Punishment.

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«Katie, Katie! Faremo tardi a scuola, svegliati!» sento la voce lontana di mia madre. Sbuffo e mi rigiro nel letto ignorando la mia sveglia personale. Odio mettere una sveglia vera e propria in camera, il suono assordante di quegli aggeggi rendono il risveglio ancora peggiore. Al contrario la voce di mia mamma è molto più dolce, in particolare quando vede che non mi voglio alzare e si infila sotto le coperte accanto a me dandomi baci sul volto e a volte facendomi il solletico.

Ma dopo la morte di mamma ho dovuto usare per forza uno di quegli aggeggi infernali.

Aspetta, mamma è morta.

Non può chiamarmi la mattina per andare a scuola, perché non c’è più.

Questo non è reale, non sono davvero a casa, non ho con me ancora la mia mamma, non è un normale giorno di scuola.

Provo ad alzarmi ma sono bloccata, le braccia sono intorpidite e le gambe ghiacciate per il freddo che fa. Mi volto a sinistra e vedo il mio rapitore fumare una sigaretta mentre osserva fuori dalla finestra il sole sorgere.

Ho ancora l’affanno per il sogno e il brutto risveglio, ho la gola secca e ho urgenza di andare in bagno.

Provo a mettermi seduta e gemo per il dolore, le braccia sono come due pezzi di cemento.

«Sei sveglia.» afferma e sembra non aver intenzione di voltarsi.

La sua voce roca mi gela il sangue nelle vene. Apro la bocca, provo a parlare, ma sono completamente congelata.

La sua schiena si irrigidisce per poi rilassarsi dopo un paio di secondi. Tira un tiro dalla sua sigaretta e vedo il fumo alzarsi nell’aria. Ho smesso di fumare anni fa, ma in questo momento sento davvero il bisogno di fare un tiro. L’ansia mi sta divorando, sento l’adrenalina scorrere dentro di me, il cuore pompare forte, tanto forte che potrebbe rompere la cassa toracica.

Stringo i pugni e in quell’esatto momento lui si gira verso di me. Ha gli occhi rossi, profonde occhiaie viola e le labbra sono arrossate. Abbasso lo sguardo e noto che la mano con cui mantiene la sigaretta ha uno strano tremolio. Lui si accorge che io l’ho visto e prende un ultimo tiro prima di buttare la sigaretta e incrociare le mani in modo da fermare quel tic.

«Non ho molto per colazione, mi dispiace, avrei dovuto fare la spesa prima.» si gratta il capo e io corruccio le sopracciglia. Sta parlando come se io fossi un’ospite e fosse davvero dispiaciuto di non avere molto da farmi mangiare. Non capisco se mi sta prendendo in giro o è serio.

«Mi dispiace.» mormora ancora, a bassa voce, ma sembra non parlare con me. «Hai bisogno di qualcosa?» mi chiede poi e io sono senza parole. È la stessa persona di ieri sera? È estremamente folle e insensato. Sto ancora dormendo? È molto probabile che stia solo sognando. Molto più probabile.

Non dico niente e lui lo interpreta come un no, si guarda attorno e mormora qualcosa, poi si avvicina alla porta.

«Aspetta.» riesco a dire, non so come.

«Sì?» si blocca e mi guarda di nuovo. I suoi occhi sono così diversi rispetto alla notte precedente. Ieri sembravano carboni ardenti e incontrollabili, oggi sembrano quasi spaventati e confusi.

«Devo…» mi inumidisco le labbra, «Dovrei andare in bagno.» dico e lui rilassa le sopracciglia.

«Oh, giusto, hai ragione.» annuisce e torna vicino al letto. Caccia una chiave dalla tasca e mi libera i polsi che io subito massaggio. Stiracchio la schiena indolenzita e noto che ho i segni delle manette molto evidenti.

Fa per prendermi la mano e balzo all’indietro come riflesso involontario.

«Non voglio farti del male, voglio solo portarti in bagno.» dice e prova a prendere di nuovo la mia mano. Il mio petto si alza e abbassa velocemente e lascio che mi prenda e mi faccia scendere. Fuori alla stanza c’è un piccolo corridoio anch’esso buio e con le pareti scrostate e ammuffite. Guardo dal lato opposto al corridoio e vedo una porta che sembra essere quella principale. Mi scorta verso una stanza poco distante da dove ho dormito e mi mostra un piccolo bagno, umido e disordinato.

The Mistake [Z.M.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora