13. La Regina Bipolare

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«Luce!», il grido di una bambina, sorpreso e arrabbiato, ci stringe in una morsa.

Nella stanza, che i miei occhi riescono a mettere a fuoco solo un po' di tempo dopo, ci sono diverse cose che catturano la mia attenzione.

La prima cosa di cui mi accorgo è che siamo in una grotta circolare. Numerose porte, nascoste da sipari rossi, scandiscono regolarmente i muri intorno a noi.

La seconda cosa, è che c'è un enorme albero in fondo alla stanza, un albero con tanti piccoli occhi scattanti. Ai rami, contorti e nudi, sono appese le stesse lanterne colorate che ho visto indossare alla creatura muta. Le enormi radici dell'albero invece invadono l'intera grotta, spaccando il pavimento in più punti.

Ai lati della pianta sostano ritti e immobili file di Stabilizzatori, con le loro armature scintillanti e strette bende a coprire i loro occhi.

Sono spaesata da tutto quello che vedo, ma lo sono ancora di più dal trono scolpito nel cuore dell'albero, ricoperto di foglie autunnali e fiori ormai marci, sopra il quale sta in piedi, con le mani sui fianchi, una bambina con un mantello troppo lungo.

«Oh, Luce, Luce, Luce! Non sai che dolore mi hai procurato! Tu, che eri dotata di un talento così inestimabile!», dice, coprendosi il viso e scuotendo fortemente la testa.

Guardo Luce alla mia sinistra con la coda dell'occhio, per scoprirla immobile e fiera, con il mento leggermente alzato e gli occhi fissi oltre la regina, forse verso l'albero.

«Non so, forse era perché eri la mia preferita, con quel talento di far sanguinare ogni tuo sguardo!», le mani della bambina ora scendono sul petto, come se volessero custodire nel cuore un sogno malato ormai perso per sempre.

Non so se quello che mi dà i brividi sia la voce del suo piccolo corpo in contrasto con le movenze adulte, o lo sguardo arrabbiato che indossa, come se il suo più bel giocattolo si fosse rotto e questo significasse dover far soffrire qualcuno ora.

«Ma!», dice poi, balzando dall'alto trono con un saltello, «Ciò che hai fatto è imperdonabile. E devi esser punita. Pensavi che non mi fossi accorta che qualche squallido relitto di questo sanatorio ti avesse aiutato a scappare? Ti ho lasciato andare, desiderosa che Miss Mechanical ti sanasse con i suoi preziosi insegnamenti! Pensavo avresti potuto riguadagnare lo splendore che avevi una volta, donandomi ancora insaziabili scenari di controllo perso, risate frenetiche e disperazione, così... oh! Così dannatamente eccitanti!»

Quella che capisco essere la Regina Bipolare avanza verso di noi con grandi passi, e anche se Luce tiene comunque lo sguardo fisso davanti a sé, la sua voce non ha comunque il coraggio di ribattere.

La regina è una bambina magra e dal viso asimmetrico, come un dipinto di Picasso lasciato incompiuto. I suoi capelli, così chiari da sembrare quasi bianchi, sono cotonati in una massiccia pettinatura intrecciata sopra alla sua testa.

A pochi metri da noi, quando devo abbassare la testa per guardarla bene negli occhi, penso che non ci sia altro che può stupirmi più di tutto questo. Ma quando spalanca il mantello blu rimango pietrificata.

Al posto dello sterno ha... una gabbia.

Una gabbia che le parte dalla base delle clavicole e arriva fin sotto le costole!

Eppure non è neanche questo a lasciarmi senza parole, ma è il fatto che dentro alla gabbia dorme un coniglio bianco, un minuscolo batuffolo candido con un mazzo di chiavi attaccate attorno al collo.

«Come puoi vedere il mio coniglio è ancora calmo Luce, per questo la pena che ti verrà inflitta non sarà troppo tremenda. Ma! Ricorda che se tenterai un'altra volta di scappare, potrei non essere così misericordiosa!», dice la bambina, sistemandosi un ciuffo scappato dalla sua alta acconciatura.

Lo sguardo di Luce resta fisso nel vuoto mentre io mi volto verso Didì, che si stringe nelle braccia cercando di farsi il più piccolo possibile.

«Stabilizzatori! Portatela via», ordina la bimba con fare sbrigativo.

Mentre l'armata di metallo azzurro avanza, afferro istintivamente Luce per un braccio, incapace di parlare, di dire qualsiasi cosa, mentre lei con mia sorpresa si volta verso di me e mi sorride con uno sguardo arreso ma carico di dolcezza.

Quando gli Stabilizzatori la strattonano via da me, piegandole la testa verso il basso e le braccia dietro alla schiena, credo di urlare qualcosa, ma non so bene se sono io, perché la voce che sento appare distante ed estranea.

Mi accorgo invece che le mani di Didì mi stringono un braccio e quando mi volto verso la Regina Bipolare, il tempo torna a scorrere normalmente.

«Dove la portano?», chiedo a Dalila con lo sgomento negli occhi.

La piccola regina si stringe nel suo mantello camminando verso il trono, mentre le porte nella grotta si aprono in sincrono riversando al suo interno tantissime figure.

Sono persone vestite elegantemente, le donne in grandi abiti di gala color pastello, gli uomini in smoking a righe sottili. Tutto ha un'atmosfera molto romantica se non fosse che, al posto delle teste, hanno degli specchi. Dalla base del collo di ognuno partono infatti complicati agglomerati di ferraglia che sostengono specchi di diverse misure e forme.

Alcuni specchi sono barocchi, con cornici dorate, altri sono specchi incorniciati da fantasie floreali in ferro battuto, altri ancora sono fatti di mosaici colorati simili alle vetrate delle chiese.

Indietreggio con Didì verso il centro della grotta, mentre dal soffitto scende un grande lampadario, con gocce di vetro rosso che paiono lacrime di sangue congelato. La bizzarra corte della Regina Bipolare ci circonda in silenzio, intrappolandoci velocemente al centro della grotta.

Non c'è alcuna via di scampo. 


♥♥♥

Ciscandra - Il Mondo Bipolare || 1° LibroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora