Nathan

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Lo ammetto: ho completamente frainteso quella ragazza. Non è affatto stupida, è riuscita ad ingannarmi, a persuadermi e a fuggire. Non me lo sarei mai aspettato da lei. La osservo da tutta la vita, è come se la conoscessi meglio di chiunque altro, non è mai stata forte. Qualcosa l'ha cambiata. Qualcosa le ha fatto perdere la speranza. Le ha fatto perdere la voglia di sopravvivere. Ed io so bene cos'è. Ho vissuto anche io la stessa situazione che sta vivendo, solo che la sua esperienza è molto più tragica. I miei genitori mi hanno abbandonato alla sola età di 9 anni, ma quando si è piccoli non si capisce a fondo quello che succede, quando si è grandi si ha la consapevolezza di tutto ciò che ci circonda. Il peso che ti cade addosso è troppo forte da sopportare, e cedi. Cadi rovinosamente a terra e non hai più la forza né la volontà di alzarti.

Ora è chiusa in casa e, come sempre, ho rovinato tutto io. Ho iniziato qualcosa difficile da concludere, ma devo portarlo a termine, non posso lasciare in sospeso la questione, ne andrei di mezzo io, Damon, ma soprattutto lei, Delilah.

Mi ha sorpreso, sono rimasto spaesato ed interdetto quando mi ha dato libero arbitrio sulla sua vita. Ha preso seriamente in considerazione l'idea. Io non voglio ucciderla, ma sono stato addestrato per questo, fin da piccolo; se non lo facessi andrei contro i miei principi.

Trovo la finestra del salotto aperta e mi ci infilo, ritrovandomi sommerso dagli scatoloni ormai vuoti.

Sento dei singhiozzi provenire dall'entrata. Mi sporgo, riuscendo a scorgere la sua figura attraverso il riflesso nello specchio posto nel corridoio.

è seduta a terra, poggiata con la schiena sulla porta d'entrata, con le gambe piegate, le braccia che avvolgono esse e la testa poggiata sulle ginocchia.

Il corpo è scosso da singhiozzi sommessi.

Sta cadendo a pezzi. E' come se, ad ogni singhiozzo, un pezzo di lei si staccasse.

Dovevo seguire il piano di Damon, aspettare un ordine dal capo, e poi entrare in azione. Dovevo rimanere dietro le quinte, ad osservarla. Ma è stato più forte di me. Ho rovinato tutto, e sono incavolato con me stesso, con il mio carattere del cavolo, con la mia testa che vuole sempre fare tutto per conto suo.

Devo rimediare. Per la prima volta nella mia vita ho la possibilità di aggiustare il disastro che ho combinato.

Mi sporgo nel corridoio, con l'intenzione di parlarle, dissuaderla e farmela amica. Quando arriverà il momento poi si penserà. Non posso mandare tutto a monte per la terza volta.

Qualcuno bussa alla porta ed io mi nascondo nuovamente nel salone.

-Chi è?- chiede lei freddamente.

-Ehm... Delilah? Tutto okay? Sono Dylan.- chiese una voce maschile dall'altro lato della porta.

Maledetto ragazzino. Ogni volta che decido di parlarle spunta fuori. Nel corso degli anni mi è capitato molte volte. Quel ragazzino è davvero fastidioso.

Una volta ricordo che Delilah stava sulle rive del lago, da sola, intenta ad ascoltare i suoi pensieri. Ho avuto per un secondo l'idea di avvicinarmi e di parlarle, ma subito è spuntato quell'insulso ragazzino.

Sento la ragazza alzarsi e venire verso il salone, quindi mi nascondo tra gli scatoli, ma invece di entrare nella stanza si avvicina allo specchio, cercando di aggiustare i capelli e il viso.

-Sì è tutto okay, Dylan.- risponde avvicinandosi alla porta e aprendola. Io ne approfitto del momento per uscire dalla finestra, ma rimango li sotto ad ascoltare quello che si dicono.

Li sento conversare, lei gli mente, non gli dice la verità. Non gli dice di me. Perché?

Poi mi balena in mente un'idea.

Se a lei non importa della sua stessa vita, sicuramente le importerà di quella del ragazzo.

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