Capitolo 6.

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Alle cinque del pomeriggio Martina si trovò davanti Julio con il suo cappotto e le chiavi dell'auto che aveva persino parcheggiato sotto casa.
«Bene, grazie.» disse in un mormorio poco comprensibile.
«Non mi inviti ad entrare?» chiese e affacciò il capo nella casa per sbirciare.
Lei si mise davanti, «No.»
«E' scortese da parte tua.» corrucciò la fronte e mostrò un sorrisino beffardo.
Alzò le spalle, «E ti stupisce?»
In risposta negò con il capo, «Dai, almeno offrimi qualcosa da bere. Anche solo per ringraziarmi.»
«Benitez, cosa vuoi? Ti ho già ringraziato, e non ho così tanto piacere a passare del tempo con te.»
Una figura minuta si catapultò fino alla porta d'ingrasso, e incuriosito chiese: «Mamma, chi è?»
«Nessuno, il signore se ne sta andando.» e intimò Julio con uno sguardo di allontanarsi.
Ma lui volutamente rimase fermo e il bambino lo vide. «Ciao, signore!» fece con una vocina dolce.
«Chiamami Julio.» disse l'altro facendogli l'occhiolino e Matías sorrise.
«Okay, ora che abbiamo fatto le presentazioni direi che puoi anche andartene.» commentò Martina in tono acido.
Matías la tirò dalla maglietta, «Mamma, posso fagli vedere il mio tenino? Ti pego, ti pego!!» chiese in un lamento e facendo gli occhi dolci, sapendo bene che avrebbe funzionato con lei.
«Sì, dai, voglio vedere il tenino» disse Julio con sguardo furbo, consapevole che la ragazza non lo stesse guardando.
Martina sbuffò pesantemente, «Entra» bofonchiò controvoglia.
Julio estese un largo sorriso vittorioso e con le mani in tasca seguì il bambino verso una stanza, Martina era dietro di lui. Lei si fermò alla soglia, il bimbo prese l'uomo dalla mano e lo fece sedere accanto a sé per terra dove vi era un modellino di treno costruito palesemente male.
«Guadda, non so come si fa e neache mamma.» gli mostrò.
«Ne avevo uno simile da bambino, fa' vedere.» lo prese in mano esaminandolo.
Matías vedendo Martina alla porta si catapultò per chiuderla, «Mamma, è una cosa da maschi!»
«Okay okay, me ne vado.» disse indietreggiando.
Julio schioccò la lingua al palato e sorrise prendendola in giro. Lei non ebbe il tempo di ribattere perché le fu sbattuta la porta dal figlio. Vai a crescere figli, ti daranno buca con il primo che conoscono.
Approfittò di quel momento di tranquillità per riguardare gli appunti di filosofia e senza che se ne rese conte le ore scorsero velocemente. Quando le si presentò davanti una figura alzò il capo da quei fogli per la prima volta. Julio era fermo davanti a lei con il suo solito sorriso stampato in viso e teneva Matías sulle sue spalle.
«Noi abbiamo fame.» proclamò il primo.
«Scusa?» Martina sbatté più volte le palpebre.
«Po con, po con!» urlò il bambino.
Martina guardò l'orario e solo in quel momento si accorse di quanto fosse tardi, «Non andrebbe meglio una cena che i popcorn?» propose più convincente possibile, ma il bambino non cedette.
Ad arrendersi fu, come sempre, lei che si alzò in piedi e andò a mettere sul fuoco una busta di popcorn, seguita dagli altri due.
«Ma tu non hai una casa?» chiese pungente a Julio.
Lui sorrise di buon grado, «Ottima domanda, a cui potrei rispondere in diversi modi..» si massaggiò il mento con un lieve accenno di barba. «Casa è dove si sta bene.» ammise dopo un po' sincero.
Martina lo scrutò attenta, cercando di interpretare quella frase.
«Puoi domire qui!» disse Matías.
La mamma tossì fintamente «Non credo sia il caso.» negò più volte con il capo.
«No, infatti.» accordò l'altro fissando le proprie scarpe.
Ma Matías non era d'accordo, perciò iniziò come sempre a fare capricci. «Senti,» disse dopo un po' Julio. «Prometto che ti farò visita presto, okay?» il bambino annuì impercettibilmente. «Parola di soldato?» alzò la mano aspettando che il piccolo la battesse e si fecero a vicenda un occhiolino.
Martina si appoggiò con un fianco al piano cottura, «Cos'è questa storia?»
«E' un segreto tra di noi, vero ometto?» in risposta sorrise e replicò di sì.
Lei incrociò le braccia al petto, li fissò attentamente e vide qualcosa di bello in quel quadretto, qualcosa che prima mancava. Non sapeva dire cosa, ma era bello. Almeno lo credeva.
Matías ammirò come ipnotizzato i chicchi che scoppiettavano, ma poi non ne mangiò granché preferendo lanciarli di qua e di là, così alla fine toccò a Martina ripulire il tutto. Julio portò il bambino nella sala a vedere la tivù, dopo qualche minuto tornò in cucina.
«E' crollato subito, doveva avere sonno.» avvertì la ragazza.
«Sì, di solito a quest'ora dorme di già... ora lo porto a letto.» si sistemò una ciocca dietro l'orecchio.
«Posso farlo io se mi dici dove portarlo.»
«Non ce n'è bisogno.»
«Voglio farlo.»
Lo guardò per un istante, è più cocciuto di me, Dio. «Ti faccio strada.» buttò gli ultimi popcorn riversati a terra nella spazzatura e fece cenno a Julio di seguirla con il bambino in braccio. Lo distese sul letto per poi coprirlo, mentre Matías mormorava qualcosa di incomprensibile. «Ci vediamo presto, ometto.» gli sussurrò all'orecchio.
Martina distolse lo sguardo. Tornò nella sala seguita da Julio, si sedettero entrambi sul divano, lei accese la tv ma nessuno dei due vi prestò realmente attenzione. Ogn'uno immersi nei propri pensieri.
«E' davvero un bel bambino.» decretò lui con sincerità.
«Già.» fece una pausa. «Gli piaci, l'ho notato» sussurrò, quasi sperasse che non l'avesse sentita. Ma si pentì subito di averlo ammesso davanti a lui.
«E a me piace lui.» ammise. «Il padre?»
Martina si bloccò d'un tratto, smise di respirare finché capì che le mancava il fiato. «Lui non... non c'è.» si limitò a dire con durezza e noncuranza. Prese una ciocca di capelli e la girò tra le dita così velocemente da formare un nodo.
«Non c'è nel senso che non ne vuole sapere o...»
«Non c'è e basta!» aumentò troppo il tono di voce, mentre i suoi respiri si fecero più pesanti.
«Scusa.» le poggiò una mano sulla spalla, la strinse leggermente. In qualsiasi altra situazione Martina gliel'avrebbe scrollata di dosso, ma in quel momento era troppo agitata per badarci. Si sporse in avanti, coprì il viso con le mani nel vano tentativo di mantenere la solita freddezza, benché quelle due parole le avessero scalfito l'anima.
Julio le si fece più vicino , sorprese se stesso quando d'istinto prese a massaggiarle le spalle per alleviare la tensione che vi incombeva. Martina si rilassò provando una strana sensazione, da quelle mani così delicate.
Cosa vorrei che mi facessero quelle mani.. I suoi pensieri divagavano. Non accadeva spesso, ma con Julio era così diverso. Julio non le lasciava mai via d'uscita, era sempre ovunque, il che non sapeva più se la infastidisse o meno.
Sporse il viso e lo avvicinò al suo orecchio, «Va meglio?» soffiò sul suo collo. Il fiato di Julio era così caldo che Martina ebbe un brivido lungo la schiena. Riuscì appena ad annuire quando in realtà avrebbe dovuto ordinargli di togliere le mani. Senza alcun preavviso poggiò le labbra sulla parte inferiore del suo collo, sentirle così morbidi seppure un po' screpolate la fece sospirare.
«Penso.. che possa bastare.» deglutì.
«Rilassati.» sussurrò prima di baciarla sulla gola, bagnò la pelle con la lingua. Martina non riusciva più a rimanere razionale.
Arrivò a baciarla anche dietro l'orecchio e un altro brivido la scosse.
«Basta.» borbottò con voce impastata, quasi in una supplica.
«Sshh» fece lui coprendola di baci anche sulla mandibola. Semplici baci che le stavano facendo perdere il senno, baci che le stavano suscitando più sensazioni del dovuto.
Diamine Martina, riprenditi!
Fu veloce come un battito di ciglia, Julio si stava avvicinando alle sue labbra con la precisa intenzione di baciarla anche lì, ma Martina si scostò bruscamente e lo allontanò. Era così combattuta, così frastornata a causa di quei baci, peggio di quando era ubriaca. E la cosa non andava affatto bene.
«Cosa?» domandò disorientato.
«Basta!» scandì per bene, allontanandosi ancora un po'.
