Capitolo 7.

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Le ore trascorsero e non furono spiacevoli come Martina avrebbe sperato. Se fa battute del cazzo o qualsiasi tipo di passo falso lo caccio fuori di casa e addio progetto; si era detta ma risultò abbastanza difficile trovare un pretesto per il quale cacciare Julio, dal momento che si comportò in maniera impeccabile. Fu concentrato per tutto il tempo sull'argomento che stavano trattando e la ragazza si meravigliò quando lo vide interessato da quanto gli stava dicendo su la tettonica delle placche; e inoltre fu d'accordo nell'inserirlo all'interno della relazione. Non mi sta ascoltando, di sicuro. Annuisce e basta 'sto idiota; aveva pensato mentre argomentava armeggiando con il cellulare su cui aveva trovato notevoli informazioni, sebbene dall'apparenza sembrava il contrario. Ma fu costretta a rimangiarsi tutto quando Julio intervenne nel suo lungo monologo proponendo altre idee. Diamine si è proprio dato da fare, questa volta. Fa sul serio, allora. Doveva ammetterlo, seppure ciò le lasciava dell'amaro in bocca. Avrebbe voluto quel ragazzo il più lontano possibile dalla sua vista, ma quelle idee potevano funzionare, e quel progetto poteva essere concluso in maniera eccellente. Era un'occasione troppo allettante per Martina.
«Visto? Non è poi così male lavorare insieme senza gridarci contro.» sorrise Julio mettendo in ordine alla meno peggio i fogli sparsi sul tavolo.
Martina emise un suono gutturale poco comprensibile, perché troppo occupata a scrivere, e per attirare la sua attenzione le strappò la penna dalle mani, ottenendo esattamente la reazione che voleva: farla innervosire. È così buffa quando si riscalda per poco.
«Senti mister occhi celesti non ti conviene mette...» le parole le morirono in gola. Dio, l'aveva detto davvero?
«Mister occhi celesti, mi piace. Be' sicuramente meglio di idiota o nullafacente.» rise di gusto per l'espressione di Martina, che lasciava a vedere perfettamente che quelle parole le uscirono dalla bocca prima che l'impulso passasse dal cervello. «Ammetti che non sono poi così male come compagno di progetto.» disse asciugandosi le lacrime agli occhi per le troppe risate. Lei si trattenne da seguirlo a ruota, anche se trovava la sua risata contagiosa.
«Scordatelo. Però ce la siamo cavata oggi.»
«Porca miseria, non c'è niente che ti smuove. Hai più ego di noi ragazzi.»
«Sì, l'hai capito.»
Per tutta risposta Julio la spinse. «Nemmeno così?» sorrise.
«Idiota.» Martina sorrise, perché tutto sommato era un idiota ma la faceva ridere il suo modo di alleggerire le conversazioni.
Le sistemò una sua ciocca di capelli dietro l'orecchio, gli occhi puntanti in quelli di lei al fine di captare qualsiasi sua reazione. Martina riteneva invece che volesse scavarle dentro con un unico sguardo e la sua paura più grande era che potesse riuscirci. Forse perché credeva che ne fosse capace. Forse aveva il timore di essere spogliata di qualsiasi tipo di scudo da lui più di chiunque altro.
«Che c'è?» chiese in un sussurro, il che faceva ben intendere che stesse vacillando. Non riuscì neanche a negare a Julio di far scorrere quelle dita al tatto un po' ruvide sulla sua guancia. Ma quando allontanò la mano si pentì di non aver deciso lei la fine di quel gesto e il cuore, contro ogni suo ordine, iniziò a battere più del dovuto.
«Sto valutando,» iniziò lui, tanto serio in volto quanto tranquillo all'apparenza, facendosi più vicino con il viso. «se è il caso o meno...» terminò, lasciando la frase in sospeso.
Ma non fu bisogno di spiegare meglio o aggiungere parola alcuna.
«Non è il caso.» ribatté con tono piatto.
«Tu credi?», annuì in risposta e Julio ispirò profondamente riflettendo, senza interrompere un momento il contatto visivo. «E... quando arriverà?»
Martina tentennò davanti quella che, era ben chiaro ad entrambe, celava una richiesta nascosta.
«Mai
«Mai?»
La ragazza trattenne per un momento il respiro, reprimendo ogni tipo di sensazione che cercava di appropriarsi di lei.
«Mai è un periodo davvero lungo, Martina.» Il suo nome scivolava così bene sulla sua bocca.
Lei sospirò semplicemente, sbatté più volte le palpebre e lo vide avvicinarsi maggiormente. Allora non capisce, o non vuole capire. Mi fa ammattire questo qua! Gli occhi di Julio erano più belli visti da così vicino. Martina si morse l'interno guancia sentendosi a disagio e combattuta.
«E' decisamente troppo.» ripeté in un sussurro. Il suo fiato si infranse sul collo di lei. Era talmente caldo che le provocò un brivido.
Le loro labbra si sfiorarono e i loro aliti si mischiarono; dentro Martina regnava la resa mentre Julio tentava di andare più piano possibile. Se non vuole mi rifiuterà prima e capirò. Ma dentro di sé sperava che lo volesse anche lei quel bacio.
Tuttavia ad intervenire fu una forza esterna: la porta si spalancò di colpo ed entrambi si allontanarono ancora un po' spaesati.
«Martina per cena avevo pensato di ordinare la pizza.» entrò come un uragano Isabel, e come fa un uragano rovinò tutto pur se inconsapevolmente. «Julio, caro, pensi di cenare con noi?» si rivolse al ragazzo con tono cortese.
«No, grazie. Siete stata abbastanza gentile da ospitarmi fino ad ora.»
Martina sospirò dentro di sé, non avrebbe sopportato altri minuti insieme a lui e soprattutto dopo quello che era... o meglio stava per succedere. Non sarebbe successo proprio nulla, era tutto sotto controllo; rispose al suo subconscio nonostante fosse convinta di mentire a se stessa.
Secondi di silenzio gravarono in quello spazio ristretto, Isabel saettò lo sguardo da Martina a Julio e viceversa più volte. «Che succede?» chiese infine alla figlia. Nascondere qualcosa ad una mamma era un po' come farlo con la propria persona: per quanto ci provi risulta inutile.
«Niente. Abbiamo finito.» disse richiudendo il grosso tomo che aveva davanti, ma la voce le uscì più acuta di quanto avrebbe voluto.
E nonostante tentasse di schivare gli sguardi della madre riposando con cura le proprie cose Isabel continuò a scrutarla, finché Julio non interruppe la sua accurata indagine.
«Be', è arrivato il momento di andare. Grazie ancora, signora.» si alzò in piedi.
«Martina accompagnalo.» disse Isabel guadagnandosi un'occhiataccia da parte della ragazza. «Forza.» la spinse fino la porta d'ingresso.
Lei non poté opporsi né rispondere a modo perché ormai la madre l'aveva sbattuta fuori casa. Letteralmente.

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