CAPITOLO 39

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TAURIEL
Peter ormai era a Palazzo da oltre 3 mesi, e pochi giorni ancora che la scuola di Jim chiudeva per le vacanze estive. Mancavano invece 3 mesi per l' incoronazione di Legolas (sarebbe invece ritardata se non avrebbe chiesto la mano a una donna) e io mi allontano sempre di più da lui.
-Tauriel, oggi ti andrebbe di andare a mangiare da qualche parte?
La voce di Peter mi riporta alla realtà con un po' di confusione.
-Eh..?Ah, no, mi dispiace,-rispondo un po' imbarazzata- oggi dovrei andare a prendere mio nipote da scuola. Gli ho promesso una giornata con sua zia.
Peter era una calamita; attirava tutte le donne col suo fascino, e pure io ero rimasta attratta da lui i primi giorni, ma più lo conoscevo più mi rendevo conto di quanto lui fosse solo un amico per me. Riguardo a Legolas, mi vergognavo così tanto di me stessa che non avevo il coraggio di incontrarlo o di vederlo; mi sentivo una traditrice nei suoi confronti, perché sentivo di amarlo, ma io non lo meritavo. Lui era sempre stato paziente e gentile con me, e io non mi meritavo la sua attenzione, il suo amore e la sua pazienza. Più stavo lontana da lui, più lui sarebbe riuscito ad amare un' altra donna, una donna più bella di me,più fedele di me, e più per la sua portata; magari una donna con più valore, una duchessa, o una principessa, o semplicemente una donna che poteva dargli dei figli, semmai lui li avesse voluti.
-Ma guarda guarda, Tauriel zia? E chi se lo aspettava!-la voce divertita di Alya che mi guarda con le mani incrociate sul petto.
-Alya, non tutti trascurano la famiglia come te!-Dice Sam che prova a mettere un braccio lungo la vita della sua collega, che con tutta naturalezza gli stringe la mano con forza, in modo tale da mandargli un messaggio chiaro:Non ci provare nemmeno!.
-Ora devo andare! Ci vedremo prossimamente.-dico in tutta fretta, preda dalla paura di essere in ritardo.
In una corsa, arrivo nelle stalle, dove il mio cavallo mangia tranquillo del fieno. Lo preparo alla svelta e lo monto, per poi andare alla scuola materna della città.
'Se c'è una cosa buona che Thranduil ha fatto, è la scuola.' Penso tra me e me. Io non ho avuto la fortuna di andare in una scuola pubblica, ma mi insegnarono Legolas e la sua istruttrice tutte le materie scolastiche.
'Sbrigati, devi prendere in tempo Kim' ordino a me stessa 'Sbrigati, sennò Alcarohtar mi taglia le gambe'.
Eccola lì, la scuola materna. Un po' trascurata, ma all' interno (secondo quello che mi ha detto Keira, mia cognata) è molto colorata e accogliente per i bambini.
Eccoli, i bambini stanno uscendo assieme alle maestre. Ed ecco, dietro una fila di bambini, Kim: capelli color rame, riccioluti e occhi color nocciola all' iride, per poi sfumarsi in un nero lucido. Lentiggini sul naso e sulle guancie, pelle chiara come il latte. Ogni volta che lo guardo non posso fare a meno di pensare a chi assomigli di più dei suoi genitori. Scesi dal cavallo e lo legai, per poi dirigermi verso il mio caro nipotino.
-Jim!Eccomi, sono sua zia-dissi all' istruttrice.
-Oh, allora arrivederci!Ciao ciao Jim!
-Zia!
Jim mi saltò addosso affettuoso, mentre io lo tenevo stretto tra le mie braccia.
-Ehi Jimmy! Come stai tesoro?-dissi affettuosa, mentre lo feci salire sul cavallo. Le donne che erano venute a prendere i propri figli mi guardavano scioccate, come se non avessero mai visto una donna in pantaloni in sella ad un cavallo.
-Dove andiamo di bello?-mi chiese attento, mentre mi guardava salire in sella dietro di lui.
