Occhi di ghiaccio e presa d'acciaio

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Pov. Caleb

Come prima impressione, non fu male: la scuola era luminosa ed ordinata, le persone non sembravano troppo strane o troppo semplici, le aule erano molte e molti erano gli studenti che si stavano dirigendo in classe. Dopo aver perso quasi un'ora in segreteria a causa delle bidelle che erano troppo interessate a me e l'unica indifferente non sapeva cosa fare dei documenti che le avevo portato, vengo finalmente accompagnato nella mia nuova classe.
Una volta entrato, il professore, che era un uomo piuttosto giovane e vivace, mi chiede se sono quello nuovo.
Beh, non so lui ma io lo vedo per la prima volta, quindi...
Annuisco e dopo una breve presentazione, che finisco con una frase spiritosa, noto una ragazza che mi sta guardando indifferente.

Il professore mi indica un paio di banchi vuoti e uno è di fianco alla ragazza priva d'ironia.
Comincio ad avanzare e guardo verso di lei, ma mi restituisce uno sguardo da assassina professionista che mi ha fatto cambiare idea all'ultimo secondo.
L'insegnante si avvicina proprio a lei e le prende il quadernone che aveva sul banco. Vorrei proprio voltarmi per vedere la sua espressione, ma decisi di non farlo.
- È perfetto, tieni Caleb, guardati gli appunti e chiedi pure se non sai qualcosa.
Sollevo la mano per prendere il quadernone che il prof mi porge, ma lo lascia andare prima che riesca ad afferrarlo e così cade, spargendo i fogli sul mio banco.
Perfetto, ora si che quella mi uccide.
Sento la sua sedia muoversi. Cerco in tutti i modi di raccogliere i fogli e dividerli dalle mie cose, ma di punto in bianco mi sento afferrare il polso. Sollevo lo sguardo: occhi di ghiaccio mi inchiodano sul posto e una presa d'acciaio ha bloccato ogni mio movimento.
La ragazza, Alexandra, da come l'ha chiamata prima il prof, prende i suoi fogli e le sue cose, poi se ne va dalla classe esattamente qualche secondo prima che suoni la campanella.

Ma che accidenti di primo giorno è questo?!
Prendo il cellulare e trovo un messaggio di Mark, il mio migliore amico: "Hey Caleb, come te la stai passando?"

"Uno schifo, non si può fare peggio di così..."

Gli racconto l'accaduto al telefono mentre vado verso il mio armadietto ancora troppo vuoto. Prendo gli appunti di ripasso che mi ero portato, ma noto un foglio che non è mio...
"Senti Mark, devo andare. Ci vediamo più tardi."
Prendo quello che sembra essere un disegno: c'è un bosco scuro e una ragazza è seduta sotto a un albero. Il disegno ha una connotazione triste per via dalla ragazza che è rannicchiata, con il volto tra le braccia che poggiano sulle ginocchia. Non ci sono colori. È tutto a matita. Tutto nero. Proprio come lei.
Una cosa che avevo notato subito di quella ragazza è che si veste di nero... almeno oggi era vestita di nero, poi non so se è sempre così.
Vedo la sua firma su un'ala di un uccello che è stato disegnato in quell'unico punto di cielo che si vede tra le chiome degli alberi.

Devo restituirglielo... fu tutto ciò che pensai in ogni ora di quel primo giorno di scuola che passava, ma lei non c'era.
Non era più tornata in classe.

E con questo ecco il primo capitolo dal punto di vista del nuovo arrivato.
Sicuramente vi aspettavate di più, lo so ma abbiate pazienza, la storia è solo agli inizi.

Vi chiedo scusa per i possibili errori che potrei aver commesso e un grazie enorme a chi segue questa storia.

Vi ricordo che non so quando potrò pubblicare il capitolo successivo, spero comunque che vi sia piaciuto ^^
Alla prossima!

Quella fatidica panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora