VECCHIE CONOSCENZE (8-756 E.I.)

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Era l'ennesima volta che la portavano al Palazzo di Giustizia. Evidentemente avevano ricevuto istruzioni di tenerla proprio d'occhio, in quel primo anno. Fortunatamente, la situazione, per lo più, finiva con una notte in cella e nessun'altra conseguenza. I reati che cercavano di accollarle, o di cui pensavano potesse avere notizie, non la coinvolgevano, ma non era mai tranquilla: l'avrebbero potuta comunque incastrare, se solo lo avessero voluto, ad esempio anche per quei due stronzi cui aveva rotto una gamba.

Era stata quasi presa dal panico la prima volta che l'avevano bloccata in malo modo e con lo stesso garbo, l'avevano sbattuta in guardina con altre tre sospettate. Essere di nuovo rinchiusa, in arresto, l'aveva spaventata più di quanto si aspettasse. Era riuscita ragionevolmente a non darlo troppo a vedere, e la vicenda si era risolta in poche ore: avevano fermato tutte le persone segnalate, o con dei precedenti, del quartiere, non si sapeva bene nemmeno perché: forse solo per mostrare efficienza a qualcuno. Però una buona metà dei sospettati era risultato implicato in qualche delitto ed ecco che avevano raggiunto la quota di arresti del periodo.

In seguito c'erano stati altri episodi del genere, sempre senza conseguenze.

Tuttavia, in questi giorni c'era decisamente più movimento del solito. Erano giunte notizie di un eccessivo numero di decessi, anche per Scintilla, nelle sezioni più malfamate della città. La polizia locale si era sentita in dovere di intervenire più efficacemente e aveva compiuto numerosi arresti. Madalen aveva accuratamente evitato, quando si era accorta della spinosa situazione, di passare dalle zone più pericolose.

Con poco garbo, come il solito, i due sbirri la chiudono in una delle celle di transito. Pochi minuti dopo è già entrato il poliziotto che l'aveva già interrogata in passato, stavolta con un atteggiamento più minaccioso. Come servisse: per farle confessare reati che non aveva commesso, avrebbero dovuto usare ben più che un manganello, ma forse quest'uomo non aveva le idee chiare.

L'uomo le pone qualche domanda mirata, con le quali ovviamente non ottiene nulla - non c'è niente da ottenere - poi, mentre si allontana, rivela: «C'è qualcun altro che vuole interrogarti, molto più esperto di me, devo ammettere.»

Madalen è scossa da un brivido.

Passano alcuni minuti, Madalen sente lo scatto della serratura: si aspetta che entrino i soliti due e di venire spostata in una delle stanze per l'interrogatorio, invece, scorge una familiare, statuaria, figura che entra.

Istintivamente si alza in piedi, ma non sa bene come comportarsi, così esegue un piccolo inchino:

«Comandante.»

La splendida donna non nasconde la soddisfazione: finalmente, la ragazza la rispetta e un po', probabilmente, ancora la teme.

«Buongiorno, Petersen.»

Rimangono entrambe a osservarsi per qualche istante.

Che cosa è venuta a fare? Non può essersi spostata per lei, è assurdo, è un viaggio lungo per una sciocchezza del genere, anche se sa che, nel caso subisse una nuova condanna detentiva, tornerebbe sicuramente alla fortezza: la Reinhart glielo ha promesso, più o meno.

«Passi spesso la notte qui, mi hanno riferito» inizia Vera Reinhart, con inflessione sarcastica.

«Evidentemente pensano che io abbia fatto qualcosa di terribile, in prigione, per meritarmi la sorveglianza per un anno.»

«E non è così?» risponde, ironica, la donna.

«Non credo sia il caso, per me, di rispondere: qualcosa mi ricordo» ribatte Madalen e poi aggiunge «ma è qui per me?»

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