-Reggiti forte,-gli dissi, tenendolo stretto-Papà ha detto che ti piace mangiare carne, giusto?
-Mamma non vuole che mangi carne-rispose triste-dice che poi mi fa male il pancino!
-Allora ti va di venire a casa mia a mangiare qualcosa e poi andiamo dove vuoi tu?
-Dove voglio io?-chiese illuminato dalla gioia.
-Dove vuoi tu.-primisi.
-Urrà!viva la zia!-urlò.
-Va bene, ma ora andiamo.
Non ci mettendo molto per arrivare in centro; volevo andare in pasticceria a prendere la torta che avevo ordinato per Jimmy.
-Dove andiamo?.-chiese Jimmy confuso, notando la mia fermata in piazza.
-In pasticceria. Vieni con me.-risposi, aiutandolo a scendere dal cavallo. Mi prese la mano in silenzio, guardando le persone guardarci strane. Quanto era carino Jimmy, con la mano sopra la bocca e le sue guanciotte rosse.
-Ma Buongiorno, mia cara!
La signora Brinsett ci accolse nella sua pasticceria con molto affetto. Era una vecchietta che adorava quando venivo da lei; quando ero più piccola, Legolas mi portava sempre.
-La vostra ordinazione è pronta!vado a prenderla!-disse, per poi entrare nella cucina.
Jim stava guardando meravigliato la vetrina piena zeppa di dolci dall' aspetto invitante.
-Quanti dolci...-disse lui ipnotizzato.
-Ne vuoi prendere qualcuno?-gli chiesi gentile. Lui mi guarda stupito come se mi stesse chiedendo 'Posso davvero?'.
-Per mamma e papà.
-Ecco l' ordinazione!-ed ecco la signora Brinsett con in mano una scatola con dentro la torta.
-Prendiamo altri dolci.-le dico.
-Ditemi pure quali desiderate.-dice lei. Jim in poco riempe una teglia intera di dolci dai mille colori. Pago l'ordinazione e gli altri dolci, facendo mettere nella sacca del cavallo i dolci, stando attenta a non sciuparli o a schiacciarli, per poi incamminarci verso casa. Io a piedi tenendo le redini del cavallo, mentre Jimmy a bordo del cavallo; ci avremmo messo poco ad arrivare a casa.
Lungo la via, mi corre incontro la signorina Pull, la mia vicina di casa. Ha una faccia spaventata, i vestiti sporchi e strappati, il volto sporco e rosso. Gli occhi sono gonfi e rossi, e inizio a preoccuparmi.
-Tauriel!TAURIEL!-mi urla correndo più svelta.
-Che ti è successo Shelka?-le chiedo, fermandola davanti a me.
-La casa...-dice senza fiato-La casa...-indica la via da dove è sbucata.
-Cosa?La casa...?-la incito.
-La casa...Degli orchi...in casa tua...-continua. Ora sì che sono preoccupata.
-Stanno attaccando il quartiere!-continua-La mia famiglia...
-Va bene, ora calmati...-le dico.
Mi giro verso Jim, che mi guarda innocente.
-Shelka,-le dico.-sai cavalcare?
-COSA?!
-Salta su e vai a casa di Alcarohtar, sai dov'è no?
Lei annuisce.
-Digli di venire con Endacil e gli altri. Capito tutto?
Lei annuisce.
-Jimmy, tu dì a papà di andare da me, okay? Resta a casa con mamma, capito?
-Che succede zia?-mi chiede dolce.
-Niente di che.-Shelka tossisce, come per contraddire. La film uno con lo sguardo-Ora andate!
Faccio partire il cavallo, e li vedo scomparire dalle vie.
-Va bene, iniziamo.
Corro svelta verso casa, tenendo arco a portata di mano e i coltelli ai cinturini alle mie gambe. Entrando nel mio quartiere, capisco subito che ci vorrà un po' di tempo per sistemare tutti gli orchi: i tetti rotti, la gente che urla nelle abitazioni.
