Capitolo 14.

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Non voglio andarci. Non ci andrò. Non se ne parla neanche.
Continuò a dire tra sé Martina per i due giorni a seguire e, in seguito, a ripetere alla madre che era venuta a conoscenza della festa di San Valentino e ne era rimasta esaltata.
«Sarà bello Martina, una serata diversa. Da quando non esci un po', eh? Non bere troppo però.» le aveva ribadito Isabel. Era molto premurosa con Martina, in quanto sua unica figlia, e voleva che vivesse con lo stesso spirito dei ragazzi della sua età, o perlomeno che si divertisse un po'.
L'unico motivo per cui aveva accettato quella castigata festa era per far piacere a sua madre, visto che nell'ultimo periodo non ne combinava una giusta. Ed oltretutto voleva provare a far stare buona sua madre, così che sarebbe stata meno apprensiva. Trovava normale che si preoccupava, però preferiva che non la opprimesse troppo con i suoi pensieri, dal momento che a Martina andava di vivere in quel modo.
Non ci entro. Replicò fissando l'entrata della palestra. Batté le mani sul volante, irritata e annoiata. Stava in auto da almeno mezz'ora, o forse più, non decidendosi a mettere piede fuori. La musica rimbombava forte, anche lei poteva sentirla. Aveva ignorato i messaggi di Julio che le chiedeva più volte dove fosse, o se stesse per arrivare, o ancora se volesse un passaggio. Valutò di starsene in auto fino la fine della serata e tornare a casa mentendo a sua madre, ma no, non ce la faceva più a starsene là dentro.
Ho il didietro a forma di sedile.
Scese cauta e si lisciò il vestito che le era risalito. Portava un vestito semplice, in pizzo nero che scendeva morbido e stretto solo sulla parte superiore del seno, con una scollatura che lasciava molto all'immaginazione; era a mezze maniche e corto a metà coscia, lasciando così le gambe lunghe in bella vista.
Borbottando una bestemmia, Martina si incamminò facendo un tic tic ad ogni passo con i tacchi. Raggiunse la porta della palestra –non comunicante con la scuola- e incrociando le braccia al petto fissò le gente all'interno che si divertiva, che ballava, che rideva.
«Mi rasserena non essere l'unico a non entrarci.» Nicolas comparve alle sue spalle, con due calici in mano.
«E' disgustoso.»
«Già. Però si divertono.» alzò le spalle.
Con la coda dell'occhio vide che era ben vestito benché la camicia era sgualcita e aveva tre bottoni aperti, la cintura dei pantaloni era messa male e i capelli scuri erano scompigliati. Un unico pensiero attraversò la mente di Martina.
«Dove li hai presi?» con un cenno del capo indicò i bicchieri.
«Dentro.» disse e gliene porse uno.
Senza indugi Martina lo prese e ne bevve un sorso. Un sorriso beffardo si fece largo sul viso di Nicolas.
«Non temi che ne so... che ti avveleni?»
«Non sei così intelligente da ideare certi piani.» rispose rigirandosi il bicchiere tra le mani. «E poi mi serve un altro bicchiere.» lo buttò giù in un sorso e glielo tornò.
Ghignò, «Già che ci sono dico a Julio che sei arrivata, ti cerca da ore.»
«Non farlo.»
Nicolas che aveva fatto qualche passo così da darle le spalle, si girò un attimo per dirle: «Non credo di essere così intelligente da prestarti ascolto.»
Non poté fare niente quando anziché prenderle da bere andò immediatamente da Julio, per il gusto di farla incazzare. I suoi pozzi azzurri puntarono subito sulla figura di Martina, un largo sorriso si estese sulle labbra e lasciò tutto per raggiungerla. Martina si fermò a guardarlo, come sempre impeccabile nei suoi vestiti costosi, tanto più con quella camicia grigia aderente che metteva in mostra il suo fisico.
«Non speravo più che venissi, a dire la verità.» esordì.
«Non volevo venirci, a dire la verità.» lo scimmiottò sbuffando.
«Andiamo, non terrai quel muso lungo per tutta la serata.»
«Senti, sei stato tu ad insistere tanto. Arrangiati.»
Le afferrò il polso e Martina puntò di scatto gli occhi su Julio.
«Dai, entriamo?»
«Non ho intenzione di entrare.» sbuffò ancora alzando gli occhi al cielo.
«Ma se siamo qui apposta.»
«Sì ma guarda tutta quella gente che si sbaciucchia, mi fa accapponare la pelle. Per non parlare delle decorazioni.» fece un espressione di disgusto balzando lo sguardo dalle persone ai cuori sparsi di qua e di là nella stanza. I colori si alternavano tra il rosa confetto di tovaglie e sedie, al rosso acceso delle pareti o dei palloncini anche essi a forma di cuore.
«Mmm... perciò sei una di quelle persone ciniche che non crede all'amore a priori?» buttò lì.
«Cinica un po'. Ma non riguardo l'amore. Trovo ridicola una festa dedicata all'amore, tutto qui. Due persone non si amano solo un giorno in tutto l'anno, è assurdo.»
La risposta di Martina non era quella che Julio si aspettava. Il ragazzo poté capire che la conosceva davvero poco, a quel punto.
«Ma che te ne importa, ci divertiamo.» scosse forte la testa in risposta e Julio imprecò. Era cosciente che non sarebbe riuscito a convincerla. «Merda, allora cosa vuoi fare?»
A Martina luccicarono gli occhi e lo squadrò con uno sguardo di chi la sapeva lunga.
«Dove hai parcheggiato l'auto?»
La fissò con un cipiglio alzato e senza chiedere spiegazioni la condusse alla sua auto.
«Forza, parti.» lo incitò Martina appena fu dentro.
«Per andare dove?»
Sbuffò slacciandosi il cinturino delle scarpe per poi scacciarle via.
«La smetti di sbuffare in continuazione? Mi infastidisce» borbottò Julio.
«Mi scusi Mr. Simpatia.» disse ironica.
«Sembri di buon umore, oggi.»
«No, mi piace prenderti in giro.»
«A proposito, ancora non ti ho detto quanto sei bella stasera.» bofonchiò.
«Ma per favore, Julio.» rise.
Julio poggiò la mano sulla sua coscia fasciata da collant trasparenti e Martina rabbrividì. Risalì fino alla stoffa del vestito, passò le dita anche lungo il braccio. In tutto ciò lei trattenne il respiro.
«Che vuoi fare?» ammiccò Martina.
Si slanciò su Julio che l'aiutò poggiandole le mani sui fianchi, per finirci a cavalcioni. Julio la tirò dai fianchi per avvicinarla. I loro visi erano talmente vicini.
«Sei così...» sussurrò Julio avvicinandosi maggiormente. Poggiò la fronte su quella di Martina e sfiorò il naso di lei con il suo, le mani stringevano le cosce della ragazza. I respiri dei due si mischiarono diventando tutt'uno, Martina sentì una scarica elettrica attraversarla per tutto il corpo. In un battito di ciglia le loro bocche si unirono fameliche ma con una lentezza dolorosa, e così anche le lingue. Martina tentò di eliminare ogni tipo di distanza facendosi più vicina a Julio, che ansimò. Una mano di quest'ultimo si strinse sul suo seno facendola boccheggiare.
«Scusa...» disse con voce roca, stordito. Mi da' alla testa. E' peggio dell'alcol, mille volte meglio della droga.
Lei gli prese la mano e la spostò sotto il vestitolo, lasciando una richiesta implicita. Entrambi erano frastornati tra baci bagnati ed eccitazione pura. Julio intrufolò la mano negli slip di Martina e senza preavviso infilò due dita dentro di lei, mentre le loro bocche si cercavano più desiderose di prima.
Era pura attrazione, la loro, e poco più. Ma non sapevano che una semplice attrazione non rimane tale a lungo.
Julio scese a baciarle la mandibola e poi scese più un giù, a leccare, a mordere. Baci sul collo fino ai brividi, fino ai lividi. E intanto muoveva le dita ad un ritmo regolare.
«Più veloce... più veloce...» soffiò Martina in una preghiera, malgrado volesse sembrare un ordine il suo.
Lui l'accontentò accompagnando il tutto con il pollice che accarezzava le due estremità, intanto le lasciò una scia di baci sulla mandibola fino ad arrivare alle labbra che lei stava prepotentemente mordendo mentre gemeva. Con le dita della mano libera allontanò il labbro inferiore dai denti e prese a premerlo delicatamente, poi ci passò un dito. I muscoli di Martina s'irrigidirono tutto ad un tratto mentre delle gocce di sudore le scendevano ai lati del viso; dapprima inarcò la schiena e poi si accasciò sulla spalla di Julio. Lui pompò più velocemente le dita, intuendo che stava arrivando all'apice del piacere, e la fece venire ansimando il suo nome e lasciando che la sua stretta forte quasi gli lasciasse il segno sulla pelle, qusi sperandoci.
Tolse la mano dagli slip e la portò alla bocca leccando le dita davanti gli occhi di Martina la quale, sorprendendolo, gli prese la mano e fece lo stesso; una scintilla di malizia le si lesse negli occhi e l'erezione di Julio gravò al punto che la iniziò a strusciare su Martina. Non tanto elegante come gesto, ma premeva da far male e benché si stesse trattenendo avrebbe voluto farla sua su quel sedile.
«Me lo fai venire duro ogni volta che ti vedo, Martina» le sussurrò all'orecchio beandosi dei pesanti respiri che le uscivano mentre il petto faceva su e giù velocemente. Lei sogghignò e la sua risata arrivò in ogni fibra del corpo di Julio. «Ti faccio ridere?»
«Molto.» si avvinghiò di più a lui che l'accolse fra le sue braccia.

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