Pov. Caleb
Oggi Mark non poteva venire ad allenarsi con me e avrei cominciato solo la settimana seguente con gli allenamenti ufficiali.
Ormai è pomeriggio.
Anche oggi Alexandra non è venuta a scuola, ma ho sentito voci riguardo al suo trasloco...
Dovrò indagare.
Esco a correrre.
Cosa potrei fare se si è trasferita veramente?
Dovrei trovare un modo per incontrarla o spedirle il disegno, perché ho come la senzazione che non le piaccia l'idea che qualcun'altro lo abbia.
Immerso com'ero nel mio soliloquio, non mi resi conto di esser andato ben oltre il punto in cui ero arrivato, finché non giunsi a quella che sembrava la cima di quella collina, dove c'era qualcosa di meraviglioso, ma nel contempo malinconico.
Una panchina.
Lì nel mezzo del nulla.
Isolata.
Mi chiedo chi voglia venire in un posto simile, isolato e con il rischio di cadere giù da quella parete ripida di rocce. Forse prima qui passava un sentiero o c'era un qualche edificio...
Aggiro la panchina e mi ci stendo per riprendere fiato e rilassandomi sotto a quei tiepidi raggi di sole, coperiti ritmicamente da nubi dense.Sollevo lentamente le palpebre.
Imprecai mentalmente.
Mi sono addormentato!
Mi passo una mani sul viso mentre noto che è ormai sera, ma allora mi cade l'occhio sulla vista che si gode da qui in alto.
Mi sollevo su un gomito per vedere bene quel fantastico paesaggio.
Un rumore di passi indistinti mi distrae, seguito poi da un respiro appena accelerato, leggero e appena udibile.
Se ha intenzione di derubarmi, allora è capitato male.
Lentamente mi alzo e mi volto.
Non capisco bene chi sia, ma mi sembra famigliare...
Dopo un po' sento che questa ragazza mi urla contro:-TU?!
Dalla voce sembra Alexandra...
Le domando se è lei e ricevo in cambio una risposta ironica, che conferma il fatto che sia lei. Non riesco a non trattenere una risata, che cerco comunque di limitare.
- Scusa, è che è buio e non si vede bene - dico per giustificarmi.
E ricevo ancora una risposta ironica da lei:- Ma come, non hai la vista notturna come me?
Questa ragazza è irritante in modo così curioso...
Sorrido tra me e me, mentre sollevo entrambe le mani in segno di resa:- Va bene, va bene, ho capito che sei nelle mie stesse condizioni...
E ora aspettiamoci altra ironia.
- Però, perspicace - dice falsamente sorpresa.
Hm, prevedibile.
Però, devo farle sapere che ho il suo disegno e che vorrei restituirglielo...
- Io... ho... - Se non parlo immediatamente come una persona normale, mi butto giù! Forza, è solo una cavolo di ragazza! - Insomma, credo di avere una cosa che ti appartiene!
Pft. Conosci la strada, Caleb. Buttati.
Una non so quale fortuna, fa in modo che un lampo risplenda esattamente sopra le nostre teste, così che io possa intravedere la sua sorpresa: ha gli occhi scuri leggermente aperti e lucenti, le labbra leggermente socchiuse e i capelli in balia del leggero vento che soffia verso di lei.
Lei, però, si riprende in pochissimi secondi, tornando ad essere composta.
- Non è importante, puoi benissimo buttarlo via - dice con voce ferma.
La sua frase mi colpì, così come il tuono colpì il silenzio con il suo enorme rimbombo, in quello stesso istante.
Prendo un bel respiro:- Non voglio buttarlo via, sembra fatto con così tanto impegno che buttarlo via sarebbe ingiusto nei confronti di chi lo ha fatto.
- Ma se chi lo ha fatto ti dice di farlo, puoi farlo.
Serro la mascella:- In tal caso, sono io a non volerlo.
Mi siedo sulla panchina, dando le spalle ad Alexandra.
Se non lo vuole, perché ha fatto tanto casino per non mostrarlo? Ho intenzione di scoprirlo.
Ma i miei piani vengono cambiati dalla pioggia, dal quale trovo riparo sotto allo stesso albero di Alexandra.
Lei bofonchia qualcosa e tira fuori il cellulare. Vedo che apre le mappe.
Quindi si è trasferita davvero. Ma, è dall'altra parte del bosco!
Aspetta...
- È più vicina casa mia - dico.
- Buon per te - risponde lei, schietta.
Sospiro. Sempre scontrosa.
- Faresti bene a venire a casa mia, essendo più vicina ti bagneresti meno e poi ti do un passaggio.
- Non ne ho bisogno.
Un'altra sua imprecazione nasce dal fatto che si mette a grandinare.
Osservo attentamente il cielo, aspettanto il momento giusto.
Non appena la grandine diventa più fine, le afferro il polso e comincio a correre, dopo averle detto che attualmente la situazione è vantaggiosa.
Lei cerca di liberarsi dalla mia presa e mi urla:- Ma che diavolo fai?! Ti avevo detto che tornavo a casa mia!
Sorrido e le dico tutt'altra cosa:- Occhio a non scivolare!
- Ma mi stai ascoltando?
Mi volto e le sorrido, facendole capire che non mi importa.
Non ho intenzione di farla scappare nuovamente, perché forse, non avrò più alcuna possibilità di parlarle.
La sento sbuffare e resister meno:- Almeno sai dove stai andando?
- Più o meno - dico tanto per farla alterare ulteriormente.
- Cosa?!
Rido, mentre le dico, accennando a voltarmi:- Tranquilla, ne usciremo sani e sal-
Il mio piede scivola sul terreno bagnato e mi trascino dietro anche Alexandra, non avendo fatto in tempo a lasciarla andare.
Mentre cadiamo, cerco di metterla sopra di me, in modo da non farle male.
La sento urlare per la sorpresa, mentre finiamo entrambi per terra.
Boccheggio per la caduta, cercando di recuperare ossigeno.
Sbatto ripetutamente le palpebre per recuperare la vista, offuscata, forse, dalla pioggia.
Lei si alza di scatto e mi da del cretino, mentre mi aiuta ad alzarmi.
Mi rendo conto solo ora di esser ferito a un braccio.
L'ironia della situazione non può non sfuggirmi.
- Ops - dico, sapendo che l'avrei fatta infuriare.
- Ops?! Tutto qui?
Mi passo una mano tra i capelli che mi si attaccano alla fornte.
Ci mancava solo questa e per di più siamo fradici e tutti sporchi di fango.
- Sarà bene muoverci se non vuoi morire assiderato o per un'infezione - dice al quanto arrabbiata.
Sollevo lo sguardo su di lei.
Attraverso la sua maglietta bagnata intravedo ciò che c'è sotto, ma il mio sguardo viene attirato da tutt'altro: ha un taglio abbastanza lungo sulla coscia.
- Guarda che sei nella mia stessa situazione - le dico, facendole notare il taglio.
Le chiedo se riesce a camminare e lei, in tutta riposta, si incammina irritata.
Sorrido.
- Lo prendo per un sì.
Le prendo il polso e comincio a camminare davanti a lei.
- Sono in grado di camminare senza esser portata in giro, sai?
Cerca di liberarsi, ma non le permetto di farlo.
Chi ti dice che io lo voglia?
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Quella fatidica panchina
RomanceQuando voleva allontanarsi dal caos della città, dalle persone superficiali e immergersi totalmente in sé stessa, bastava che si dirigesse verso il bosco lì vicino, immenso e vivo come nessuna persona poteva essere, silenziosa come solo la natura po...