Mi dirigo verso le abitazioni, sorprendendo gli orchi, e uccidendoli uno per uno con i coltelli. Certo, uno mi prende per il collo, ma riesco a liberarmi con un calcio al petto, sicura di avergli rotto qualche costola. Altri mi prendono per le braccia piegandomele in modo innaturale, ma prima che me le spezzino, riesco a salvarmi e a sgozzarli tutti. Gli abitanti scappano dalle case, probabilmente per dirigersi verso il Palazzo a chiedere aiuto alle guardie o vanno dalla mia famiglia a chiedere aiuto.
Entro in casa mia, ferita su ogni parte del corpo.
'Di sicuro Alcarohtar mi analizzerà per essere entrata da sola' penso.
È un gran caos: casa mia è a soqquadro, come se gli orchi cercassero qualcosa. I muri rotti come se avessero fatto a pugni. I mur e il pavinento è ricoperto di impronte di sangue, e gocce e pozze di queste.
Ed ecco uscire dal salotto due orchi armati di asce. Salto contro il muro, cadendo sopra le spalle di un orco, e con le mani gli giro il collo, e il suo corpo lo faccio cadere sull' altro, per poi sgozzarlo (so cosa state pensando, 'lei è una che sgozza la gente', ma il collo è il punto più fragile). Mi arrivano alle spalle altri tre orchi, e inizio a colpirli alle gambe, per poi tagliare il braccio a uno, per poi taglargli la testa, e ad un altro gli ficco il coltello nell' occhio, per poi proseguire il viaggio del coltello fino alla gola, tagliando in due faccia all' orco, che cade a terra morto. Il terzo lo colpisco con una freccia al petto, per poi attaccarlo alle spalle e tagliargli il collo, facendolo cadere a terra morto. Ne arriva un altro dalla mia camera: lui è più grande degli altri, con uno sguardo più maligno. Alza il braccio, mostrando il suo piccolo esercito che esce dalle altre camere in fondo al corridoio. Quando li vedo, sento mancarmi il fiato: uomini e donne, vecchi e bambini come trasformati. Occhi rosso sangue con le pupille nere dilatate, alcuni sorridenti, mostrando i denti e l' assenza della loro bocca, come squarciata, e altri orecchie mozzate, nasi strappati e guancie assenti. Tutti erano ricoperti di sangue, lerci, con i vestiti strappati. Alcuni mostravano morsi al petto, alle braccia o alle gambe. Sembravano morti viventi, trasformati completamente. Quelle persone le conoscevo, i loro volti erano assetati di sangue, e mi guardavano come se non vedessero l' ora di mangiarmi.
-Ma che...?-Non riesco a parlare. Non avevo mai visto niente di simile, era sconvolgente.
-Non saluti i tuoi cari vicini?...-la signora Delhi mi guardava sorridente, o almeno, quello che ne rimaneva della signora Delhi.
-Hai un profumo così invitante...
I non-morti annusarono l'aria, assaporandola.
-Mangiano cervelli...-mi spiegò l' orco sorridendomi malefico.
-Cosa gli hai fatto...?-gli chiedo, cercando di nascondere (inutilmente) lo shock.
-Mordendosi si attaccano l' epidemia,-mi spiega lui- io li ho solo aiutati...
-Quando sei invitante...
I morti scattarono in piedi, iniziando a camminare svelti verso di me.
Non sapevo cosa fare, ero paralizzata: dovevo ucciderli, ma non ce l' avrei mai fatta da sola, e avrebbero potuto mordermi e trasformarmi. Se scappavo, avrebbero potuto trasformare in morti altre persone. Per la prima volta, mi sento spiazzata, non ho un piano cui sono sicura che funzioni, e non posso contare su l'aiuto di nessuno.
Preda dalla paura, corro in cucina, prendendo dei fiammiferi e la bottiglia con l' alcool, tornando poi in corridoio a lanciare addosso ai morti che mi stanno raggiungendo l' alcool, per poi cercare di accendere i fiammiferi. Questi però non sono dalla mia parte, e più li butto perché non si accendono, più mi sale la paura e la voglia di scappare. Con tutto il poco coraggio che mi è rimasto, mi costringo a rimanere lì ad accendere un fiammifero, consapevole dei morti alle calcagna. Finalmente si accende un fiammifero, e lo lancio contro la schiera di mostri, e questi prendono subito fuoco, urlando e imprecando. Corro verso l' uscita di casa, chiudo dietro di me la porta, e un attimo prima che mi fossi allontanata, la casa esplode in un turbine di fuoco. Ha raggiunto la bottiglia di alcool che ho lasciato in corridoio. L' esplosione mi fa saltare in aria, facendomi battere la testa dritta contro un vecchio lampione e facendomi atterrare dieci metri più in là, sul marciapiede opposto.
Sento delle voci confuse chiamarmi, urlare il mio nome, ma non riesco a distinguere le voci. Sento che sto per svenire, ma mi faccio forza e cerco di alzarmi, ma riesco solo ad alzarmi e a mettermi a sedere, reggendomi con le braccia, e mi giro verso la mia casa che va in fiamme. Vedo tutto sfocato e sento in modo tutto confuso e un ronzio dall' orecchio sinistro, sento le voci chiamarmi.
Un terribile presagio mi investe, e mi costringo ad alzarmi in piedi, facendomi contaminare dalla paura. Al secondo tentativo riesco ad alzarmi, e cerco di correre il più in fretta possibile, ma quando poggio il il peso sulla gamba destra, sento un dolore avuto investirmi, facendomi urlare dal dolore. La guardo, e da quello che riesco a vedere è la mia coscia rossa, la gamba del pantalone strappata e bruciata, lasciandomi la gamba destra nuda. Provo a toccarmi la coscia, e sento un dolore profondo contaminarmi; sento il sangue fresco che mi bagna le dita della mano, e vedo la mia mano tremare.
Nonostante il dolore, continuo a correre zoppicando, trascinandomi la coscia.
Sento lo schiocco della corsa di cavalli che mi raggiungono alle spalle, e la gente chiamarmi sempre più vicina, ma ignoro pure loro. Più il tempo passa, più la mia paura per Jimmy aumenta.
Sento delle braccia forti fermarmi, costringendomi a girarmi.
-Tauriel. Che è successo?
Riesco a fatica a capire quello che dice, e intuisco che sia Endacil o Alcarohtar.
-Jim, Dov'è JIM?!-chiedo, sentendo la mia voce, probabilmente sto urlando.
-È a casa, tranquilla.- cerca di rassicurarmi, anche mi sento più in preda alla paura.
-SHELKA DOV'È?
-Sono qui!
La vedo avvicinarsi a me, e con forza mi stacco da Alcarohtar e corro verso di lei, prendendola le il collo è stringendola il più forte possibile.
-Mi...Mi...-Non riesco a sentirla, ma suppongo che sto dicendo che la sto soffocando. Sento gli altri urlarmi chiedendomi cosa stia facendo.
-LO HAI MORSO?!-sbraito-LO HAI MORSO?!!RISPONDI!!
Sento due persone cercare di allontanarmi da Shelka la morta, ma cerco di non resistere, stringendo ancora più forte.
Shelka scuote la testa debolmente, dicendo di no.
-HO VISTO IL TUO MORSO! HAI MORSO QUALCUNO?!
Lei scuote la testa di nuovo, sempre più debolmente.
Sento qualcuno prendermi per la vita e allontanarmi da Shelka, facendomi mollare la presa. Riconosco quella persona, grazie al suo profumo di pino e dal suo tocco su di me. Lo sento dirmi qualcosa, ma non riesco a capire quello che dice. Intuendo che sia proprio lui, smetto di agitarmi, facendogli allentare la presa, fino a lasciarmi, ma gli prendo il coltellino che nasconde nello stivale destro e, con l' ultimo briciolo di forza che mi è rimasta, salto addosso alla figura di Shelka accasciata a terra che cerca di respirare, e le taglio la gola.
L' ultima cosa che sento è qualche urla di qualcuno e l' aria piena di sconcerto. Poi svengo.

La Figlia Di Bosco Atro (IN REVISIONE) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora