il cellulare mi squillò. Mi aprii in un sorriso quando vidi che si trattava di Michael.

Michael Clifford:
Tutto bene?

Sydney Brent:
No. Vorrei essere lì con te.

Speravo che non travisasse le mie parole e gli venisse in mente Lucas per quello. Era già dura sapere di averlo attorno, non volevo che diventasse anche il tema principale delle mie conversazione con i ragazzi.

Michael Clifford:
Non sai quanto io.

Sydney Brent:
Ci sentiamo più tardi ora devo disfare le valigie.

Nonostante quello che avevo scritto non misi a posto i miei vestiti subito. Andai verso la porta finestra chiusa dalla tapparella che alzai lentamente. La luce di fuori illuminò meglio la stanza, che però diventò ancora più squallida ai miei occhi. Soffocai un verso di disgusto ed uscii per prendere una boccata d'aria fresca. La terrazza dove mi trovavo era un unico lungo balcone su cui si affacciavano tutte le stanze sul nostro lato, diviso solamente da dei muretti alti poco più di mezzo metro. Se avessimo avuto come vicini di stanza dei casinisti non sarei nemmeno riuscita a chiudere occhio per più di due ore... in tutta la settimana. Guardai di sotto la strada. Era tranquilla per il momento. Forse i professori ci avrebbero lasciato le serate libere per andare un qualche locale a fare casino. Ne dubitavo, ma non si sapeva mai. Metà delle valigie comunque dovevano contenere da bere e droghe per un rave.
Sentii la tapparella della stanza accanto alzarsi lentamente. Non mi voltai. Un leggero odore di salsedine si diffuse nell'aria. Sarei uscita di nascosto solo per andare a dare un'occhiata a quella parte dell'oceano che non avevo mai visitato.
Un silenzio strano calò. C'era qualcosa che non quadrava. Affatto. Mi voltai. Il mio peggior incubo si era avverato.
- Dammi solo un solo minuto per spiegarti! - mi supplicò Hemmings. Rientrai velocemente nella camera e mi chiusa la porta alle spalle tirando le tende. Catherine e Danielle mi guardarono, ma non dissero niente. Quanto avrei voluto Michael, Ashton e Calum lì con me.

Words. || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora