Capitolo 11.

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Martina era piantata da dieci minuti davanti il suo armadio, passando in rassegna ogni indumento. Alla fine optò per degli skinny blu strappati al ginocchio e un maglione nero che le copriva appena fino alla vita, lasciando un lembo di pelle scoperta. E per finire le sue Adidas nere. Andò in bagno per truccarsi; dove Isabel aveva appena finito di fare il bagno al piccolo Matías.
Guardò il suo riflesso allo specchio e notò il pallore del suo viso e gli occhi incerchiati. Per non palare dei capelli, più scompigliati che mai.
Dio, Julio mi ha davvero vista in questo stato? Pensò sciacquando il viso.
Anche se così fosse, che importanza ha? Ribatté la voce dentro di lei, antipatica.
Ma Martina la ignorò e si picchiettò le guance nel tentativo di ridare loro del colorito. Per quello, fortunatamente, c'era il suo fondotinta, con una buona dose di quello e un po' di correttore sotto gli occhi andava già molto meglio.
«Dove vai?» domandò la madre ad alta voce, sovrastando il rumore del phon.
«Faccio un giro.» rispose applicando il mascara.
«Con Julio?» azzardò.
Assentì ma le puntò subito un dico contro, vedendo il viso della madre rallegrato. Isabel alzò la mano libera in segno di resa.
Per finire il suo trucco Martina colorì le sue guance con il fard e accentuò le labbra con un po' di rossetto rosso. Fonò i capelli per dare loro più volume e il risultato finale fu approvato dalla stessa.
Quando andò a prendere la borsa nella sua camera si bloccò davanti lo specchio.
Mi sono davvero preparata per uscire con Julio?
Trascurò quel dettaglio e strofinò il palmo della mano sulle labbra. Così va meglio; convinse se stessa.
«Eccomi.» si parò davanti il divano su cui era seduto Julio intento ad armeggiare con il cellulare.
Restò per un attimo incantata ad osservarlo; rifletté che al contrario a lui non erano serviti ben quaranta minuti per prepararsi. Senza alcun tipo di sforzo Julio riusciva ad essere impeccabile: con i vestiti del giorno prima, l'aria ancora assonnata e i capelli in disordine. Eppure stava benissimo così com'era.
I capelli arruffati gli danno un'aria così... sexy.
«Finalmente.» sospirò. Alzando lo sguardo s'incantò a scrutarla: le curve nei punti giusti, i vestiti della taglia giusta che li mettevano ben in mostra. Cazzo.
«Be'? Andiamo?» sputò, piccata. Perché mi fissa? Sa che odio quando lo fa.
Julio annuì distogliendo lo sguardo e uscirono di casa senza dover imbattersi in Matías. Martina ipotizzò che Isabel lo stesse trattenendo per evitare capricci da parte sua.
«La tua auto è ancora ferma?»
Ah, merda! «Ho dimenticato di mandarla a riparare.»
Julio aprì la sua macchina parcheggiata poco distante. «Posso farla vedere io, se vuoi. Conosco un meccanico di fiducia molto bravo.»
Lei sapeva che era una pessima idea; preferiva non avere altri favori da lui che implicavano trascorrere più tempo insieme.
«E magari domani posso darti uno strappo a scuola...»
«Merda, la scuola!» batté la mano sulla coscia. Julio si distrasse per un attimo dalla strada e la guardò accigliato. «Il progetto di scienze.» rammentò.
«Ho provato a contattarti... I termini di scadenza erano entro questa settimana.»
«Come? Ma domani è sabato e non abbiamo lui nell'orario scolastico.» si allarmò. «A meno che... potremo consegnarlo in una classe in cui ha lezione.»
«Pensi che potrebbe funzionare?»
«Non lo so, ma sempre meglio provarci. O siamo fottuti.» disse con un'alzata di spalle, mascherando la preoccupazione.
Il resto del tragitto lo passarono senza dire niente, e Martina alzò eccessivamente il volume della radio per coprire il silenzio assordante che alleggiava nell'abitacolo. Subito dopo Julio lo riabbassò beccandosi una sua occhiata di storto.
Sbuffò e sbuffò ogni minuto che passava.
«E la decima volta come minimo che sbuffi, vuoi smetterla?» sbottò Julio.
«Sono annoiata. Vuoi dirmi dove siamo diretti? E quanto ci manca ancora?» apostrofò in procinto di una crisi di nervi. Voleva controllare tutto, convinta di poterci riuscirci, e ora che non era possibile stava dando di matto.
«Siamo quasi arrivati. Vedrai, ti piacerà: è un posto bellissimo.» disse, con il suo solito sorriso stampato.
Intrecciò le braccia al petto e stese i piedi sul cruscotto.
Julio la fulminò, «Giù i piedi.»
«Quanto sei noioso.» tuttavia fece come gli aveva detto.
Lo guardò a lungo e non riuscì più a togliergli gli occhi di dosso. Prese a memorizzare ogni dettaglio che riusciva a notare. I suoi occhi erano insistenti sulla sua bocca rosea e carnosa. Martina si morse il labbro inferiore e fantasticò su quella bocca premuta sulla sua, immaginava gli occhi ghiaccio di Julio guardarla con desiderio. I suoi pensieri presero il sopravvento. Strinse le cosce sentendo un formicolio proprio ...
«Siamo arrivati.»
Sobbalzò spalancando gli occhi quando sentì la mano di Julio sulla coscia.
«Ti eri addormentata?»
«No, no.» rispose con un filo di voce.
«Forza, scendi.»
Fece un gran bel respiro costringendo i suoi ormoni a placarsi, e nel scendere dall'auto vide attorno solo verde. Alberi sparsi un po' ovunque e ancora verde. E poi... il nulla. A parte qualche insetto che stava infastidendo già troppo Martina. Camminarono in silenzio.
«Dov'è che stiamo andando, di preciso?»
«Dovrebbero essere qui da... Ah, eccoli.»
Poco lontani da loro due figure sdraiate sull'erba allargavano le braccia per farsi notare. Julio andò loro incontro e Martina lo seguì a distanza.
Ti prego no, no. Come trovo un modo per sgattaiolare via?
«Te lo dico, sto per andarmene.» borbottò.
«Vieni, ti faccio conoscere i miei amici.» disse Julio trascurando il suo commento. «Magari ti stanno simpatici.»
Certo, come no.
A vicinanza più riavvicinata distinse le figure: una ragazza dai capelli lunghi appena sotto le spalle di un biondo chiaro con le punte blu, e un paio di occhiali da vista fin troppo grandi, blu anche quelli. L'altro era un ragazzo, capelli tendenti al nero tenuti su dal gel e rasati ai lati, di corporatura robusta e palesemente palestrato.
La bionda si alzò da sopra le gambe dell'altro per correre verso Julio. Martina storse la bocca quando la vide con il suo corpo minuto saltargli praticamente addosso.
Julio rise. «Lo stai facendo a posta, vero?» sussurrò all'orecchio di Marisol.
«Cosa?» finse innocenza.
«Sei una stronza.»
«Lo so.» sogghignò.
Staccatasi da lui Marisol si avvicinò a Martina, rimasta un po' indietro. «Tu devi essere Martina, immagino. Piacere, Marisol.» si alzò gli occhiali che le erano scesi sul naso e le porse la mano.
Da dove esce questa?
Martina guardò la sua mano tesa per un attimo, poi si girò verso Julio.
«Non è di molte parole, vedo.» ritirò la mano lasciando il sorriso stampato sul viso.
Ah ma allora è un vizio sorridere di continuo per loro?!
«E ringrazia che lo sia. Quando parla è di sicuro peggio.» proferì Julio a bassa voce.
«Tu invece parli fin troppo... e per di più sono cazzate»
Mentre Julio le rivolse un dito medio si udì una risata poco distante, proveniente da chi fino a quel momento era rimasto zitto. «Su questo ha ragione bro.»
Martina lo guardò e gli si sedette vicino allungando le gambe sul prato. Almeno qualcuno che parla per una buona causa. Come ha detto che si chiama?
«Sono Adam.» rispose come se le avesse letto nel pensiero.
Accennò un saluto con la mano. Sentì Julio sedersi al suo fianco, ma non ci badò. Anche Marisol prese posto tra le braccia di Adam e Martina si sforzò per non far uscire dalla sua bocca un verso di disgusto.
Adam squadrò Martina neanche tanto discreto, «Julio, non avevi detto che fosse tanto figa.»
«Già.» accordò Marisol.
Parla di me ai suoi amici? Ah.
Julio sferrò un pugno sul braccio dell'amico, «Non farti strane idee Adam.»
«Uhm... la mia mente ha fatto molto di più.» disse puntando gli occhi sul suo seno.
«Se continui a fissarmi potrai usare solo quella per farti le seghe» sputò Martina.
Julio rise e anche Marisol scoppiò in una risata esagerata. Adam si girò su un fianco e la ragazza sopra di lui si lamentò.
«Non ti muovere che cado.. ehi sento qualco... Adam non mi dire che ti è venuto duro?» gridò. Fortuna che non c'era nessuno nei dintorni.
«Non essere stupida, però se continui a strusciarti su di me..»
Risuonarono le risate derisorie dei due amici. Julio lanciò un'occhiata a Marisol che la colse al volo.
Martina aveva già smesso di ascoltarli, le era arrivata un messaggio sul cellulare: era una foto di sua madre e Matías con delle facce buffe che la fece sorridere e la inserì subito come sfondo. Isabel stava imparando ad usare il telefono, almeno le cose basilari. E' talmente negata sulla tecnologia.
«Ho sete. Vieni con me a comprare l'acqua.» fece la bionda alzandosi in piedi e tirando Adam per un braccio.
«Dai, che palle, non puoi andare da sola?» si tirò su svogliatamente.
«Muoviti, così mi fai vedere le tue grandi doti.»
«Con molto piacere.»
«Scherzavo, Adam»
Tra battibecchi si allontanarono e Julio ne approfittò.
«Cosa guardi?» domandò facendosi più vicino a Martina.
Lei girò il cellulare e gli mostrò la foto. Sorrisero insieme. Poi si riconcentrò sull'aggeggio, e Julio prese a girare tra le dite una sua ciocca di capelli.
Riposando il telefono si distese sul prato e lui fece lo stesso su un fianco.
«Non è male qui.» puntò gli occhi verso il cielo.
«Te l'avevo detto.»
«C'è silenzio e... calma.»
Quando spostò gli occhi vide lo stesse cielo in quelli di Julio. Intanto che lui si avvicinò di più Martina non riuscì a reprimere il desiderio di toccargli la bocca: fece scorre l'indice sul labbro inferiore, screpolato al tatto ma dannatamente invitante. Anche Julio le fissò la bocca. Poi gli circondò le braccia al collo e lo tirò a sé. Quindi lui si abbassò poggiando le labbra, in un primo momento, sulla mandibola per poi scendere a baciarle collo e Martina sospirò chiudendo le palpebre; leccò e succhiò la sua pelle con una tale lentezza che la fece quasi impazzire. Lo strattonò dai capelli per costringerlo a rialzare la testa e dopo avergli guardato un'altra volta le labbra fece per baciarlo. Ma Julio tentennò.
«Che c'è?»
«Non ti bacio se non sono certo che domani non mi ignorerai.»
Eh? «Okay... basterà che tu stia fermo.»
Julio sbatté le palpebre confuso, ma prima che potesse rendersene conto Martina catturò le sue labbra avidamente. Ricambiò, suo rammarico, con trasporto.
Ho il cervello fottuto quando c'è lei.
Mi fa impazzire desiderarlo e non averlo.
Julio si fece spazio tra le sue gambe, si distese sopra reggendosi sui gomiti senza smettere di baciarla. Spinse il bacino contro quello di Martina che mugolò stringendo i suoi capelli con una mano. Poi, a corto di fiato, si staccarono lentamente tornarono a fissarsi negli occhi, che brillavano di eccitazione e desiderio. Julio si abbassò per sfiorare le labbra di Martina ancora una volta, con più lentezza e più dolcezza. Lei sbatté le palpebre spaesata.

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