Julio batté più volte gli occhi, aprì la bocca senza trovare parole da dire, o spiegazioni da chiedere. Andare dietro quella donna lo avrebbe fatto ammattire di certo. L'aveva respinto e oltre che avergli recato fastidio gli provocò un bruciore alla bocca dello stomaco. Martina nel frattempo respirava profondamente, nel tentativo di calmarsi, nel tentativo di non sentire il bisogno delle sue mani su di lei. Ma nella sua testa la passione aveva sempre la meglio sulla ragione. Si girò, vide lo smarrimento in quegli occhi celesti, quegli occhi così chiari e lucenti. S'incantò a guardarli tanto che non si accorse che anche lui la stava guardando. Si strattonò i capelli con forza, poi con uno scatto si avventò sulle labbra di Julio. Fece da subito pressione su di esse, strinse la maglietta del ragazzo in due pugni tirandolo a sé.
«Piano..» bisbigliò lui cercando di domare la bocca famelica di Martina. Le prese il viso tra i palmi delle mani e addolciò per quanto possibile il bacio.
Lei gli scostò le mani, gliele bloccò ad ogni suo tentativo di sfiorarla. Ma continuò a tenere le loro labbra unite come se fosse di vitale importanza.
«Martina..» boccheggiò, «...fatti toccare.»
Lei non badò a rispondere e Julio lo considerò come un assenso, ma quando tentò ancora una volta di sfiorarle il contorno del viso lei lo spinse bruscamente facendolo sbattere con la schiena sul bracciolo. Iniziò a respirare a fatica, ad avere caldo. Era come fuori controllo.
«Perché sei così agitata?» le chiese quanto più delicato possibile, evitando di toccarla.
In risposta scosse la testa muovendo freneticamente le mani. Non lo sapeva, non sapeva il perché di quella reazione così eccessiva. Era passato del tempo, ma non faceva alcuna differenza: la sua memoria aveva stampato perfettamente i ricordi passati, che in quel momento si erano presentati in maniera più vivida. Ma tutto ciò non dava una spiegazione plausibile alla sua reazione per un bacio e una carezza. Desiderava avere il massimo controllo a tal punto, voleva che si rispettassero le sue regole, voleva che si facesse come diceva lei e basta. Ma Julio si muoveva sempre a modo suo, aveva quei comportamenti così sconosciuti da Martina, quelle carezze che la bruciavano. Erano così delicate ma allo stesso tempo distruttive.
Si era innalzato un polverone e lei non poteva sovrastarlo. Fu come se l'orologio si fosse bloccato in quell'istante, rimasero incapaci entrambi di parlare, incapaci anche solo di muoversi. Del tutto incapaci di capire cosa diamine stesse succedendo in quelle quattro mura.
«Penso... devi andartene.» si sforzò a dire Martina con voce autoritaria. Lo sguardo perso nel vuoto, con la precisa intenzione di non incrociare gli occhi di Julio.
Julio si alzò in piedi. La fissò per un istante, mentre lei guardava da tutt'altra parte, e a grandi passi si allontanò. Solo quando sentì sbattere la porta con forza la ragazza riprese a respirare. Era bianca in volto e prese a camminare avanti e indietro in quello spazio ristretto così tante volte che avrebbe potuto creare un buco nel pavimento in cui potersi sotterrare. In uno scatto la porta si riaprì ed entrò Isabel ma Martina non se ne accorse neppure.
«Ho visto un ragazzo andare via da qui.» esordì «Mi aiuti con la spesa?» aveva caricato le braccia di buste e faticava anche a camminare.
La ragazza smise di camminare come una matta e guardò la madre con un sopracciglio alzato come segno di perplessità.
«Martina mi hai sentito?»
«Vado a letto, sono stanca.» mormorò trafelata.
Si diresse nella propria stanza lasciando Isabel interdetta. Entrò e si chiuse la porta alle spalle. Fissò un punto dell'armadio di fronte a sé e scoppiò a piangere. Coprì il viso per evitare di farsi sentire benché durò appena qualche secondo, fu solo un piccolo sfogo di cui in quel momento aveva bisogno. Asciugate le poche lacrime si distese sul letto accanto al figlio, lo strinse a sé baciandolo ripetutamente sul capo. Voleva un futuro migliore, per lui, voleva una vita migliore per il suo bambino. Lo voleva perché doveva riparare ai suoi sbagli che non smettevano di tormentarla. Doveva smetterla con le cazzate e pensare solo a questo. Quella notte non chiuse occhio, perché alcuni scheletri del suo armadio non glielo permisero. Neanche Julio se la passò meglio, dopo essere uscito da casa di Martina aveva chiamato il suo migliore amico per farsi una birra. Be', il suo obiettivo principale era di scacciare dalla mente tutti quei pensieri che lo stavano facendo impazzire, e alla fine l'alcol lo aiutò a rilassare i nervi tesi anche se da una bottiglia passò a due e poi tre. Perse il conto ma capì di aver bevuto troppo quando vide il tavolo davanti a sé cosparso di bottiglie vuote. Oppure era la sua vista ad ingannarlo.
