Capitolo 6

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Volevo parlare con Finnik: ma cosa avrei potuto dire? Così iniziai semplicemente dicendo. "Ho avuto una giornata davvero terribile il professore ci ha riempito di compiti e ho rischiato di prendere un 3!" ma lui, ovviamente, non se la bevve. "Dimmi la verità, Marti. Che succede? Perché sei così sconvolta?" non sapevo cosa dirgli e avevo paura di perderlo così gli dissi la verità.

"Non posso dirtelo. L'ho promesso."

"Ehi. Non importa, io ci sono, piccola, qualunque cosa accadrà io resterò accanto a te." A quel punto non potei sopportare oltre, affondai la testa contro il suo petto e piansi. Lui mi strinse forte e non disse nulla perché sapeva che in quel momento non sarebbero servite parole. Ma, ovviamente, Finnik era preoccupato per me e, per tutto il tempo che rimase da noi, non fece altro che lanciarmi strane occhiate che mi facevano venire un nervoso! Ad un certo punto durante la cena mia madre ci lasciò soli e Finnik ne approfittò per parlarmi.

"Marti, io ti voglio aiutare: ma non posso farlo se non mi dici che succede."

"Ma niente, non è successo niente di che te l'ho detto..." dissi evitando di guardarlo negli occhi.

"Perché non vuoi dirmi la verità?!" sbraitò.

"Te l'ho detta la verità...i-i-" dissi sull'orlo delle lacrime.

"No, non è vero! Perché mi hai chiamato se poi non mi vuoi dire che succede?! Non ti fidi più di me forse?!" era fuori di sé.

"Certo che mi fido, Fin, ma a-ascol-" ormai le lacrime erano scese e non c'era più modo si fermarle: non potevo credere che stesse succedendo davvero.

"No! Non è vero! Se no me lo diresti!" persi la calma e lo attaccai.

"Perché devi sempre starmi addosso?!"urlai, sbattendo le mani contro il tavolo: non volevo litigare ma...

Lui mi guardò stranito quasi non credesse che stessi piangendo e fossi arrabbiata allo stesso tempo.

"Sto solo cercando di aiutarti!" con il tono già più smorzato.

"Be' io non lo voglio il tuo aiuto! Non ho bisogno di un <<angelo custode>> che mi sta con il fiato sul collo tutto il tempo!" urlai enfatizzando "angelo custode".

"Ah adesso sarei un impiccione?!" anche lui ora era sull'orlo delle lacrime.

"Ma non lo so! Se te lo dico ci sarà un motivo?! Forse che insisti in continuo??"

In quel momento arrivò mia mamma: "Tutto bene qui?"

"Sì, signora, grazie per la cena ma ora devo andare..."

"Sì bravo vattene! Non farti più vedere! Sparisci dalla mia vita!" e così lui se ne andò, sbattendo la porta.

Me ne andai in camera e piansi.

Non sapevo neanche perché gli avevo detto quelle cose in realtà...forse volevo difenderlo...forse era meglio così...meno cose sapeva meno c'era il rischio che "il mostro" impossessato di Angelina gli facesse qualcosa. Almeno così pensavo...

**********

Martedì avevo paura ad andare a scuola. Ero appena uscita di casa quando Benny mi chiamò. "Pronto?"

"Marti, il padre di Angy mi ha detto che Angelina sta iniziando a mangiare carne viva: non possiamo portarla a scuola." come faceva a sapere di Angy?

"E allora come facciamo?" chiesi. Non riuscivo a pensare che in pochi giorni avessi perso i miei due migliori amici.

"Faremo i turni per stare con lei, oggi ci sto io."

"E con i nostri genitori?"

"Le giustifiche dici? Oh non ti preoccupare so io come fare."

"E come?" avrei tanto voluto essere già maggiorenne...

"Avremo un falso certificato che dirà che saremmo costrette a saltare ogni due giorni la scuola, per problemi di salute: ce li ho già in borsa, mi serve solo la firma di tua madre, presa da un voto ad esempio."

"Okay. Te la porto oggi. Ci sentiamo."

"Ciao."

Chiusi la comunicazione.

E con quella anche la mia vita.

Iniziava la parte difficile.

**********

A scuola fu davvero difficile restare concentrata e, soprattutto, non inviare un messaggio a Finnik spiegandogli tutto. Durante l'intervallo lo vidi e dovetti fare uno sforzo immane per girarmi dall'altra parte e stare con le mie compagne.

Passi. Si avvicinavano, per un attimo, credetti si trattasse di Finnik, ma quando mi girai mi accorsi che era solo il professore di letteratura, abbassai gli occhi e cercai di pensare che forse fosse un bene che non venisse più da me. Forse.

Eppure...

Ad un certo punto sentii un formicolio alla nuca come se fossi osservata da qualcuno. Mi girai di scatto. Il corridoio era deserto.

Eppure...

Eppure mi era parso di vedere un'ombra dietro l'angolo, ma non avevo tempo di controllare: la campanella era squillata da un pezzo.

**********

"Ehi, Benny."

"Dimmi." stavo uscendo da scuola e sapevo di dover dare il cambio a Benedetta.

"Dove l'hai nascosta?" sussurrai.

"Nel vecchio cimitero."

"Perfetto! Nessuno ci verrà a cercare lassù, convinti che sia infestato..."

"Da una macchina assassina, ora." concluse...Una che?!

"Arrivo subito."

Poco dopo Martina si stava inerpicando sulla collina del vecchio cimitero. Aveva proprio scelto bene Benny, lassù nessuno le avrebbe cercate: neanche Finnik.

Eppure...

Martina trovò Benedetta e Angelina all'interno di un sepolcro mal sigillato dietro la collina, da dove non si vedeva la strada principale. Appena arrivata sentì Benedetta urlare.

Si mise a correre e spalancò la porta del sepolcro.

"Che succede?!" chiese a corto di fiato.

Ma non ebbe bisogno di spiegazioni. Angelina era dall'altra parte del sepolcro. I suoi capelli le si erano imbrattati di una sostanza viscosa ed erano tutti aggrovigliati; una delle sue mani era sporca di terra e completamente avvizzita, mentre l'altra era robotica con lunghi artigli pronti a squartare chiunque fosse alla sua portata; la sua figura, un tempo bella ed elegante, ora richiusa in se stessa, formando una gobba sulla schiena. La cosa peggiore fu il viso: i canini ormai toccavano il mento e dalla bocca usciva un rivolo di sangue(?) Martina ci avrebbe giurato. E gli occhi. Dio gli occhi! Erano di un colore così melmoso da sembrare una poltiglia fangosa schiacciata da un tacco di stivale: ma la cosa peggiore non era il loro colore, ma quella lieve patita stesa sopra dando loro una vacuità innaturale, uno sguardo perso. Sottomesso.

"Benny ma che è successo?!?" urlò Martina.

"Credo che la trasformazione stia accelerando..." mormorò l'amica con un'aria sconvolta.

"Va bene." disse "che si fa?"

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