Capitolo 10.

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Tutto si sbloccò, i corpi di entrambi rimasero tesi e fermi. Il silenzio era palpabile, ma non imbarazzante.
Finché Martina disse di voler stendersi sul divano e Julio la seguì, senza un motivo ben definito, ma lei non disse nulla a riguardo e se ne rallegrò. Chiese di Matías e Julio le rispose che si era addormentato e l'aveva portato a letto.
Erano così vicini, Martina era sdraiata con la testa sulle gambe di Julio. Cercava di chiudere gli occhi ma i dolori influenzali glielo impedivano, il bruciore alla gola e il dolore martellante alle tempie erano insopportabili. Anche dopo aver preso un antidolorifico. Ed infastidita prese a lamentarsi e mormorare parole incomprensibili ad occhi chiusi.
«Julio...» sussurrò piano.
Le accarezzò la fronte scostandole i capelli, «Martina, sei sudata. Non agitarti.»
Lei scosse la testa e riprese a muoversi freneticamente stringendo di più gli occhi.
«Riposa, su.» Julio fece scorrere le dita sul suo viso, riuscendo così a farla rilassare.
La sentì respirare sommessamente con le labbra schiuse e si ipnotizzò su di esse. Era sicuro che stesse dormendo, ma in quel momento la sentì bisbigliare: «Non andartene... non andare via...» la sua voce era così sottile e delicata che Julio considerò la possibilità di aver vaneggiato.
Magari starà sognando...
«Julio...»
Okay, forse no.
Il suo cervello stava frullando troppi pensieri nello stesso momento. Allora si concentrò sulla dormiente: le sue labbra più rosse del solito lo attiravano troppo. Ogni volta che era in compagnia di Martina aveva il costante desiderio di baciarla, era fissazione pura. Era così attratto da quelle labbra e dagli occhi scuri e cupi della ragazza. Quella di questa sera era l'unica volta che non aveva tentato di baciarla, inizialmente perché non era del tutto in sé... e in secondo luogo non gli sembrava il caso visto lo stato di Martina. In realtà la ragione principale –che avrebbe dovuto prendere maggiormente in considerazione- era la promessa fatta a se stesso e ai suoi amici. «Non bacerò più Martina Gonzàlez senza sapere che intenzioni ha.» aveva detto a Marisol e Adam. Ma se non sapeva neanche quali erano le sue, di intenzioni, come poteva sapere quelli di Martina?
Passò l'indice sul suo labbro inferiore, lo sentì caldo sotto il suo tocco e leggermente screpolato.
Non devo, non devo. Ma cos'è che non devo fare, precisamente?
Era totalmente confuso, non sapeva cosa gli stesse prendendo, ma era certo di una cosa: Martina lo attirava come una calamita. Si sentiva come un pezzo di metallo arrugginito che davanti una calamita non aveva alcuna possibilità di scelta, era destinato ad andarle incontro volente o dolente. Ma in questo caso è il metallo ad essere attratto dalla calamita e non viceversa, giusto? Quindi, secondo questo ragionamento, Martina lo attraeva verso di sé con il potere di una sirena senza però essere anche lei attirata da lui. Non fa una piega.
Merda, basta.
Stava solo farneticando, e diede la colpa allo stato im cui era ridotto. Dunque, chiuse gli occhi e si concentrò a dormire senza riflettere su cose prive di nesso logico. Invece sognò, sognò occhi scuri e oscuri. Sognò un viso serio, dai lineamenti contratti e un sorriso inadatto sulle labbra. Lunghi capelli sciolti e mossi le incorniciavano il viso.
Era il suo sogno. Era anche il suo incubo.

