CONOSCI IL TUO NEMICO 2^ parte: Madalen Petersen (12° giorno di reclusione)

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È arrivata da più di dieci giorni. Le altre detenute la considerano un pericolo: l'informazione della sua provenienza è stata fatta circolare con cura. Ha subito diverse aggressioni fisiche e verbali. Si è difesa, ma non ha mai né reagito né chiesto aiuto: non è particolarmente peggiore dell'addestramento a scuola, specialmente se la badessa era contrariata.

Così si sorprende, quando Edith si avvicina per parlarle mentre è semi nascosta in un angolo del cortile, poco prima dell'orario di rientro nelle celle. Anche se è la stagione calda per Plane Glacia, il freddo è pungente. Questo è il miglior deterrente alla compagnia che Madalen abbia trovato. Prima di cominciare a parlare, Edith si guarda intorno qualche istante, facendo scorrere lo sguardo sul perimetro dell'ampio spiazzo delimitato dall'edificio delle celle e quello dalle aree comuni. Al di là delle strutture, a un singolo piano, emergono minacciose le mura di cinta e sono ben visibili le postazioni delle tiratrici. Il cortile è percorso da figure anonime, vestite tutte della divisa carceraria grigia chiara, con il viso coperto dai cappucci per proteggersi dl vento penetrante. In mezzo a loro le militari spiccano, impettite nelle divise verdi, apparentemente incuranti del clima, mentre seguono con lo sguardo il flusso silenzioso delle recluse.

Per un attimo Madalen ha la sensazione che Edith trovi quest'ambiente rassicurante. Ma deve essere una falsa impressione.

«Mi chiamo Edith: sono una truffatrice e una falsaria» si presenta orgogliosamente. «Volevo conoscerti. Non ti ho inquadrato: ti muovi come un soldato o un poliziotto, ma è come se te ne vergognassi. Non hai mai reagito nel modo in cui ci aspettavamo e non sappiamo più cosa pensare. Molte credono che tu sia una spia, ma ora non sono più così sicure. Perché sei stata condannata per furto, mentre è evidente che hai l'addestramento dell'Alto Clericato? Perché sono giunte delle voci che la tua colpa sia molto diversa?»

Edith sorride, rilassata, con acuti occhi azzurri che esprimono divertimento e curiosità. Con la mano destra si sfiora i capelli corti ma delicatamente ricci e ordinati. Il contrasto con il taglio maschile e sgraziato di Madalen è netto.

«Voci? Quali voci?» adesso ha attratto la sua attenzione. Come fa la donna a sapere queste cose?

«Una donna arrivata ieri da Varha, una poveretta, recidiva. Ha riferito di un Tribuno eccezionalmente giovane di cui si raccontava nel suo quartiere: aveva lasciato fuggire una sua conoscente che aveva rubato un gioiello. Si lamentava di aver avuto sfortuna.»

«Ah sì? E tu le credi? Hai appena detto che è una poveretta» ribatte Madie.

«Perché racconterebbe una storia così inverosimile se non la ritenesse vera? Io conosco la gente: se la vuoi ingannare, la devi conoscere. Penso che la ragazza di cui si parla sia tu. Non eri un Tribunus perché loro risolvono le cose tra di loro, non finiscono mai tra i detenuti comuni. Quindi eri ancora una studentessa, ma non piacevi a qualcuno o, forse, hai fatto un'enorme stupidaggine: ad esempio, aiutare una persona, che aveva commesso un reato, con dei testimoni.»

Madie guarda la donna sbalordita e annuisce: « Se lo racconto, non mi crederà nessuno.»

«Non lo devi raccontare» risponde Edith. «Lasciamo girare le voci, poi capiranno, anche dal tuo atteggiamento, che sei una di noi; che combatti un potere; e la loro ostilità, in gran parte, smetterà.»

È già buio. Un urlo agghiacciante viene dall'esterno in lontananza e si prolunga abbastanza da penetrare a fondo nell'animo delle due donne, scuotendolo come foglie nel vento.

«Che cosa c'è la fuori?» chiede la giovane.

«Creature. Il recinto le tiene lontane, mentre chiude noi dentro. Siamo in una zona selvaggia.»

Un breve silenzio cala sulle due donne, mentre portano l'occhio della mente oltre le minacciose mura che le imprigionano; il pensiero alla ricerca del profumo della libertà. Madalen ha udito molte voci preoccupanti nei discorsi delle altre recluse, durante il lavoro.

«Ma è vero, come si racconta, dell'abbandono di qualche detenuta, fuori, per essere uccisa o morire di freddo?»

«Sì, anni fa è accaduto, un paio di volte. Dall'arrivo della Comandante Reinhart non è più successo. Non fraintendermi cara, non sto sostenendo che sia meno temibile o più clemente delle persone che l'hanno preceduta: solo considera l'esecuzione delle recluse una sconfitta. Ritiene ogni vita utile a servire all'Impero, e che a uccidere ci pensino già gli alieni.»

Edith sospira, poi prosegue: «La direttrice ci giudica anime perse da redimere: il suo scopo è riportarci all'interno della legge o mediante la nostra rieducazione, tale da convincerci di avere sbagliato o, più spesso, tramite la paura. Una paura che ci renda impossibile perfino immaginare di andare di nuovo fuori dal seminato, pensare, ribellarci. Se arriva a uccidere, significa che non è riuscita a soggiogare la nostra volontà: non lo considera accettabile.»

«Ma la Comandante è qualcosa di più che un alto ufficiale della Milizia Imperiale, vero?»

«Nessuno lo sa con certezza. Forse è meglio così.»

«Ma perché rimane qui, se è così importante?»

«Tesoro, Vera Reinhart non è giovane come sembra: è troppo esperta. E poi, questo lavoro le piace, te ne accorgerai presto: lo considera una missione. Ed è per questa ragione che devi stare molto attenta. Se quello che si dice di te è vero, e io credo che lo sia, sei una sfida veramente interessante per lei. Sono certa che stia già facendo le sue ricerche per capire cosa sia accaduto, quindi a breve scoprirà di avere a che fare con qualcosa di ben diverso da una criminale comune e farà di tutto per sottometterti, per toglierti l'atteggiamento sicuro con cui giri ora.». La voce ora morbida e rassicurante di Edith contrasta con lo sguardo malizioso di un attimo prima.

«Ma io non mi sento per niente sicura!»

Edith abbozza un sorriso. Si avvicina a Madalen sfiorandole le mani.

«Perché pensi che il Comandante non sia una semplice ufficiale dell'esercito?»

«Perché ho avuto l'impressione di qualcosa di nascosto sotto la superficie.» La Comandante ha qualcosa di familiare nel suo atteggiamento. Qualcosa che Madalen sa che dovrebbe riconoscere, ma che non riesce a focalizzare.

«Ecco: è esattamente la stessa cosa. L'hai vista solo pochi minuti e lo già hai notato. Per te è uguale, per chi sa dove guardare. La conoscerai presto, dopo che ti avrà studiato un po'. È successo a tutte, di solito entro un paio di settimane; aspetta di capire come siamo fatte: se siamo lavoratrici o pigre, aggressive o pacifiche, ribelli o remissive. Poi, porta il suo primo feroce attacco ai nostri punti deboli.»

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