Il primo giorno nella nuova città

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Pov. Caleb

Stavo fissando il disegno, mentre l'ultima campanella di quel giorno suonava. Prendo le mie cose e le infilo nello zaino, compreso il disegno, riponendolo con cura in modo da non rovinarlo, poi mi dirigo verso l'armadietto e prendo il necessario per i compiti e lo studio. Esco da scuola che ripenso alla ragazza. Domani le ridarò il disegno... certo non so cosa dirle esattamente... che era finito per sbaglio tra le mie cose? È la verità, ma lei mi crederebbe? Beh, sempre meglio provarci che mentire...
Prendo il bus, sedendomi nei vari posti disponibili e ne scelgo uno vicino al finestrino, così da osservare quella nuova città, ma nel contempo vecchia... non c'ero mai stato, ma mi ricorda la mia vecchia città, dove avevo passato l'infanzia.
Alla fermata successiva entrò una marea di gente e il bus si piena, poi sento una voce famigliare:- Posso?
Sorrido, voltandomi verso il ragazzo che mi aveva parlato:- Da quando chiedi il permesso?
Mark mi sorride e si siede nel posto affianco al mio.
Lui era il mio migliore amico da praticamente sempre, ci eravamo conosciuti alle elementari e non avevamo mai interrotto i contatti. Il ragazzo faceva un strage di cuori, soprattutto per i suoi capelli biondi con qualche zona più scura e i suoi occhi azzurri.
- Allora?
Sollevo un sopracciglio:- Allora cosa?
Lui sospira esasperato:- Ti ricordo che avevi interrotto il tuo racconto su quella ragazza che ti piace.
Il calore salì, facendomi sentire il viso leggermente caldo. Mi volto in modo da guardare fuori e nasconderlo, ma dalla risatina del biondo capisco che ha notato il rossore sul mio volto.
- Non mi piace, Mark. Lei ha semp-
Lui mi interrompe:- Seh, seh, come no.
Sento il viso tornare al mio solito colorito, leggermente abbronzato, così mi volto verso Mark:- Non mi piace, ok? Devo solo restituirle il disegno.
- Come vuoi... - dice tutt'altro che convinto. - Ah, poi me lo mostri, vero?
Qualcosa mi diceva che ad Alexandra non sarebbe piaciuto... Ma lei non è qui, poi non ci sono tante probabilità che Mark la incontri.
- Se oggi ti alleni con me, sì.
L'altro sorride e annuisce:- A proposito, quand'è che cominci?
- Ieri sono andato a parlare con il coach e mi ha detto che lunedì potrò cominciare ad allenarmi con voi.
Lui annuisce e scoppa in una risata mentre diceva:- Finalmente potremo fare strage insieme... sul campo ovviamente.
Sorrido e mi limito a scuotere leggermente il capo, mentre con la mente tornavo sempre al disegno e al suo proprietario.

Scendiamo dopo una decina di minuti, nei quali Mark ha fatto di tutto pur di non star zitto e lasciarmi pensare e questo aveva infastidito me, ma divertito lui, ovviamente.
Entriamo nella mia nuova casa ancora poco famigliare e troviamo mia madre in cucina.
- Bentornato. Oh, ciao Mark! - dice asciugandosi le mani e sorridendo al ragazzo
- Ciao mamma.
- Salve Michelle.
- Oh ragazzo, mi ci sono voluti anni per farmi chiamare per nome, quindi che ne dici di non farmi aspettare altrettanto tempo e darmi del tu?
Lui ride, mentre ci sediamo a tavola.

Dopo pranzo, andiamo nella mia nuova camera.
È molto spaziosa e dominano i colori blu e derivati. Una parete è quasi del tutto coperta da una vetrata, che mi permette di vedere l'ingresso dall'alto, essendo al primo piano.
Appoggio lo zaino con cautela sulle sedia della scrivania e quel gesto fa ridere Mark:- E tu che eri quello che lanciava lo zaino ai piedi della scrivania!
Scoppiò in una fragorosa risata, mentre io gli lancio un'occhiata annoiata.
Credo che quella mi ucciderebbe se le rovino il disegno, quindi meglio non inimicarsela più di tanto.
- Allora me lo mostri?
Le parole del ragazzo mi destarono dai miei pensieri.
Recupero il disegno e glielo passo, dopodiché mi butto sul letto in modo da poterlo vedere a mia volta.
Mark fischia:- Accidenti se è brava! Fa concorrenza con Maia e pensare che lei ha seguito anche molti corsi d'arte oltre alla scuola artistica!
Maia era la sorella maggiore di Mark ed era una studente modello nella scuola d'arte che frequentava.
- Se lo dici tu... - dissi pensieroso.
- Non trovi sia malinconico?
- Già, in un certo senso sì.
- Ma quella ragazza lì, oltre ad essere triste ha anche un certo orgoglio, non ti pare? - dice sicuro, grazie all'occhio allenato a studiare i quadri della sorella.
Osservo meglio la figura: ha le spalle larghe, fiere. L'unica cosa che la fa sembrare triste è il viso che è nascosto dalle braccia e i capelli scuri, ricci...

Mi blocco.

Mark mi guarda:- Amico, che hai? Sembra tu che tu abbia appena visto un fantasma...
Le sue parole mi parevano distanti.
- Che stupido che sono stato... - dico in un sussurro.
Mark mi guarda con in volto un punto di domanda.
Mi alzo in piedi e lo guardo:- Ecco perché era così contrariata quando le ha preso il quaderno!
- Eh? - Mark era confuso, ma io non badavo a lui, ma bensì alla corrente dei miei pensieri.
- Le ha dato tanto fastidio perché dentro c'era il disegno, ma questo disegno è importante per lei perché è lei!
Mark mi guardò come se fossi pazzo:- Amico, ti conviene spiegarti, prima che chiami una clinica, perché sembra che tu stia dando di matto.
Sbuffo, spiegandogli con più calma la giornata e il comportamento non più insolito della ragazza.
- È evidente che a questa Alexandra non piace far vedere le sue opere e soprattutto se stessa.
Annuisco, ignorando la sua nota ironica.
Ma quindi mi odia per via del quaderno? No, anche quando ero appena entrato in classe e l'avevo notata, mi guardava diffidente.
Perché sto pensando tanto a quello che pensa lei di me?! Tanto di amici nella classe me ne sono fatti, no? Quindi basta, devo allenarmi.
- Senti andiamo a fare una corsa e qualche passaggio?
Il biondo annuisce:- Ci sono dei boschi perfetti qui vicino. Sono leggermente in salita e c'è un bel silenzio. Non credo ci vada qualcuno.
- Bene, allora andiamo.

Eravamo ancora un po' lontani dal bosco, ma si vedeva la sua imponenza: c'erano varie colline che si confondevano con le montagne azzurre e lontane, tutte coperte di alberi, o almeno fin dove si poteva vedere. Superiamo i parchi affollati e ci addentriamo nella boscaglia.
- Abbiamo una tenda, torce e cibo?
Mark ride per il tono ironico.
Cominciamo a correre per riscaldarci e prepararci per l'allenamento.
Non c'erano sentieri ma solo alberi e questo mi costringeva a guardare bene dove mettevo i piedi e cosa avevo davanti.
Dopo un po' Mark tira fuori la palla di rugby e me la lancia.
Gli faccio un sorriso al quanto divertito, mentre prendo velocità e faccio lo slalom tra gli alberi.
Dopo nemmeno qualche minuto, vengo fiondato a terra da Mark che recupera il suo pallone e mi fa un sorriso trionfante.
- Aspetta solo che comincio ad allenarmi e poi vedi.
Il ragazzo rise:- Vedrò, vedrò.
Entrambi ridiamo fino a ritrovarci per terra con le lacrime.
Non c'era un motivo particolare, ma questo mi ricordato molto i vecchi tempi con Mark, molto simili a quel mio primo giorno nella nuova città.

Ed eccomi di nuovo con questo lungo capitolo dal punto di vista del ragazzo dai capelli castani come il cioccolato.
Perdonatemi gli errori che mi sfuggono (lo so che mi ripeto, ma gli errori ci sono sempre, anche se si ricontrolla -.-).

Un grazie per i lettori!
Alla prossima!

Quella fatidica panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora