Capitolo 21

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«Sei pesante Julio.» mormorò Martina tentando di allontanarlo.
«Non mi sposto.»
«Ho caldo!!»
«Sshh, potrebbero sentirti.» disse con il viso sulla spalla di lei.
«Devono sentirmi, così dirò che mi tieni in ostargio contro la mia volontà.»
Julio scoppiò a ridere, «Ostaggio»
«E io che ho detto?!» ribatté.
Si alzò sui gomiti e lei sperò che si spostasse al più presto.
«Hai il trucco sbavato.» constatò prendendole il mento tra le dita.
Fece spallucce «Sono figa lo stesso.»
Le labbra di lui si piegarono in un sorriso, Martina incrociò il suo sguardo e iniziò a parlare a vanvera.
«Sei grazioso..» con un dito seguì il contorno delle labbra di Julio, poi lo passò sulla guancia delineando la mandibola. «Cosa siamo?»
Lui la guardò accigliato.
«Siamo amici che fanno sesso... no, neanche tanto amici.» rise Martina. L'alcol parlava al suo posto, «Com'è che si dice, scopamici? Trombamici?»
«E' la stessa cosa.»
«Be', quindi cos'è che siamo?»
«Cosa vuoi che siamo?» le baciò la clavicola e Martina mugolò, «Possiamo essere tutto ciò che vuoi.»
Assottigliò gli occhi rimuginando su quest'ultima frase, poi si alterò di nuovo.
«Ti puoi alzare?» strillò, «Almeno togli il tuo pene da...»
Julio le coprì la bocca impedendole di continuare, anche se questo non la fermò: provò a mordere o leccare la mano affinché la togliesse.
«Smettila di strillare come una cornacchia. Ora ti tolgo la mano, ma se riprendi a urlare ti punisco.» ordinò severo nonostante il ghigno sul volto.
Fece quanto detto e Martina prima fece qualche respiro e poi provò a spingerlo via.
«Rilassati bimba.»
«Togliti dal cazzo. Devo andare a pisciare.»
Ridacchiando si sollevò per buttarsi accanto Martina la quale si alzò e barcollando arrivò alla porta. Julio la richiamò e lei si girò.
«Tieni.»
Le lanciò qualcosa che istintivamente prese al volo, quando capì che fosse una felpa la infilò con un solo gesto e senza curarsi più di tanto uscì nel corridoio. Le sembrò di vagare avanti e indietro per almeno dieci minuti, e nello stato in cui si trovava aveva perse facilmente l'orientamento. Sentì della musica provenire da una camera, così fece dietro front e decise di entrarvi, ma seppure forzò la maniglia non si aprì. Quindi batté più volte il pugno sulla porta finché non capì di toccare l'aria, e vide Diego davanti con delle cuffie intorno al collo e il cellulare tra le mani.
Perché le cuffie se ha la radio al massimo volume?
«Bella musica.» ghignò. Poi si grattò il capo spaesata.
Diego la fissò dal basso verso l'alto, dopo l'accurata analisi la guardò negli occhi.
«Non mi fai entrare?» chiacchierò civetta.
«Perché sei qui?»
Sentendo girarle la testa si poggiò allo stipite della porta, «Ti cercavo.»
«Non è serata, torna da Julio.» borbottò.
Permaloso quanto il fratello, «Come vuoi.» scrollò le spalle e gli diede le spalle.
Diego la bloccò dal braccio, «Anzi no.»
Sorrise, «Allora mi vuoi.»
«Entra.» la tirò portandola dentro e richiudendo la porta. Si sedette sul letto con uno sbuffo, mentre Martina osservava la stanza circostante: palloni con diverse firme, mensole con premi, comodini, televisione al plasma e un computer di ultima generazione sulla scrivania. Un letto matrimoniale disfatto era posto sulla parete opposta all'armadio. Anche quella era una stanza pressoché anonima, troppo grande e così poco arredata. Fece scorrere il dito su una mensola, le coppe erano perfettamente lucide e non c'era alcuna traccia di polvere.
«Non toccare nulla.»
