Epilogo

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Era quasi autunno ormai.

Suoni ritmici riempivano il silenzio che dominava quei boschi, pronti per l'imminente inverno.

Una voce chiamò.

Da quella casa uscì un ragazzo che portò una cioccolata all'altro intento a tagliare la legna.

I suoni cessarono, lasciando il posto al debole fruscio delle uniche foglie ancora verdi.

I due ragazzi rientrarono in casa, dove un dolce calore era diffuso in ogni stanza, accompagnato da un leggero profumo di dolci.

Stava nuovamente tentato di fare i biscotti.

Da quando aveva scoperto che tra quelle pagine di diario vi era una ricetta, si era messo in testa di preparare qualunque cose ci fosse lì descritta e di riuscire a prepararla alla perfezione.

Per entrambi era difficile adattarsi a quella situazione, ma lentamente si stavano conoscendo, non solo dalle esperienze dirette ma anche attraverso le sue parole.

Era stato difficile far capire a tutti la situazione, ma fortunatamente ce l'aveva fatta.

Non solo aveva fatto tutto ciò che le aveva promesso, ma aveva onorato i loro momenti insieme facendo una delle cose più avventate che abbia mai fatto.

Ogni tanto, quando il maggiore si trovava da solo, ricadeva tra gli amari ricordi, che lentamente si trasformano in dolci pensieri. Sentiva che gli faceva meno male, ma questo dolore si attenuava lentamente, troppo lentamente.

Era passato più di due anni, ma i suoi progetti non erano finiti lì.

Certo, era riuscito a terminare gli studi nella metà del tempo, ma il mondo del lavoro era ancora più impegnativo e non gli permettevano di concentrarsi del tutto su ciò a cui teneva seriamente.

Inizialmente era andato a casa sua spesso, per poi andare al cimitero e starci a lungo, finché non diventava buio.

Dopo i primi mesi così, riuscì a limitare le visite a due, quattro giorni, per poi arrivare a una alla settimana senza andare da lei.

La sua vita era decisamente cambiata e doveva gran parte della proprio ripresa di vita, al ragazzo che sta volta si era dimenticato lo zucchero nell'impasto perché stava leggendo un libro che le piaceva molto e stava cercando di immaginarsi ciò che pensava.

Passava molto tempo nella stanza dedicata alle sue cose, imparando sempre più cose su come spendeva le sue giornate, cosa pensava delle persone che conosceva, ma la cosa più lo prendeva erano i suoi disegni: aveva infatti studiato ogni singolo disegno o schizzo, fino ad appassionarsi e decidere di voler imparare anche lui.

La signora Emmet andava spesso a trovarli, portando con sé qualcosa da mangiare, così che, man mano che entrambi imparavano a cucinare, potevano mangiare qualcosa che sapevano esser commestibile.

Quel pomeriggio si sentiva che erano rilassati, almeno più del solito.

Dopo aver mangiato quei biscotti ancora lontani dall'essere chiamati tali, uscì nuovamente, ma invece che riprendere ad occuparsi delle legna, alzò lo sguardo verso il sole che stava tramontando, mostrando in penombra l'oggetto che più la legava a lei.

Sorrise e si avviò verso l'altura, con passo lento, mentre vedeva sempre più il tramonto rivelarsi in tutta la sua magnificenza.

Appoggiò la mano sul legno e sospirò, per poi sedersi.

"Immagino che tu abbia già ammirato tanti tramonti da sola, come me in questo momento, ma avrei voluto tanto assaporarlo con te, non che non lo abbiamo mai fatto, ma ora questo posto è mio e sarebbe stato diverso, con te qui. Probabilmente avresti disegnato questo momento come uno dei tanti insieme. Sai, Daniel vuole diventare bravo come te a disegnare e credo che ce la farà, è determinato e molto bravo a imparare... Ok, forse togliendo la parte del cucinare."

Sorrise amaramente, prima di ritrovarsi a trattenersi dal lasciarsi andare. Di nuovo.

Stava nuovamente lottando per non crollare.

Dietro di lui c'era però il più giovane che aveva sentito quelle parole, che non voleva deludere nè la persona che lo tirava su di morale, nè la persona che lo ha salvato quando lei non poteva.

Fotografò quel momento nella propria testa, lo impresse a fuoco e un giorno, ne era certo, sarebbe riuscito a disegnarlo per lei.

Si avvicinò, facendosi sentire.

"Daniel, ti va di sederti qui con me per un po'?" chiese Caleb sorridendo, mentre Daniel si sedeva affianco a lui, su quella fatidica panchina.

E questa è la fine pietosa di questo libro pietoso!

Ok, seriamente parlando, questa storia è stata un po' avventata e inizialmente ho scritto proprio da schifo (non che ora sia cambiato molto, ma sh), ma questa storia era nata proprio per mettermi alla prova e migliorarmi e credo di esserci riuscita, in un modo o nell'altro.

Questa mia prima esperienza in questo mondo è stata dura e faticosa, ma ho imparato molto e spero davvero che la prossima storia sia su un livello superiore rispetto a questa.

Devo assolutamente ringraziare tutti voi per le tante visualizzazioni, per aver letto questa storia (che so esser stata scritta in maniera poco coinvolgente e poco dettagliata) e per aver sopportato me e le mie strane trovate nei vari capitoli.

Grazie e alla prossima!  

Quella fatidica panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora