Capitolo 24

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Martina entrò in auto, a stento cosciente, aiutata e supportata da due uomini. Riusciva appena a vedere ciò che la circondava e si lasciò abbandonare con leggerezza. Il capo si curvava da un lato e dall'altro, poi toccò il finestrino che usò come supporto e socchiudeva gli occhi sentendosi pervadere da un'ondata di sonnolenza.
«Grazie dell'aiuto ragazzi.» Thomas si rivolse ai due, con cui scambiò una stretta di mano.
«Come ha fatto a ridursi così, Thomas?» chiese uno dei due, dai capelli biondo cenere e piuttosto corti, dalle spalle larghe e di media altezza.
«Dovresti... tenerla d'occhio. E dirlo a Pierre.» proseguì l'altro, identico al primo fatta eccezione per i capelli più chiari e i lineamenti più pronunciati.
«Non immischiatevi, non è il caso. E non azzardatevi a parlarne con Pierre, chiaro? Darebbe di matto» disse con tono pacato nonostante il velo di inquietudine negli occhi.
«Ma guardala! Guarda com'è ridotta.» obbiettò con una smorfia il primo.
Thomas fece il giro dell'auto, «Devo portarla a casa.»
«Thomas...»
«Me ne occupo io, okay? Ma sono quasi certo che non ce ne sia bisogno, lei è forte.»
I mormorii dei due lasciavano intendere che non fossero tanto convinti dalla sua rassicurazione. D'altra parte Thomas voleva solo liberarsi di tanta insistenza con quell'ultima frase. Se ne sarebbe lavato le mani alla prima occasione, com'era fare nella sua natura. E tutti, lui compreso, ne erano consapevoli.
«Martina, prova a rimanere sveglia» così dicendo inserì la chiave e accese il motore.
«Mamma... Casa non...» bisbigliò, con notevole difficoltà persino nel scandire parola.
«Tranquilla, ora ti porto a casa tua così fai una bella dormita.»
Lei scosse lievemente la testa strizzando gli occhi.

L'aiutò a scendere dall'auto ed arrivare sino alla porta di casa.
«Eccoci. Riesci ad entrare da sola, sì?»
Martina poggiò la testa sulla spalla di Thomas sorridendo ad occhi socchiusi.
«Dove hai la chiave?» non sentendo alcuna risposta o reazione da parte di lei la richiamò.
«Mmm...»
«Okay... be'...» si grattò il capo rimuginando per un po'. Quindi si decise a suonare il campanello.
La porta si aprì quasi subito e Isabel comparve come un turbine.
«Martina, oh Martina! Ero così preoccupata!» il sollievo della donna scomparve appena vide lo stato in cui si trovava e il braccio di Thomas intorno al suo corpo per sorreggerla. «Che avete fatto alla mia Martina?»
«Ecco... ha bevuto troppo quin...»
«Julio! Julio!» chiamò ansiosa e con la voce rotta.
«Cosa c'è Isabel?»
«Vieni qua, figliolo.» Isabel teneva una mano sul petto, addolorata e tremante.
Appena comparve Julio al suo fianco sentì un briciolo di sollievo che sparì appena tornò a guardare la figlia in balìa di qualsiasi sostanza avesse assunto.
«Aiutami a portare Martina, per piacere.»
Julio si avvicinò a lei e provò a scuoterle il viso cercando una sua reazione, riservando un'occhiata di sottecchi al ragazzo che le era al fianco. Martina ondeggiava la testa e non rispondeva ad alcun richiamo e neppure ai colpetti sulla guancia.
«Che ha fatto?»
«Ha assunto alcol... parecchio alcol.» rispose Thomas aggrottando la fronte. «Ha già vomitato abbastanza, ma la situazione non è affatto migliorata.»
«Dove l'hai trovata?»
«Era in un bar a quindici minuti da qui... dove avevamo accordato di vederci.»
«Una volta per tutte Thomas» iniziò Isabel. «Non devi più cercare mia figlia e riempirle la testa, né tu né quel gruppo di delinquenti che chiami amici. Lei è uscita da questa storia, ha pagato il suo prezzo e sono stufa che non le lasciate vivere la sua vita! Prenderò dei seri provvedimenti se non la smetterete.» pronunciò il tutto pacata ma altrettanto minacciosa.
«Signora io non voglio farle del male. Sono suo amico, e comprendo che a lei non garba ma è la sua vita e sono le sue decisioni.»
«Ho visto quanto le sue decisioni sono state plasmate a piacimento degli altri e non permetterò che si riduca continuamente così» Isabel trattenne a stento le lacrime, con voce appena udibile si rivolse a Julio: «Portala dentro, su.»
«Posso vede...»
Isabel lo interruppe, «Non devi cercarla più, Thomas.»
Julio si mise Martina in spalla dirigendosi in cucina, lei sibilava parole incomprensibili.
«Martina come ti senti?» dopo che la adagiò su una sedia provò a chiamarla e farle domande, ma fu del tutto vano. «Cazzo Martina, rispondimi! Perché ti sei ridotta così?» le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo negli occhi, ma lei non li teneva neppure aperti.
«Dobbiamo verificare se deve vomitare ancora.» Isabel si mosse svelta nella cucina, nonostante gli occhi gonfi e il viso colmo di lacrime preparò un caffè «Ecco Martina, bevi questo.» le avvicinò la tazza ma appena ne sorseggiò un goccio lo sputò sulla propria maglietta con una faccia disgustata. Isabel prese dei fazzoletti per ripulirla. «Vado a prendere qualcosa per cambiarla.»
«Devi bere un po' di caffè per sentirti meglio.» provò anche Julio, le aprì la bocca e la costrinse ad ingerirlo ma non ottenne buoni risultati.
Al ritorno di Isabel la spogliarono per infilarle il pigiama, Martina rimase inerme lasciando che facessero il tutto senza muoversi. Sembrava quasi una bambola, incapace persino di vestirsi da sola. Poi la portarono sino alla sua camera e decisero di spostare Matías, che dormiva tranquillo, nella stanza di Isabel. Martina cadde immediatamente in un sonno profondo.

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