«Che cosa vuol dire?», chiedo, mentre i miei occhi faticano a restare aperti.
«Tu cosa credi voglia dire? Perché pensi che le anime scelgano il buio?», dice la voce. Per un attimo non riesco a ricordarmi di chi sia.
Scuoto la testa, mentre le parole mi affollano la bocca: «Non lo so. Forse a volte si sceglie il buio perché si soffre. Forse no. Forse, la maggior parte delle volte, scegliamo di lamentarci della nostra sofferenza, ma ce la teniamo ben stretta. Non la vogliamo mai veramente abbandonare. Così qualcuno ci può vedere, può accarezzarci, accorgersi di noi»
«Oh, come sei ingenua, bambina mia!», dice ridendo Miss Web, «La maggior parte delle volte non si sceglie il buio perché si soffre, sai? Si sceglie il male, perché il male ci fa sentire potenti! Com'è sublime vedere il terrore che riusciamo a far emergere negli occhi dell'altro! Quale dolcezza è racchiusa nel sentire che, con una sola parola, hai la possibilità di scatenare il caos, manipolare, distruggere! Oh, sì! Quali tremiti! E allora ti senti così grande, che non hai più paura di niente. Perché sei tu il mostro che si nasconde nel buio e nessuno può più farti del male! Non hai più nulla da temere. Non c'è più nulla da cui devi difenderti»
Ogni cosa inizia a sbiadire, le cornici, il tappeto, le enormi zampe meccaniche, Luce...
Luce.
Vedo solo i suoi capelli rossi e la sua bocca muoversi lenta.
Qualcosa risuona violento nel mio cuore.
È il richiamo di quel buio che so di contenere. Quello che a volte mi cinge silenzioso, sussurrandomi che non c'è più nulla da fare, se non lasciarsi cadere. Sento mille voci vorticarmi nella testa, come fantasmi assetati, mentre una sola immagine allarga le braccia nella mia mente: è un ricordo.
Samuel ha fatto cadere uno di quei vasi che a papà piacciono tanto. Vuole essere sgridato. È stanco di essere invisibile. Ma papà rimane qualche secondo sulla soglia di casa, lo guarda immobile e poi si chiude la porta alle spalle, senza dire una parola. Vedo i piccoli piedini di Samuel calpestare rabbiosamente i vetri. Sembrano fragili cuori che urlano su schegge di dolore. Il panico mi cerchia la testa mentre corro da Samuel. Ho paura si tagli, si faccia del male. Ho paura di odiare mio padre. Ho una paura incontrollabile di oltrepassare il confine che mi separa dalla disperazione. Ho una voglia incontenibile di piangere, ma la rabbia è tanta che si spinge ancora oltre e qualche cavo dentro di me si scollega.
Non vedo più niente.
Le tenebre sono tante che mi stringono la gola, mentre divento improvvisamente fredda, oltre ogni misura.
La teiera trema violentemente tra le mie dita, ridestandomi con una scossa quasi elettrica. Basta un secondo perché i miei polpastrelli affondino nella porcellana, come se fosse fatta di burro e poi sento la teiera schiantarsi a terra.
E forse è totalmente fuori luogo, ma proprio in quel momento penso che è solamente quando si è conosciuto bene il proprio buio, che si riesce a riconoscere e a difendersi dal male esterno.
Sento la voce di Miss Web innalzarsi in un grido stridulo, mentre tra i cocci di porcellana bianca inizia a respirare una grandissima ombra, che s'innalza fin quasi al soffitto.
La malattia di Luce ha un aspetto singolare.
Sembra quasi portare una maschera dal naso allungato (che mi ricorda i Medici della Peste), ma indossa anche un grande copricapo in testa, formato da lunghi cucchiaini a raggiera che la rendono simile a un dio della notte.
È la seconda volta che la vedo, eppure nonostante il terrore, scorgo in quest'ombra anche qualcosa di bellissimo. È un qualcosa di squisitamente umano, una commozione agrodolce che appartiene alla nudità della sofferenza.
Nel silenzio più completo, l'ombra scivola veloce dentro il quadro raggiungendo Luce, che con tonfo sordo viene scaraventata fuori dalla tela, riacquistando un corpo.
A quel punto il tempo accelera.
Le zampe meccaniche di Miss Web mi raggiungono veloci, ma alte fiamme improvvise l'arrestano, deformandole il viso con un grido, sciogliendo gli occhi neri sulla bocca sottile. L'odore di carne bruciata si mischia allo scricchiolio del fuoco, che continua a invadere il corridoio, incendiando le pareti e le cornici dei dipinti, che ardono come strani gioielli.
Indietreggio spaventata, trovandomi bloccata con le spalle al muro.
Non capisco cosa stia succedendo.
Quando mi rannicchio, vedo tra le fiamme emergere Luce che, tremante e con lo sguardo pieno di livore, stringe il candelabro in una mano e, dall'altro lato sostiene a stento il grosso corpo di Didì.
«Andiamocene di qui», urla poi nel crepitio del fuoco.
Mi alzo piangendo e stringo Didì, che tiene gli occhi socchiusi e continua a tossire.
«Come facciamo ad andarcene?», grido a fatica, mentre mi metto un braccio di Dalila sulla spalla, aiutando Luce a sostenere il suo enorme peso.
«Il Sanatorio prende forma dai nostri desideri nascosti, dalle paure, dai ricordi. Da tutte quelle cose che non controlliamo, sotterrate nelle nostre menti. C'è solo un modo per uscire», dice infine la ragazza con una tempesta negli occhi.
♥♥♥
STAI LEGGENDO
Ciscandra - Il Mondo Bipolare || 1° Libro
FantasyImmagina un viaggio onirico in una dimensione parallela, ispirata alle malattie mentali. Questo è quello che dovrai affrontare insieme a Ciscandra. Solo così potrà svegliarsi dal coma che la imprigiona in un sogno senza fine. Esplora i paesaggi surr...