Tornò a casa barcollante e per fortuna suo padre non c'era pur essendo quasi l'alba, ma d'altronde era cosa ordinaria. Tuttavia quella pace solitaria non durò anche la mattina seguente, quando Leandro entrò in camera sua buttandolo dal letto pur di costringerlo a andare a scuola. Il post sbornia era ancora ben evidente ma non ebbe scelta, così prese le prime cose che trovò nell'armadio e prese il pullman perché di guidare non era proprio il caso.
Un'altra settimana passò in un soffio, la presentazione per il progetto si avvicinava ma a Martina non importava più nulla. Avrebbe accettato l'insufficienza, amen, ma non avrebbe fatto niente con Julio. In più, ironia della sorte, l'insegnante aveva anticipato la scadenza perché in molti non avevano ancora iniziato a lavorarci su.
Come ogni giorno Martina tornò a casa per pranzo, più affamata che mai, pronta a ingozzarsi delle prelibatezze preparate dalla madre. Ma proprio prima che fu servito in tavola suonò il campanello.
«Ma prego, non ti scomodare. Ci penso io.» fece Isabel ironica, vedendo quanto la figlia se ne infischiasse.
Martina rise sotto i baffi e nella momentanea assenza della madre prese ad assaggiare immergendo direttamente il dito nelle salse. Fece a Matías un dei gesti intimandogli di non spifferare niente, lui se la rise perché Isabel la colse sul fatto e la figlia non se ne accorse neppure.
«Martina!» la ammonì.
«Ho fame mamma. Fame!!» disse con voce teatrale alzando di qualche ottava il tono di voce. Isabel la guardò male.
«C'è qualcuno per te.» in un nano secondo cambiò espressione sul volto.
Martina aggrottò la fronte, guardò alle spalle della madre e vide comparire davanti a sé Julio. Bloccò la mano davanti al proprio viso.
Matías gli corse incontro ad abbracciarlo e Julio si sorprese un po' di quanto fosse affettuoso quel bambino riccioluto. Lo prese in braccio salutandolo.
«Che ci fai qui?» disse Martina con tono scorbutico.
«Martina!» ripeté la madre rimproverandola.
«E' bello vederti sempre così ospitale.» sorrise Julio.
Sorride, sorride sempre cazzo.
«Simpatico.» continuò con la solita acidità ignorando le frecciatine di Isabel.
«Un po' come te.» fece tornare il bambino con i piedi per terra. «Volevo mostrarti quello che ho fatto per il progetto di scienze, possiamo riuscire a finirlo prima della scadenza.»
«Non c'è nessun progetto.»
La guardò con sufficienza, «Preferisci prendere un'insufficienza?»
Martina non ribatté, ma non avrebbe mai ammesso ciò che pensava.
Julio annuì, valutando quel silenzio in maniera sbagliata.
«Mi scuso per il disturbo, non sapevo che doveste ancora pranzare.» si rivolse con un sorriso a Isabel.
«Sai, a quest'ora la gente pranza.» ribatté Martina.
Isabel sospirò come segno di impazienza, «Non preoccuparti ragazzo, hai mangiato?»
«Sì, un panino al volo.»
«Ma non è tanto salutare, se ti va puoi rimanere a mangiare.»
«No.» rispose al suo posto la ragazza.
«Martina piantala ti prego! Allora, che ne pensi?» chiese di nuovo a Julio.
Fu interdetto per un istante e benché si sentisse gli sguardi di fuoco di Martina rispose: «Volentieri.»
«Al diavolo!» sbraitò infine uscendo dalla cucine indispettita. Anche sua madre sembrava avesse perso il senno.
«E' un pò suscettibile e permalosa. Ah, ha persino un brutto carattere.» commentò Isabel con una certa ironia per stempiare l'aria tesa che sentiva essersi creata.
«Non è carino da dire alla propria figlia.» scherzò Julio.
«Sono solo sincera.» alzò le spalle, «Però non è una brutta persona, basta vedere come si comporta con Matías. Le sono successe cose brutte che l'hanno spinta a diventare così, tutto qui.» divenne seria, sospirò e si avvicinò ai fornelli.
Lasciò Julio perplesso, il quale volle fare altre domande ma si trattenne.
«E' pronto tra cinque minuti.» notò che il tono delle donna fosse cambiato.
