Capitolo quarantottesimo

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Lukey:
Sicura che non vuoi andare al ballo di fine anno?

Alzai gli occhi al cielo sorridendo come un'idiota innamorata. Finalmente gli esami erano finiti e mancavano ancora solo un paio di giorni di scuola, mentre il ballo sarebbe stato quella sera stessa.

Syd:
Ti pare? Non ho intenzione di rinchiudermi più del necessario in quel edificio

Luke:
Bene, allora passo da te tra dieci minuti

Il tempo di arrivare avrei scommesso. Il giorno del tanto atteso appuntamento era arrivato. Luke non mi aveva voluto dire dove avremmo cenato e nemmeno i nostri programmi per la serata. Non ero riuscita a strappare neanche la più piccola confessione ai ragazzi che ovviamente mi avevano fatto capire che sapevano tutto. Probabilmente adoravano vedermi impazzire lentamente, ma c'era qualcosa nei loro gesti che mi stava lasciando perplessa da poco più di una settimana. Sembravano elettrizzati e tormentati da qualcosa, tuttavia motivavo ciò con la fine della scuola, anche se Ashton non aveva esattamente un buon motivo per comportarsi in quel modo. Il cellulare vibrò.

Luke:
Sono arrivato

Sorrisi. Feci per aprire la finestra, ma il suono del campanello mi lasciò impietrita.
- Sydney! - urlò mia madre. La sua voce non aveva nessuna inflessione, ma non per questo mi preoccupai di meno. Scesi con riluttanza le scale dopo essermi gettata addosso una felpa sformata e le pantofole, cercai anche di scompigliarmi i capelli senza rovinarli troppo. Tuttavia il trucco che mi ero messa era la prova evidente che volevo uscire. Mi immobilizzai a metà di un gradino quando mi resi conto di chi c'era alla porta. Probabilmente dovevo avere un'espressione idiota dipinta in viso, ma la mia mente era andata nel panico più totale.
- Syd. - mi salutò Lucas con un sorriso mozzafiato sulle labbra. Sbattei le palpebre sconvolta per qualche secondo, per poi fulminarlo con lo sguardo. Cosa credeva di fare? Era passato un mese in cui avevamo deciso di non dire niente ai nostri genitori. Non ci serviva la loro approvazione e soprattutto bastava una madre ciascuno a renderci la vita un inferno.
- Sydney? - ripeté da donna davanti a me trapassandomi con lo sguardo. Come se non fosse stato già abbastanza penoso avere mia madre a guardarmi malamente, si aggiunse anche mio padre.
- Che sta succedendo? - domandò inchiodando con gli occhi il mio ragazzo. Lui di risposta sorrise ancora di più se possibile. In un'altra situazione mi sarei sciolta in un attimo alla vista delle sua fossetta accentuata più del solito, ma in quel momento avevo solo voglia di strozzare Luke. Stava per caso cercando di scaricarmi? ... o di suicidarsi? - Cosa ci fa il tuo tutore qui a casa nostra? - disse ignorando completamente il biondino. Sentii un brivido di freddo corrermi lungo la schiena.
- Sono il suo ragazzo. Non aspettatela sveglia oggi. - rispose Lucas al mio posto. Calò un silenzio inquietante nell'ingresso.
- Prego? - ruppe il silenzio mio padre. Luke si azzardò a sbuffare scocciato.
- Ha capito benissimo. - ribatté incrociando le braccia al petto.
- Fuori. O chiamo la polizia. - lo minacciò dopo un attimo di silenzio l'uomo che mi aveva cresciuta. Se Luke stava cercando di chiudermi in un convento ci stava riuscendo benissimo.
- Syd, vieni? - fece invece Lucas ignorando questa volta l'altro. Non riuscii nemmeno a fare un cenno con il capo.
- Ma come ti permetti? Sydney, vai subito in camera tua! Dopo ne riparliamo! Mentre tu non provare più ad avvicinarti a questa casa! - gridò mio padre. Sentii il viso andarmi in fiamme. La vergogna che provavo nell'essere stata trattata così davanti alla persona più importante della mia vita era insostenibile. Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso e corsi subito in camera mia. Calciai via le pantofole e mi infilai rabbiosamente le converse nere sotto il vestito che mi aveva comprato Luke in gita. Che diritto avevano di trattarmi con una stupida? Afferrai la borsa dove avevo infilato precedentemente le mie cose e scesi le scale con la stessa furia con cui le avevo salite. Fortunatamente Luke era ancora lì all'ingresso ad aspettarmi. Rimase qualche istante a studiarmi preoccupato dalle mie lacrime, ma prima che potesse fare qualcosa mio padre sbucò da soggiorno.
- La polizia arriverà tra qualche minuto. - affermò prima di rendersi conto che gli avevo disobbedito. Mia madre era sul punto di scoppiare in una crisi isterica. Presi il mio rossetto nero dalla borsa e prima che capissero cosa stessi facendo scrissi sul muro.
"Non ce n'è bisogno. Togliamo il disturbo."
Afferrai la mano del biondo e lo trascinai fuori di corsa.

Words. || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora