Pov. Alexandra
Caricati i vari scatoloni con scritto sopra il loro contenuto o semplicemente dove deve andare, saliamo sull'auto e partiamo. Avevo disegnato la facciata della casa per ricordo, nonostante mamma mi abbia costretto a far una foto con lei proprio davanti ad essa. Eravamo riuscite a finire in tempo i vari lavori che ci eravamo prefissate , anche se eravamo stanche sia fisicamente che psicologicamente.
Guardo, per quanto si riesce a vedere con la luce del tramonto, nello specchietto retrovisore quella casa in cui ho sempre vissuto, che si allontanava da me, fino a scomparire.Sospiro e guardo davanti a me.
- Vedrai che ti piacerà anche la casa nuova - disse mia madre con tono gentile.
- Mh... certo.
- Devi solo adattarti.
- Lo so, tranquilla, lo capisco - aggiungo, cercando in tutti i modi di non pensare alla causa per cui abbiamo dovuto affrontare questa situazione difficile.
Lei annuisce e si concentra sulla strada, mentre la radio colma il silenzio che era sceso.Mi sveglio per via del leggero tocco sulla mia spalla e vedo mia madre sorridermi:- Benvenuta a casa, tesoro.
Ormai è già mattina e il sole mi riscaldava le gambe.Mamma si sposta dalla portiera aperta e mi mette di fronte a una villa di due piani, di un bianco perfetto, con enormi finestre e due balconate belle grandi.
Scendo dall'auto con gli occhi incollati su quello scenario.C'è un giardino con l'erba corta di un verde intenso, percorso da sentieri ricoperti di ghiaia di un castano talmente scuro da sembrare nero.
Prima della porta d'ingresso, c'è un porticato. La luce mattutina rendeva il posto molto piacevole e accogliente, ma la mia ansia era ancora presente.
Saliamo le poche scale e arriviamo alla porta d'ingresso, che viene aperta da mamma: all'interno si intravedono le forme dei mobili principali coperti da teli bianchi, il pavimento è ricoperto da piastrelle nere e le pareti sono bianche, con i battiscopa di legno nero. Una doppia scalinata è ciò che si vede oltre l'enorme salotto in cui si entra subito dopo aver varcato la porta d'ingresso, dietro alle scale c'è una parete completamente, anzi quasi, di vetro, diviso in più parti in modo da poter far scorrere le vetrate. Mi avvicino e comincio a spingere le spesse vetrate verso un lato in modo da far entrare l'aria; ora, in pratica, è come se non avessimo una parete della casa.
- Allora tesoro, che te ne pare?
Sto osservando gli alberi oltre a quel enorme prato, che mi ricordano proprio il bosco che avevo vicino alla mia ormai ex casa, quando le mie labbra cominciano a curvarsi verso l'alto e i miei occhi divorano tutto ciò che mi si presenta davanti.
- Mi piace.
Mi volto e le sorrido.
Sì, mi piace.Dopo che ci hanno scaricato tutti gli scatoloni all'ingresso e sotto il porticato, ci prepariamo a altro duro lavoro e come sempre io mi occupo dell'organizzazione.
- Allora ma', cominceremo con il togliere tutti i vari teli, aerare la casa, accendere gli elettrodomestici, spolverare e pulire i mobili già presenti.
- Mi sembra che sia da più di tre anni che non ci vive nessuno e il motivo credo sia il bosco troppo vicino a casa. Ah, vediamo di lavare anche i pavimenti che sembrano grigi invece che neri.
Annuì, per poi riprendere il discorso del bosco:- Fammi indovinare: anche a te preoccupa, vero?
- In effetti sì, ma ho intenzione di metterci una recinzione o qualcosa del genere, sai tanto per precauzione e poi renderebbe il giardino più bello, soprattutto se sarà di ferro, nero direi. Sarà perfetto con i vasi che ho.
Sorrido al pensiero di mia madre: è sempre a pensare allo stile, ma non la biasimo dato che ho preso da lei. Però... questo vorrà dire che non potrò accedere al bosco direttamente da qui... ma no, non posso fare sempre un giro più lungo per accedervi.
- Ma se io volessi fare delle passeggiate nel bosco... così non potrò andarci direttamente...
Lei si accigliò:- Tesoro, non credo sia sicuro.
- Ma anche prima io ci sono andata un paio di volte... - vedendo lo sguardo di mia madre accendersi dalla rabbia aggiungo in fretta e furia - con delle amiche... e ti assicuro che è veramente bello e rilassante e se poi se ci si va a correre è ancora più bello. Dovresti provare, anzi perché un giorno non ci andiamo insieme?
Lei ci pensa un attimo e sospira:- Va bene, farò in modo di farci mettere una porta o un cancello.
E anche questa è fatta.
Le sorrido radiosa:- Grazie ma'!
- Adesso però, vediamo di rimboccarci le maniche.Ci buttiamo entrambe su un divano bianco che ci era stato nascosto dalla vista dei teli di stoffa, ora in lavatrice, e sospiriamo. Gli elettrodomestici erano tutti in funzione, anche se dovremmo sostituirne qualcuno, i pavimenti sono ora puliti e splendenti, i lampadari spolverati e luccicanti, gli scaffali e i ripiani sono come nuovi. Pieno finalmente i polmoni di aria fresca, che porta con sé un leggero profumo di pino.
Era già ora di pranzo, infatti mamma si offre per andare a prendere della pizza e qualcosa da bere.
Dopo che lei si è cambiata ed è uscita, salgo le scale di destra ed entro nel corridoio dove ci sono quattro porte, la prima a destra la camera di mia madre, la seconda la mia; la prima a sinistra lo studio di mamma e la seconda e la terza sono le camere degli ospiti. La mia camera è la più grande e ha anche una cabina armadio e un bagno privato.
Abbiamo esattamente lo stesso numero di camere della casa precedente quindi non cambierà molto, a parte il fatto che la biblioteca sarà più grande.
Vado verso gli scatoloni e tiro in disparte quelle con su scritto "CUCINA, PRIORITÀ" e comincio a tirare fuori il minimo indispensabile.Dopo aver pranzato e ascoltato i racconti di mamma su come ha fatto amicizia con la donna che vive due case più in là, ci rimettiamo al lavoro.
Verso il tardo pomeriggio finiamo di mettere a posto il minimo indispensabile in cucina, nelle camere e in bagno.
- Per oggi basta, tesoro.
Annuisco.
Ho bisogno di una pausa.
Dopo essermi fatta una doccia veloce, mi affaccio nel salotto dove mia madre stava sistemando una lampada:- Esco a fare un giro, okay?
- Non allontanarti troppo.
- Sì, tranquilla.
Afferro la borsa ed esco, incamminandomi verso il bosco. Comincio a sentire il tipico profumo del bosco, il silenzio interrotto solo dagli insetti.
C'è un po' di fresco, così comincio a correre per riscaldarmi. Schivo gli alberi, uno dopo l'altro, salendo e scendendo in base al dislivello del terreno. Gli alberi sono maestosi, verdi e vivi. Più vivi delle persone del giorno d'oggi, passive e noncuranti di ciò che le circonda.
Mi blocco, intravedendo una parete ripida lateralmente, molto famigliare.
Trattengo il fiato un secondo, prima di correre verso quella roccia ricoperta in alcuni punti da muschio.Con il respiro leggermente accelerato arrivo in cima. I miei occhi osservano quel magnifico posto che pensavo di non vedere più, ma...
Di chi accidenti è quella testa?! Chi è che ha scoperto la mia panchina?
Quel qualcuno si alza, ormai è quasi buio e non vedo bene chi accidenti è questo burbero usurpatore di panchine!
Si gira ma non riesco a vederlo bene...
Il tempo alla nuvola di levarsi dalla fonte di luce in via di tramonto e l'unica cosa che riesco a dire è:- Non ci credo.Ave gente! Okay... lo so, lo so... * si sta tauando in testa RITARDOOO *
Bene, tornando ad essere normali... Ahem allora, credo che voi, menti evolute e raffinate (?), avrete capito chi è il tizio sulla panchina... vero? Vero? VERO?
Beh comunque vada, lo scoprirete nel prossimo episod- ahem, nel prossimo capitolo.Un grazie per tutti i lettori e per chi lascia una minuscola ma importante stellina.
Alla prossima!
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Quella fatidica panchina
RomanceQuando voleva allontanarsi dal caos della città, dalle persone superficiali e immergersi totalmente in sé stessa, bastava che si dirigesse verso il bosco lì vicino, immenso e vivo come nessuna persona poteva essere, silenziosa come solo la natura po...