Capitolo 23

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La mattinata si concluse, Martina era intenta ad allacciarsi la cintura quando si aprì lo sportello accanto, del conducente.
«Perché ci hai messo tanto?»
Julio la guardò accigliato, «Ho parlato appena due minuti con Nicolas.»
«Sì, questo l'ho visto, c'ho gli occhi se non te ne fossi accorto.» sbuffò tirando i capelli in una coda alta, «Che poi, francamente, sembrava più che lo stessi minacciando»
«No, non proprio. Ci ho parlato per quello che ha detto di te in classe.»
Martina spostò gli occhi dallo specchietto retrovisore in cui stava valutando come fosse uscita l'acconciatura. Julio avviò il motore, evitando in ogni modo di girarsi per non essere vittima della sua furia. Ma sapeva che non sarebbe bastato. Sentiva già gli occhi assassini di lei addosso, assottigliati per sembrare più minacciosa. Stava per sganciare la bomba.
«Tu cosa? Come cazzo ti sei permesso?» sbraitò. Era già partita, le parole dette a macchinetta e il veleno in ognuna di esse. «Julio ti sei bevuto il cervello! Ti sei totalmente bevuto quel fottuto cervello malandato che avevi!»
«Ho chiarito con lui. Non dirà più nulla del genere di te, non ci proverà nemmeno. Me lo ha promesso.» alzò le spalle, tranquillo, «Sarà meglio per lui.»
«No Julio, no!»
«Cosa c'è Martina?» mormorò picchiando la mano sul volante. Gli occhi erano puntati davanti a sé, assottigliati in un'espressione dura.
«Julio non ho bisogno che tu mi faccia da baby-sitter, e cazzo non mi serve qualcuno che mi pari le spalle. Non farlo mai più. Mai più! Intesi?»
Sospirò, rimastoci quasi male, «Cos'è esattamente che ho fatto di male?»
«Io non dipendo da nessuno. Non voglio. Chiaro?»
«Ma, porca puttana, hai sentito quello che diceva? Nicolas può essere anche mio amico ma delle volte sembra solo un verme viscido. Ti giuro mi sono trattenuto dal pestarlo in classe, ma la prossima volta non la passerà liscia.»
«Stai blaterando cose senza senso», ora il tono di Martina era più pacato ma rimaneva di ghiaccio e incazzato, «E' perché sono venuta a letto con te? Facciamo sesso una notte e pensi di poterti comportare come fidanzato psicopatico!»
«E questo che vuoi? Che ammetta di essere geloso?» sferrò un pugno sul volante e accostò bruscamente «Be', quando Nicolas ha detto quelle cose di te non ero geloso... ero nero.» ammise seppure avesse usato un tono duro, «La verità, Martina, e che il mio cervello va a puttane quando si tratta di te» passò la mano tra i capelli per tirarseli indietro, con una forza eccessiva. «Le tue labbra, il tuo corpo, persino il tuo caratteraccio, mi mandano in tilt.» fece salire un dito dalla coscia di Martina fin su, con il pollice le premette le labbra.
Echeggiò il silenzio per un po', sul viso di Martina si dipinse un sorriso. Non era un sorriso di chi si aspettasse quelle parole e neppure di una ragazza eccitata di sentire quella che poteva sembrare qualcosa simile ad una dichiarazione. Il sorriso era beffardo, aveva un qualcosa di perverso.
«Se andassi a letto con qualcun altro?»
Julio si frizzò e i suoi muscoli si tesero, «C...come?»
«Quello che ho detto. Rispondi.»
«Tu... no.»
«Potrei farlo.» alzò le spalle, fingendosi innocente.
Julio la guardò colpito e spaventato. Stranito e anche confuso. Dove vuole arrivare?
«No. Non lo farai mai. Non farlo, Martina. Io non voglio.» disse perentorio.
Martina lo vide: stava al suo gioco. Gli piaceva anche a lui. Quel punzecchiarsi, ferirsi, con la paura dell'ignoto.
Poi la baciò e Martina sentì un improvviso terrore pervaderla. Percepì un bacio tormento, disperato, ambito. Eppure c'era dell'altro. Era chiaramente unico, passionale e fantastico. Julio le strizzò un seno prima di tornare alla giuda.
«Dove.. dove vai?» domandò lei quando riuscì a parlare.
«Ti porto a casa mia.» disse malizioso, che lasciò intendere a Martina i suoi pensieri.
«Te lo scordi.» scoppiò a ridere, divertita dal comportamento strano di lui.
Julio fece scivolare la mano sul ginocchio di Martina poi risalendo sulla coscia gliela accarezzò e strinse leggermente. La sua mano calda era tanto vicina all'intimità di lei che boccheggiò in un primo momento. Poi gli lasciò fare, lasciò che quelle carezze la facessero accendere.
Quelle mani, Dio, le sue mani.
Poi, prima di perdere del tutto il senno, prese la mano di Julio tra le sue e la riportò sul ginocchio. Lui rise, divertito.
«Non ti chiederò più un passaggio.»
«Oh.» esclamò, fingendosi offeso. «Ma stamattina? Sei venuta con l'autobus?»
«No guarda me la sono fatta a piedi. Insomma sono due passi.» lo prese in giro.
«Era per chiedere,» ribatté piccato, «Che ne so, magari tu vieni in altri modi.» tornò quel sorriso. Bellissimo, sì, e quello pericoloso per eccellenza.
«A dire la verità» Martina si sporse in avanti e gli parlò all'orecchio, «sono di più le volte in cui faccio venire
Julio scosse la testa con il sorriso dipinto sul viso. I discorsi dei due puntavano continuamente sul piano sessuale e il pericolo era sicuro imminente.
«E' una scusa...» disse dopo, «...prendi l'autobus per farti accompagnare da me al ritorno.»
«Guarda» fece un respiro tanto profondo quanto teatrale, «voglio deludere le tue aspettative, perciò no, prendo il bus perché l'auto va e non va.» concluse saccente. Subito dopo alzò il volume della radio per sovrastare qualsiasi altra sua parola.
Il viso di Julio si corrucciò e parve cupo per un attimo. In silenzio tornò a poggiare la mano sulla coscia di Martina.
Arrivati a destinazione Martina si accinse a scendere.
«Te ne vai così? Almeno un bacio me lo merito.»
Si fermò ad ascoltare quelle parole, poi si chiuse lo sportello alle spalle, «Ci vediamo domani, Julio»

«Potrebbe anche prenderti la mattina, così non c'è bisogno che prendi l'autobus.» sopraggiunse Isabel appena varcò la soglia di casa.
«E' successo solo oggi.» si tolse giubbotto e sciarpa per buttarli a caso sul divano.
«Ma se torni sempre con lui.» controbatté. «Che poi non capisco quei lividi, Martina. Seriamente, cosa avete fatto?» le domandò ancora una volta fissando le chiazze sul collo della figlia.
«Niente, mamma, niente.» sospirò. «Matías?»
«E' di là a disegnare, ha già mangiato perché era affamato.»
Nel pomeriggio nonostante i suoi tentativi di studiare per potenziali interrogazioni del giorno dopo Julio la distraeva costantemente. Continuava ad inviarle messaggi perché gli concedesse di raggiungerla, Martina gli dava filo da torcere come suo solito ma poi si era scocciata e aveva smesso di rispondergli. Quando il suo cellulare prese a squillare sbatté il libro di storia sulla scrivania; sorprendentemente non era Julio.
«Pronto?» rispose insicura.
«Martina! Speravo che avessi lo stesso numero.»
«Thomas? E' una cosa importante?» pregò mentalmente che rispondesse di sì.
«Molto importante. Ma vediamoci di persona, ti invio un sms con il nome di un bar.. ci vediamo lì tra mezz'ora.»
Per poco il cuore non le uscì dal petto a quella frase e alzatasi in piedi rischiò quasi di cadere. Con impazienza e senza rispettare alcunché in fatto di limiti di velocità e precedenze arrivò persino in anticipo di cinque minuti nonostante il traffico moderato. Aveva persino iniziato a piovere. E giurò che uno di quei fattori avesse bloccato Thomas perché arrivò con quindici minuti di ritardo. Martina aveva bevuto una birra e mezza per alleviare la tensione.
«Sta diluviando là fuori.» commentò il ragazzo dopo averla salutato con un cenno del capo.
Martina si mosse sulla sedia un po' impaziente.
«Desidera qualcosa signore?» chiese un cameriere a Thomas, al quale Martina riservò un sguardo truce.
«Vodka liscia, grazie.»
«Allora?» l'impazienza nella voce di lei era palpabile.
Thomas non accennò ad aprire bocca. Forse cercava le parole giuste o voleva farla penare un po'. Il cameriere tornò ad interrompere la loro privacy, e Martina ingoiò altri sorsi dalla bottiglia e se ne fece portare un'altra.
«Ci siamo Martina.» aprì finalmente bocca.
«Cosa? Pierre... come sta? Ha chiesto di me? Gli hai detto che lo voglio vedere?»
«Sta bene, questo è l'importante.»
Non le bastava, non poteva bastarle.
«Quando? Quando esce?»
«In realtà...» sospirò in conflitto, si scompigliò i capelli «rilassati Martina, non gli è successo niente. E' al sicuro. Io non dovrei dirtelo ma in fin dei conti siamo amici io e te...»
La confusione la indusse ad ingerire altro alcol, «Sei sempre stato più amico suo.»
«Lo so. E' andata così. Ma ora più che mai dobbiamo fare le cose con prudenza. Pierre adesso sta in Messico sotto nome falso, deve essere molto cauto. Tutti noi dobbiamo esserlo per aiutarlo.»
«Messico?» gli occhi di Martina erano persi nel vuoto. «Parto subito. Preparami dei documenti finti e parto... certo,potrei anche usare quelli che avevo già» l'euforia aveva preso il sopravvento.
«No Martina tu non ci andrai.»
«Io ci vado e anche subito!» si alzò in piedi stizzita, ma il braccio di Thomas la costrinse a risedersi.
«Per favore... non farmi pentire di avertelo detto. Pierre ha ritenuto non fosse rilevante ma io volevo che tu sapessi che è fuori di prigione e sta bene. Ma non vuole che tu lo raggiunga.»
«Non vuole? Lui non vuole! Ma perché? Di cosa vuole punirmi?»
«Io non so molto. Però forse torna. Tornerà a Madrid, Martina, il tempo di qualche mese...»
«Sono tre anni che aspetto che esca finalmente. E lui non vuole vedermi.» disse con voce flebile.
Aveva le lacrime agli occhi, ma poco le importava. Bevve l'ennesimo cocktail e persino quelli ordinati da Thomas. Quando fu ormai in lacrime e sentiva la testa vorticare avvertì un briciolo di benessere.

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Sono tornata, dopo un mese, ma sono tornata. Ringrazio a chi continua a seguire la mia storia e a chi ha iniziato a seguirla da poco. Grazie di cuore.❤️

I hope you like it.Xx

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