Nathan

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Si è stesa sul prato verde, affianco alla casa, fatta esternamente di legno, e  fissa il cielo, senza guardarlo realmente. È immersa nei suoi pensieri.
Ho voglia di osservarla più da vicino, così silenziosamente faccio il giro della casa e mi nascondo dietro un tronco di un albero secolare, sporgendomi leggermente. 
Da questa distanza riesco a notare i riflessi ramati dei suoi capelli e le lentiggini sulle palpebre.
È nervosa e, con un gesto involontario e abitudinario, si porta una mano alla bocca iniziando a mordicchiare un unghia.
Mi sporgo di più, solo per osservare più particolari, ma la mia presa sull'albero scivola, spezzando un rametto.
Con uno scatto ritorno dietro il tronco, mentre lei alza la testa.
Trattengo il respiro.
Dopo qualche secondo sento il fruscio dell'erba: si è alzata.
Ma invece di venire verso di me, verso l'albero, va dalla parte opposta e dopo qualche secondo sento la porta della casa chiudersi. È entrata in casa.
Mi rilasso, rendendomi conto solo in quel momento di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo.
Guardo verso la casa, cercando di scorgere qualche movimento all'interno, dalla finestra, ma non riesco a vedere bene.
Così mi arrampico sull'albero, arrivando fino alla cima, nascondendomi tra il fogliame, e continuando ad osservarla.
La osservo svuotare tutti gli scatoloni.
Sistema vari elettrodomestici, cornici, album fotografici, libri.
Poi prende una cravatta maschile bordeaux e la fissa, con sguardo assente e vuoto.
Sta così per qualche minuto, immersa nei suoi ricordi, molto probabilmente la cravatta è di suo padre. Ha uno sguardo rigido e freddo. Si sente persa, sola.
E se il dolore fosse troppo forte e decidesse di farla finita?
No, non può.
Non può finire così.
Manderebbe tutto a monte.
Dopo anni, la morte dei suoi genitori rovinerebbe tutto.
Devo fare qualcosa.

Scendo dall'albero velocemente, cercando di non fare rumore e di allontanarmi velocemente, tornando nella dimora e chiamando la causa di tutti i miei problemi al cellulare.
-Pronto?- chiede dopo il terzo squillo.
-Damon, devi trovare una soluzione. Immediatamente.-
-Eh? Ma che... Nathan? Amico! Da quanto tempo!-
-Smettila con queste idiozie e ascoltami: lei è qui.-
-Si è rifatta viva? Ma, aspetta...- dice confuso -Ma non è estate. Che cavolo...-
-È questo il punto, Damon. È venuta qui. I suoi sono morti. È venuta ad abitare qui.-
-Oh, beh. Meglio così. Possiamo tenerla d'occhio 24h su 24, senza ingaggiare insulsi ragazzini a fare il lavoro, che, a dirla tutta, non lo fanno nemmeno bene. Si fregano solo i miei soldi.-
Mi sto per alterare. Continua a blaterare cose di cui non me ne frega un cavolo. Scaravento una sedia a terra cercando di alleviare il nervosismo.
-Ehi, amico, calmat...-
-Non dirmi di calmarmi. Potresti chiudere quella fogna per almeno cinque secondi e farmi parlare?- dico nervoso acidamente.
-Penso voglia farla finita. La vedo distrutta, senza alcuno scopo di vita. Non possiamo permetterlo, o manderà tutto a monte. Trova una soluzione, al più presto, perché odio starmene con le mani in mano in certe situazioni. Se non trovi una soluzione tu, la troverò io. E la mia sarà drastica.- concludo, per poi attaccargli il telefono in faccia. 

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