Cosa nascondeva Martina dietro quella corazza? L'aveva vista lasciarsi andare e poi opporsi al suo stesso desiderio l'ultima volta, ma era troppo irritato al pensiero di quel giorno che non riusciva a capire il motivo di tale comportamento incoerente. Non sono neanche un indovino.
A pranzo Martina era più che altro silenziosa, preferiva godersi l'ottimo pranzo, ma Isabel non era dello stesso parere.
«Allora, di che progetto si tratta?»
«Di scienze.» al suo silenzio rispose il ragazzo.
«E' perché voi due lo fate assieme?»
«E' un'idea del professore, quella dei gruppi.»
«Un'idea ridicola.» intervenne una terza voce.
Il resto del pranzo trascorse pressoché in silenzio, tranne quando Matías volle fatto i complementi per aver mangiato tutto. A Martina irritò che Julio lo avesse lodato e ci avesse scherzato, quasi come un padre. Ma lui non era il padre, eppure era così bravo. Perché?
«Finisco di aiutare mia madre e vediamo per questo progetto.» bofonchiò, meno scorbutica, a fine pranzo.
«Te l'ho detto: abbaia ma non morde.»
«Sei divertente mamma, sul serio.» mentì l'altra piccata.
Julio rise sotto i baffi, trovando così divertente quel dibattito tra madre e figlia ma allo stesso tempo così bello che fossero unite seppure i caratteri differenti. E anche lì, la gelosia nei confronti di Martina prese il sopravvento.
Finite le pulizie, Julio poggiò il materiale sul tavolo della cucina e prese il foglio in cui si era appuntato tutte le idee che aveva in mente. Isabel li lasciò lavorare in pace, dopo aver lanciato un'ultima battuta nei confronti di sua figlia.
«Anche mia madre è dalla tua parte, se continuerai così adotterà te e caccerà via me. Tanto Mati è già cotto di te.»
«Non dire sciocchezze, è stata solo gentile. A differenza tua.»
«Io non sono mai gentile, non prenderla sul personale.» alzò le spalle prendendo il suo blook notes e accanto tutte le penne che avrebbero potuto servirla.
«Già. Sarebbe più bello farlo con lei il progetto piuttosto che con un'acida come te.» arricciò il naso.
«Nessuno ti trattiene, sai dov'è la porta. Anche perché per poco ti trasferisci qui, io mi chiedo sul serio se hai una casa.» alzò i capelli in una coda alta. Solo dopo si accorse che Julio la stesse fissando e entrambi distolsero lo sguardo.
«Cazzo, ti sto così antipatico?»
«Non più di quanto mi stanno tutti gli altri. Te l'ho detto: non prenderla troppo sul personale.» alzò le mani enfatizzando. «Ma tanto che ti interessa?!» la sua era una domanda retorica che non sentendo alcuna risposta dall'altra parte diventò un vero dilemma.
«Volevo fare un modello del genere..» Julio le mise davanti gli occhi il foglio un po' rovinato su cui aveva messo qualche abbozzo. «...ho portato anche del materiale.» continuò, nel frattempo Martina prendeva appunti sul quaderno.
«L'hai fatto apposta?» interruppe la sua spiegazione. «Ad accettare di pranzare qui pur sapendo che non fossi d'accordo, intendo.»
«No, non faccio certi giochetti. Tua madre è stata così gentile e mi dispiaceva rifiutare.» cercò di leggere qualcosa nell'espressione di Martina, come comprensione o riluttanza, ma era troppo occupata a trascrivere e lui non era bravo a tradurre quegli strambi comportamenti. Sospirò, «Ho sbagliato quella sera, mi dispiace. Ti ho vista un po' giù e cercavo un modo per consolarti. Ma mi è... ci è sfuggito di mano, tutto qui.»
Martina alzò il capo e fissò il celeste dei suoi occhi, «Stavo bene, non avevo bisogno di consolazione.»
Ci risiamo sulla difensiva. E non vuole neanche ammettere l'evidenza.
«Okay be'... fa lo stesso.» disse grattandosi la nuca.
«Comunque sì, abbiamo sbagliato. Non parliamone più, è stato solo uno stupido bacio.»
Solo uno stupido bacio. Uno stupido bacio. Era il modo peggiore in cui potesse smentire quanto successo tra di loro, e dentro di sé qualcosa in Julio ribolliva; strinse i pugni fino a farsi male e ripresero a parlare dell'argomento.

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Mi scuso di presentarmi in ritardo, ma spero che gradirete anche questo capitolo. Fatemi sapere, un bacio e alla prossima :*

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