***

«Martina...»
Si lamentò spostando il capo dall'altro lato. Era così comoda che non aveva alcuna intenzione di alzarsi, né aveva le forze.
«Martina mi senti? Martina?»
Mormorò ancora coprendosi le orecchie infastidita. Infossò il viso in quello che le sembrava un corpo sodo e caldo. E comodo.
Aspetta... corpo?
Inspirò e un profumo inebriante quasi la stordì. Sentiva ancora la voce della madre che la chiamava scuotendola per una spalla. Malvolentieri aprì solo un occhio ed ebbe la conferma che fosse un corpo quello su cui era completamente sdraiata.
Julio.
Lui dormiva beatamente e rilassato, seppure la posizione non fosse delle migliori. Un braccio gli penzolava dal divano, mentre l'altro era posizionato sulla vita di Martina, che le impediva qualsiasi tipo di movimento. Ma non le dava fastidio e non voleva spostarlo rischiando di svegliarlo.
«Martina!» bisbigliò ancora Isabel.
La voce della madre iniziò sul serio ad infastidire Martina, che aveva già abbastanza mal di testa seppure di meno della sera prima.
«Sei sveglia?»
«Sì, mamma, sì. Sono sveglia.»
«Sono le undici passate, ho pensato di chiamarti. Ti lamentavi mentre dormivi.»
«Non mi sento bene, devo avere ancora un po' di febbre.»
«C'è del caffè caldo di là. L'ho appena preparato» disse Isabel dolcemente.
Martina annuì e dopo qualche minuto raggiunse la madre, sollevando piano il braccio di Julio per non svegliarlo. Entrò in cucina sbadigliando e stirandosi le braccia.
«Che mal di schiena.» mormorò versandosi una buona dose di caffè nella tazza.
«Ci credo, eravate avvinghiati neanche se il divano fosse di dimensioni ridotti. Certo non sarà granché grande però...» gesticolò lasciando la frase a metà, «E' venuto per te?» disse a voce più bassa, come se qualcun altro potesse sentirla.
Martina con uno scatto si sedette sul piano cottura con evidente disapprovazione da parte di Isabel, che ovviamente ignorò. «No, lo avevo chiamato per Matías... e poi, è rimasto a dormire.» minimizzò. Non voleva ammettere che era stata lei a volere che restasse.
«Per Matías?»
Sorseggiò del caffè, poi annuì, «Aveva fatto capricci e si era chiuso in camera. Ho chiamato te ma non rispondevi, quindi ho chiesto l'aiuto di Julio.»
«Che caro ragazzo.» ammise Isabel con occhi sognanti.
Già.
«E davvero vuoi fartelo scappare, Martina?»
La ragazza pensò sul serio alla domanda della madre, ma in quell'istante vide la figura di Julio sulla soglia della porta. Aveva gli occhi socchiusi, camminava come uno zombie e teneva una mano sui capelli scompigliati.
«Buongiorno, caro.» fece Isabel allegra.
«'giorno.» rispose lui con voce roca.
Martina riprese a bere il suo caffè distogliendo lo sguardo. Neppure Julio si girò a guardarla, non era ancora pronto.
Si era svegliato in un divano scomodo e solo e ciò l'aveva incupito. La sera prima Martina era stata così gentile con lui, ma non era sicuro che lo sarebbe stata anche questa mattina. Di lei aveva imparato che cambiava umore molto velocemente, e passava dalla gentilezza all'acidità pura in meno di cinque secondi. Non sapeva come prenderla, quella mattina, e non sapeva neppure se rivolgerle la parola. Aveva il brutto presentimento che non sarebbe andata bene.
«Tolgo subito il disturbo.» disse grattandosi la nuca.
«Vuoi del caffè?» lo sorprese Martina. Julio la guardò rimanendo in silenzio, «Allora?» lo incalzò.
«Oh. Sì, sì, grazie.»
Annuì in risposta e scese dal piano per prepararlo.
«Nel frattempo, dovrei usare il bagno. Dove posso trovarlo?»
«Infondo al corridoio, caro.» rispose Isabel facendogli segno. Quando i passi di Julio si fecero lontani la donna iniziò ad agitarsi: «Non ho neanche dato una sistemata al bagno, sarà un casino.»
Sai che gliene frega a lui! Vive in una villa immensa con stanze più grandi del soggiorno e della cucina di casa nostra messi insieme.
«Vado a controllare se Matías è sveglio.» Isabel scomparve ancora agitata.
Martina si sedette su una sedia e quando Julio tornò gli indicò la tazza di caffè sul tavolo; lui prese posto sulla sedia accanto. Mentre sorseggiava il suo caffè Martina si teneva la testa con una mano. La fissò a lungo prima di decidere di parlare:
«Stai bene?» le chiese.
Mormorò e fece un cenno del capo come segno di assenso.
«Non hai più la febbre?» chiese di nuovo, poggiando una mano sulla sua fronte.
Martina si ritrasse, colta di sorpresa. Ma capendo le sue intenzioni gli lasciò fare. «Poca.» aggiunse, in risposta.
