RITORNO (1.631° giorno di reclusione)

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Sono passati settantacinque giorni quando Vera Reinhart rientra a Officina Redentionem. La sua presenza viene notata immediatamente, chi non l'ha incrociata si è comunque accorta della luce accesa nell'alta struttura dove sanno avere i suoi alloggi.

L'altro particolare che sia i militari ma, soprattutto, le detenute, notano è che la sua espressione, per quanto sempre temibile, non è più quella da furia vendicatrice con la quale l'hanno vista l'ultima volta.

La Comandante non perde tempo: è ritornata da meno di un'ora a quella che sente come la sua fortezza, che ha già sotto gli occhi il rapporto degli avvenimenti degli ultimi mesi.

Non ha mai dubitato delle capacità di Tania Wolf, che ha scelto personalmente quasi otto anni (otto anni? Così tanti?) prima, quando era ancora tenente, ma si accorge con soddisfazione che ha gestito la situazione meglio del previsto. Non era facile ridare completa credibilità alla struttura di comando, specie in sua assenza, pur lasciando che la tensione accumulata si allentasse.

Il maggiore sono anni che la serve fedelmente, si sorprende che non abbia mai sentito questo incarico come limitante e non abbia mai mostrato desiderio di tornare a una posizione più tradizionale. È davvero destinata a succederle. Dovrà solo ricordarsi di non tenerla maggiore per sempre.

Le strappa una risata la parte dedicata alla notte brava delle caposquadra, che il maggiore stessa ha selezionato con cura e indirizzato come voleva: deve esserle sembrato un affronto personale.

Le piacciono molto meno alcune annotazioni sugli uomini in appoggio durante le indagini: non tutti si sono comportati onorevolmente con le detenute, ma hanno smesso appena Tania Wolf ha mostrato loro che non era né debole né tollerante.

Solleva un sopracciglio quando, infine, trova le osservazioni del loro capitano, che dal suo punto di vista, osservava il modo inappropriato, nonostante il timore, con il quale alcune recluse, una in particolare, avevano risposto loro. Sicuramente anche i militari non erano esenti da colpe, ma le detenute avevano avuto ordini tassativi.

Si era illusa di essere arrivata al dunque con lei, dopo che stata così sincera. Dopo che aveva scelto per sé la punizione più dura, ma che non minava il suo orgoglio e non quella più sopportabile, ma che la faceva dubitare di se stessa e così facendo le si era affidata completamente.

Da quel momento, aveva deciso di rispettare il suo coraggio e di non infliggerle più la punizione che tanto detestava, salvo che, ovviamente non superasse di nuovo tutti i limiti, costringendola a metterla in uno stato di prostrazione dal quale non sarebbe più uscita. Ma riteneva non sarebbe più successo.

Però Madalen aveva commesso un errore quando si era ribellata al capitano Tennent e senza dubbio lo sapeva: era stata estremamente chiara quando le aveva spiegato che obbedire non era un'opzione, non dipendeva dal fatto che rispettasse o meno il suo interlocutore. L'ordine di mantenere la disciplina, poi, era venuto dal maggiore Wolf, quindi era come lo avesse dato lei stessa. Non poteva farle passare lisce le alzate di testa, erano troppo pericolose adesso che era evidente che gestiva meglio la paura.

La ragazza doveva capire che Vera Reinhart è instancabile. Ha giusto giusto da testare pochi pezzi di una versione più rara delle cavigliere di contenzione già in uso, utilizzate per lo più per scopi più crudeli che impedire a delle detenute di andare a morire di fame e di freddo oltre il muro di cinta.

ANCORA DISCIPLINA (1.634°- 1.681° giorno di reclusione)

                                 DALL'ALTO

«Si comporta bene adesso» afferma una voce, forse Michaels.

«Sì, ma non è ancora completamente domata» risponde Vera Reinhart.

«Da cosa lo capisce?»

«Lo so. Lei è come me. Ma non ho ancora concluso. E poi non mi è piaciuto ciò che ha riferito il capitano Tennent.»

«Avevano le mani lunghe prima che il maggiore chiarisse chi comandava qui» spiega Michaels.

«Non importa. Non si deve permettere.»

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