Capitolo 19.

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Quel vestito lasciò Martina con un grande vuoto per diversi minuti. Era troppo bello per essere buttato via e troppo dannato per lasciare che continuasse a tormentarla. Non badò di chiudere la porta a chiave e quando Isabel entrò con Matías in braccio Martina non si preoccupò di posarlo affinché non lo vedesse. La sua mente era totalmente persa per poter anche solo riflettere di celare l'evidenza.
Isabel adagiò il bambino ormai dormiente nel letto.
«Non faceva che fare avanti e indietro davanti la tivù e poi si è addormentato in un attimo.» sussurrò dando un bacio sulla fronte al piccolo.
Martina fece lo stesso ed entrambe lo ammirarono come se fosse la perla più preziosa, e difatti era proprio quello per loro.
Solo dopo, prima di uscire e lasciare dormire Matías, prese la gruccia su cui era stato posto l'abito e lo depose nell'armadio, questa volta non lo neppure nascose. Non serviva a niente nascondere qualcosa dove avrebbe potuto ritrovarla. Nel raggiungere la madre alla soglia della porta vide ciò che sapeva sarebbe stata la sua reazione: confusione. E il solito terrore che Martina riconosceva ogni volta che si preoccupava per lei.
«Martina» aprì bocca solo quando raggiunsero la cucina. «Sei tornata in quel posto per vederlo?»
Nel frattempo la ragazza aveva preso uno yogurt dal frigo e se lo gustava lentamente.
«Mamma» il suo sembrò un tentativo di rimprovero, ma Isabel non se ne curò.
«Non ti permetterò di rovinarti questa volta. Ora c'è Mati, siamo stati così bene i questi tre anni e mezzo no?!»
Martina assottigliò gli occhi, divennero duri e cupi, «Certo, è tutto a posto finché faccio ciò che vuoi, vado bene a scuola e rimango sobria»
La donna spalancò la bocca, «Cos'è che ti manca? Non saremo ricchi ma ho la presunzione di affermare che in tutti questi anni non ti ho fatto mancare nulla.» alzò infine la voce, «Quell'uomo è un diavolo Martina, e non so perché tu ti ostina ad andare a trovarlo in carcere!»
Sbatté il contenitore dello yogurt, ormai vuoto, sul tavolo.
«E della mia vita mamma? Cosa ne faccio della mia vita?»
«Che diamine Martina! Sono tua madre e...» agitò le braccia.
«Non gira tutto intorno a te, cazzo.»
Davanti quella frase gelida Isabel rimase di sasso, reclamando la sua Martina. Perché quella che aveva davanti dal suo stesso aspetto la distingueva e non come sua figlia.
«Uscirà di là mamma, e non potrai impedire che lo veda.» fece su con il naso abbassando la testa. Le braccia distese, le mani strette in due pugni.
«Come?» sillabò. «E' stato uno dei suoi delinquenti amici? Sei andata da loro Martina!... O l'hai chiesto direttamente a lui.»
Le grida erano ormai degenerate da entrambe le parti. Finché all'uscio della porta apparve Matías, con una mano si strofinava gli occhi assonnati. Martina si asciugò subito gli occhi e poi prese il figlio tra le braccia.
«Amore.» disse in un sussurro.
Nel frattempo gli depositava una serie infinita di baci sul viso. Le risate di Matías la fecero subito stare bene; ormai quel bambino era diventato la sua medicina da brutti pensieri o momenti infelici.
«Mamma, ma la nonna è tiste?»
Seppure l'avesse guardata solo con la coda dell'occhio non le servì neppure girarsi... i respiri di Isabel erano ben udibili come i singhiozzi.
Martina gli scompigliò la massa riccia, «No amore, non è niente.»
Isabel tirò su con il naso e fece respiri più pesanti nel tentativo di coprire il viso con le mani. Infine li sorpassò con passo svelto. Martina accennò un sorriso forzato al figlio, ma negli occhi si celava tutto lo sconforto.
«Tu sei tiste, mamma?» domandò ancora Matías, l'innocenza nella piccola voce.
«Ora no... e sai perché?» gli solleticò il collo e lui si agitò sghignazzando.
«Pecché?» la grande pozza nera nelle sue iridi era interessata.
«Perché ci sei tu con me e possiamo giocare, vuoi?»
Annuì vigorosamente, in risposta. Ma prima di spostarsi nell'altra stanza la fermò per l'ennesima domanda.
«Mamma... pensi che il mio papà qualche volta è tiste pecché io non sono con lui?»
Questa volta il sorriso mutò in una smorfia, che Matías non riuscì a decifrare, e attese una risposta che non arrivò come le altre volte. Una semplice carezza non riusciva a rimuovere i mille quesiti che un bambino senza un genitore potesse avere. In particolare quella più importante: Dov'è papà?

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