Julio la fissò intensamente e lei evitò di guardare il celeste dei suoi occhi. Eppure lui non decideva a cacciare la sua mano, continuava a tenerla poggiata sulla sua fronte, poi la spostò per aggiustarle un ciocca di capelli dietro l'orecchio. Martina sentì un brivido percorrerle la colonna vertebrale e un senso di vuoto quando Julio tirò indietro la mano. Si scambiavano sguardi senza dire niente. Quella quiete durò molto poco, qualche minuto dopo fece la sua entrata Matías, che da casinista qual era, scese dalle braccia di Isabel e iniziò a saltellare di qua e di là.
«Jo Jo! Jo Jo!» ripeté alzando man mano il volume della voce. Come la maggior parte de bambini era arzillo anche appena sveglio.
Saltò al collo di Julio e lui lo accolse volentieri sorridendo. Martina ignorò il fastidio che provava in quel momento e si alzò per posare le tazze nel lavabo. Julio notò il suo cambio d'umore e bisbigliò qualcosa nell'orecchio al piccolo. A quel punto Matías si diresse verso Martina che si abbassò alla sua altezza.
«Mamma, sei accora arrabbiata co me?»
«Perché dovrei?» domandò con un velo di dolcezza.
«Pecché ho fatto il cattivo.» gli occhi neri di Matías puntarono dritti in quelli della madre, «Scusa, no lo faccio più»
Quelle parole furono la fine per Martina, lo abbracciò emozionata sussurrandogli all'orecchio: «Non sono arrabbiata.»
«Ti voio bene mamma.»
«Te ne voglio anch'io.»
Dietro Matías Isabel li stava guardando sul punto di piangere di gioia, e anche Julio aveva gli occhi su di loro.
Martina mosse le labbra in un silenzioso: «Grazie.» e Julio le sorrise.
«Forza, andiamo. E' ora del bagnetto.» fece Isabel, asciugandosi una lacrima scappata al suo consenso.
Martina soffocò uno sbuffo per quanto fosse drammatica. La donna prese in braccio Matías che come al solito cercò di dimenarsi facendo capricci.
«No, il bagno noooo.» piagnucolò.
«Andiamo su.»
«Mamma ti pego, vieni tu.» allungò le braccia enfatizzando.
«Ora arrivo.»
«Mamma ora è occupata, sarà la nonna a lavarti questa volta.» Isabel fece per andare e sulla soglia della porta indirizzò un occhialino d'intesa alla figlia. Martina scosse il capo, capendo le sue intenzioni.
«Hai da fare oggi?» disse d'un tratto Julio, distraendola dai pensieri.
«Cercare di non impazzire.» rispose in tono scherzoso.
Si avvicinò a lei, «Dico davvero.»
Martina lo osservò: era serio. «Devo mettermi al passo con lo studio.»
Che cazzata. Disse il suo subconscio.
Che c'è? E' la verità. Rispose lei.
«Puoi farlo anche domani, no?» insistette.
«Non lo so...» mormorò. Sto davvero cedendo alla sua richiesta? A quale richiesta, poi, se nemmeno me ne ha fatta una?!
Ad interromperli fu il cellulare di Julio. Rispose quasi subito e Martina capì poche cose scollegate della conversazione.
«Okay bro, ci vediamo lì tra mezz'ora.» concluse attaccando. «Vieni con me?»
Martina si chiese se non stesse ancora parlando al telefono, ma si accorse che la stava fissando. «Io? Dove?»
«Ha importanza?»
«Ovvio che sì» lo guardò eloquente.
«A fare un giro. Dai Martina, non startene chiusa qui dentro!»
«Okay, ci vengo. Contento?» si morse la lingua subito dopo. Maledizione, che mi viene in mente?
Julio fece un largo sorriso e non se la sentì a rimangiarselo.
«Allora muoviti. Abbiamo appuntamento tra meno di mezz'ora e tu sei ancora vestita come una barbona.» la prese in giro, lanciandole una breve occhiata da capo a piede.
Lo spinse per una spalla «Simpatico» disse ormai alla porta. Non poté così vedere la felicità farsi largo sul viso del ragazzo.
Appuntamento con chi? E' una buona idea? Chiese la sua coscienza. Non era certo il tipo a cui piaceva stare in mezzo alla gente.
Passeremo del tempo insieme, che male c'è? Pensò la stessa Martina arrivando alla porta della sua camera. Non si era neppure accorta dello stupido sorriso che si era creato sul suo viso.

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Che voi ci crediate o no ci sto mettendo molto meno ad aggiornare (rispetto a quanto ritardavo inizialmente ahahaha)! Ho cercato di velocizzare i tempi, visto che ho letto commenti che chiedevano il seguito :)
Ne sono contenta, continuate così! Mi fa solo piacere e così ho più voglia di scrivere. Per far prima questa volta ho fatto il capitolo più corto, ma spero posso piacervi comunque ;)
Grazie mille per le 2k visualizzazioni!!💕
I hope you like it💕
Anyway, vi invito a lasciare un parere... e alla prossima!

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