AMICA O NEMICA? (37° giorno reclusione)

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Nonostante le rassicurazioni di Edith, l'unica detenuta a non temerla e a cercare la sua compagnia, la situazione a un mese dall'arrivo non sembra migliorare. Le voci che la vedevano come una di loro, contro il sistema, spariscono in un battito di ciglia, mentre circolano sempre quelle che la definiscono come un'infiltrata. Le altre la considerano uno sbirro, una nemica. Alla luce di quello che è diventato evidente pochi giorni prima, Madie pensa che in questo ci sia lo zampino della Reinhart.

Le recluse più litigiose, spesso in coppia, colgono ogni occasione possibile per attaccarla, sempre con maggiore sicurezza. Nemmeno le secondine sono dalla sua parte, stranamente non notano mai quando Franziska la fa inciampare sul sottile ma infido, strato di ghiaccio nel cortile e neanche quando viene palesemente aggredita.

Difendersi senza rischiare di essere lei stessa punita ormai sta diventando impossibile: l'addestramento è utile, ma le sue avversarie si stanno facendo sempre più imprevedibili. Deve ottenere il loro rispetto, e se dovrà farlo con le maniere forti, così sia: non si è lasciata condannare per un crimine che non ha commesso per farsi ammazzare dalle detenute.

Madalen percorre a larghi passi il cortile per arrivare alla fabbrica. La sua giovane età è evidente, ma si guarda intorno con l'attenzione che si rivolgerebbe a un avversario. Le risatine, le smorfie strafottenti delle recluse che la odiano apertamente se la feriscono non lo dà a vedere. Come non dà a vedere lo sfinimento delle lunghissime ore di lavoro, spesso aumentate da ricorrenti sanzioni. Non fa in tempo a rendersi conto di un movimento furtivo alle sue spalle prima che sia troppo tardi.

Sono in tre.

In Madalen l'istinto prende il sopravvento: sa come affrontare avversari in sovrannumero ma non addestrati e disarmati e poiché si è difesa malamente nell'ultimo mese, rientrando nella sua cella sempre ammaccata, sicuramente la sottovaluteranno.

Combattere è sempre stato la sua vita. Le avversarie si sono schierate una a fianco all'altra con il volto contratto e si stanno scambiando occhiate d'intesa. Le loro divise vicine formano un tutto unico di un grigiore anonimo, spezzato dal rosa delle mani vicino al petto con i pugni serrati. La ragazzona bionda la scruta sogghignando con i suoi occhi verdi fissi su di lei. Si sta spostando in centro allo schieramento ed è avanzata di un mezzo passo, mentre le sue braccia lunghe si sporgono verso Madalen. Il peso della bionda è tutto sulla gamba flessa, tremante in preparazione allo scatto. È sbilanciata, vuole usare il suo peso come arma.

Lo schiocco di una caviglia lussata si distingue nitidamente nella mattina limpida. Gli strilli acuti dell'avversaria distraggono le altre due contendenti dal combattimento: una preferisce darsela a gambe, la seconda paga la sua esitazione con un atterramento e si trova le mani di Madalen, scivolata agilmente via prima che la bionda le rovinasse addosso, intorno al collo. Il viso della vittima diventa improvvisamente cinereo e le secondine sono costrette a intervenire.

In totale silenzio, bloccano le braccia di Madalen e, dopo averla tratta in piedi, la pestano con i manganelli fino a che non si accascia al suolo incapace di muoversi.

Ma qualcosa è cambiato.

La mattina dopo, mentre attraversa lo spiazzo, zoppicante, temendo di essere di nuovo aggredita, si accorge che la scrutano perplesse e parlottano sottovoce: non solo ha dimostrato di essere un'avversaria che gran parte di loro, non colpevoli di crimini violenti, non sono in grado di gestire, ma il pestaggio subito e l'essere stata rimessa prontamente al lavoro dimostra che non è tanto nelle grazie della direzione carceraria come sospettavano.

L'ostilità più conclamata smette, ma Madie sa di dover continuare essere prudente. Adesso, però, rileva che le militari intervengono sempre, durante le risse più violente: la sensazione di essere completamente indifesa, quindi, era falsa. È parimenti evidente che, fino al momento in cui ha reagito e l'hanno picchiata, le guardie dovevano aver avuto disposizioni di lasciare correre un po', ma sospetta che non avrebbero consentito loro di arrivare a ucciderla. Intendevano dimostrarle con che feccia si fosse andata a mischiare con la sua azione, che genere di errore di valutazione avesse commesso.

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