Ignorò quello che dal tono parve un ordine, portò i capelli disordinati dietro l'orecchio e notò accanto alla mensola una cornice riempita di foto che raffiguravano due bambini al mare, in montagna, alle feste. Sorrisi ovunque. Quei bambini erano identici a Julio e Diego. Si girò a guardare quest'ultimo per verificare la somiglianza e lo vide con la testa poggiata sulle gambe e le mani sui capelli quasi a staccarli. Fece per sedersi al suo fianco ma la precedette.
«No... non sederti.»
Sbuffò e infilò le mani nelle tasche della felpa, sentiva freddo quindi si strinse nelle spalle.
«Ti capita mai di sentirti soffocare?»
«Be' soffocare qua dentro è il colmo.» aveva gli occhi abbassati sui piedi notando solo allora di essere scalza, ma percepì comunque gli occhi di Diego su di lei probabilmente di rimprovero. «Sempre.» mormorò.
«Sul serio?»
«Tra mia mamma che è una rompiscatole e un figlio non riesco mai a...»
«Hai un figlio?»
Annuì, «Penso che Julio te l'abbia accennato.» O forse no se ha una faccia così basita.
Poi Diego vagò da un'altra parte lo sguardo ritornando ad essere cupo, «A me piacerebbe tanto averla una mamma rompiscatole.»
«Da quanto non c'è?»
«Ero piccolo quando è venuta a mancare, avrò avuto sì e no cinque anni.» si schiarì la voce, criptico.
Trascorsero secondi di silenzio, Martina si dondolò sui talloni cercando qualcosa da dire.
«Credo che... Io vado.» borbottò infine.
Scosse semplicemente la testa in risposta. La prese dai fianchi e se la mise sulle gambe, a lei il cuore fece un balzo per la sorpresa.
«Stai ferma.» mormorò con voce smorzata. Aveva la faccia premuta nella felpa di Martina e le braccia strette sulla schiena di lei, in cerca di conforto. Gli accarezzò i capelli e Diego avvicinò pericolosamente il viso poggiando la guancia alla sua. Pian piano diminuì la stretta e poggiò una mano sulle sue cosce.
«Un pantalone?» rise.
«Senti non avevo in programma di consolare una persona in fase di depressione.»
Risero assieme e Diego nascose il viso all'incavo del collo di Martina, le lasciò dei baci sulla mandibola e per un attimo le loro labbra si sfiorarono.
«Sai... si dice che inferiore al metro di distanza il bacio è inevitabile.» pronunciò con voce roca fissandole la bocca.
«E' un modo per dire che stai per baciarmi?»
«E tu mi stai dando il via libera?»
Si morse il labbro inferiore scuotendo la testa, «Il fatto che sia sbronza non ti dà il diritto di farlo. Non ti conosco neppure.»
«Invece sì.» mise il broncio, «Sono il fratello maggiore di Julio, e tra l'altro quello più bello tra i due.» alzò le sopracciglia.
«Appunto. Baciare un fratello e andare a letto con l'altro la stessa sera mi attribuirebbe il titolo di poco di buono.»
Si alzò dando un'altra occhiata alla stanza per controllare di aver captato tutti i dettagli.
Diego si rizzò di scatto, «Sei stata a letto con Julio?»
«Non si era capito?» indicò il suo stato e si avvicinò alla porta.
«Credevo che l'avresti fatto penare di più.»
«Anch'io.» sussurrò poggiando la mano sulla maniglia.
«Dove vai?»
«A casa.»
«Da sola?»
«Ti va di accompagnarmi?»
«Potrei dire di no a te bambola?!»
«Vado a prendere un attimo le mie cose.»
«Ti aspetto all'entrata.»
Quando aprì la stanza di Julio si era quasi dimenticata della presenza di quest'ultimo se non l'avesse visto mettersi seduto appena entrò.
«Ce ne hai messo di tempo.»
Alla cieca cercò gli indumenti, indossò il reggiseno ma le fu impossibile trovare gli sleep.
«Vai da qualche parte?»
«Dove diavolo sono le mie mutande?»
«Qui.» indicò ai piedi del letto dalla sua parte in cui si trovavano non si sa come.
Indossò pure quelle e poi fu la volta del vestito. Sentiva freddo solo all'idea di indossarlo ma non aveva scelta.
«Dove stai andando?» domandò nuovamente il ragazzo.
«Mi alzi la zip?»
Si girò di schiena e sentire le dita di Julio sulla pelle la fecero rabbrividire.
«Aspetta, ti accompagno.»
«Non è necessario.»
«Mica puoi guidare in questo stato.»
«Non è la mia prima sbronza.» si sedette sul bordo del letto per infilare le scarpe.
«Ma...»
«Ho detto di no Julio. Stop.»
Martina evitò di girarsi a guardare gli occhi colmi di sconforto che immaginava avesse in quel momento, ma dal suo silenzio e dal modo in cui si era accasciato sul letto era chiaro che avesse recepito il concetto.
In macchina Diego accese subito il riscaldamento e il battito dei denti di Martina diminuì man mano che l'aria nell'abitacolo diventava più calda.
«Che gli hai detto a Julio?» domandò Diego con gli occhi puntati sulla strada buia e deserta.
«Che me ne andavo.»
«E ti ha lasciata andare?»
«Non mi aspettavo il suo consenso.»
«Se fossi mia non avrei mai permesso una cosa del genere.» rifletté ad alta voce con serietà.
«Io non sono una proprietà.»
Si girò a guardarla e accennò un sorriso, «No, certo che no bambola»
Con le indicazioni di Martina riuscirono ad arrivare a casa sua. Diego parcheggiò davanti il portone e fissò il palazzo per qualche istante.
«Tua madre starà dormendo?»
«Lo spero, mi ammazza se mi vede così.»
«Perciò mi fai salire.»
«Ovviamente no.»
Batté una mano sul volante, «Lo sospettavo.» ammise. «Buonanotte bambola.» le accarezzò la guancia.
Martina si sporse e lo baciò all'angolo della bocca, poi uscì via e non si girò neppure sentendo la risata divertita di Diego.
Entrò in casa borbottando qualche bestemmia contro le scarpe che scalciò via all'entrata. Proseguì scalza e con i piedi doloranti sino alla cucina e si versò un bicchiere d'acqua.
«Sei appena tornata?»
Martina fece un balzo e per poco non si affogò. Lo spavento era dovuto più perché riconosceva bene quella voce e il tono inquisitore.
«Mamma! Mi hai fatto prendere un colpo!»
«È tardissimo Martina, dove sei stata tutto 'sto tempo?»
«Ero da Julio, ci... ci eravamo addormentati.»
«Sì, addormentati! Per altro la macchina che ti ha accompagnata non era quella di Julio.»
«Potresti fare proposta per entrare alla CIA, sono certa che ti assumerebbero al volo.» diede un attimo le spalle ad Isabel e prese uno snack dalla dispensa. Tornò a guardarla e si rimangiò subito le parole, «Era il fratello di Julio. Ma che te lo dico a fare, tanto non mi credi. Non mi credi mai.»
Isabel sussultò, «Ti crederei, se non mi riempissi di menzogne.»
«Sai perché ti mento di continuo? Lo sai? Per cercare di non sembrare la figlia sbagliata che hai.» alzò un po' la voce.
«Non è così, tu...» la voce della donna si incrinò sebbene tentasse con tutte le sue forze di respingere le lacrime. «Hai bevuto Martina. Dici questo perché hai bevuto.»
«E' vero. Ma è così, leggo il rammarico nei tuoi occhi ogni volta che fallisco. La stessa delusione di quando ti dissi che ero incinta. Purtroppo sono io.» E mi dispiace immensamente che proprio tu debba tenere questo peso. Questo, però, non lo disse.
Ormai Isabel ci aveva rinunciato, le lacrime scorrevano copiose sul suo viso senza chiedere il permesso. Martina si strofinò la fronte con il palmo della mano, chiedendosi se fosse stato il caso di alzare quel polverone. Attraversò lentamente la cucina e infine se ne andò sentendo il pianto della madre sempre più forte. Si cambiò in fretta e si nascose sotto le coperte schiacciando la faccia contro il cuscino. Non seppe dire quando riuscì a prendere sonno, ma la cosa certa era che aveva consumato tutte le lacrime.

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TORNATA DOPO SECOLI.

Gli impegni vari mi hanno impedito di avere tempo per scrivere. Ma finalmente ce l'ho fatta! :D

I hope you like .Xx

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