Capitolo 15.

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Julio rientrò con gli occhi fissi sul cellulare.
«Ho fame.» mormorò ad occhi chiusi. «Sul serio, devo mettere qualcosa tra i denti.» non sentendo risposta aprì gli occhi e lanciò uno dei tanti cuscinetti posti sul letto per dare un bell'aspetto.
Sussultò preso di sorpresa, «Che c'è?» corrucciò la fronte.
«Ascoltami quando parlo.» disse a denti stretti.
Si passò una mano tra i capelli, «Mi è arrivato un messaggio da Marisol...» roteò gli occhi nel sentire quel nome, «... dice che ha cambiato idea e si deve ancora preparare. Perciò cambio di programma, ci incontreremo là.»
«Là dove?»
«Un pub che ha aperto da poco, è dello zio di Adam ed è a dieci minuti di macchina da qui.» si sedette sul bordo del letto fissandola.
«Mmm.»
«Prima di andarci mangiamo un boccone, ti va? Hai detto di aver fame, se non sbaglio.» disse e mostrò un sorriso furbo. Martina rimase sorpresa per un attimo, «Ci dovrebbe essere qualcosa di surgelato...»
«Cibo surgelato? Ma che roba è?» fece una faccia disgustata, «Meglio ordinare qualcosa.»
Julio annuì, ancora sorridente. «Del cinese, che ne dici?»
«E' uguale.» borbottò stirandosi le braccia.
«Ci vorrà un po' perché l'ordinazione arrivi.» le lanciò un sguardo d'intesa e Martina notò le sue pupille dilatarsi. Julio più la guardava e più rimaneva a bocca aperta: l'aveva trovata sdraiata sul suo letto, spensierata e serena, con i capelli lunghi sparsi ovunque. Non c'era cosa più bella ed eccitante al tempo stesso.
Martina si alzò ugualmente in piedi e arrivata davanti porta si girò, «Chi era alla porta?»
«Mio padre che aveva dimenticato le chiavi. Sarà già andato in studio.»
Annuì distrattamente e uscì non prima di aver lanciato un sorriso furbo a Julio; così la seguì subito dopo. In cucina c'era Diego, questa volta vestito di tutto punto, i capelli tirati indietro dal gel con tanto di papillon.
«Bambola, non sapevo fossi ancora qui. Ti fermi anche per la notte?» ammiccò. Ingurgitò l'ultimo pezzo di tramezzino.
Julio guardò male il fratello; fece una telefonata allontanandosi per parlare. Il viso impassibile di Martina sembrava dire che non aveva neanche sentito.
«Cazzo, sei orgogliosa. Non batti ciglio a niente.»
«Non si tratta di orgoglio. Vedi, sono i coglioni come te che non attirano affatto il mio interesse in alcun tipo.»
Sogghignò «Capisco. Invece il mio fratellino sì?»
«Diego non dovevi uscire?» Julio era seccato dai suoi stupidi comportamenti.
«Sto conversando Julio, non è buona educazione interrompere.»
Contrasse la mascella e quando fece per ribattere al suo essere arrogante si sentì un suono. Diego estrasse il cellulare dalla tasca dandogli appena uno sguardo.
«Se vuoi scusarmi, bambola.» si dileguò velocemente, quando fu lontano lo si sentì rispondere al telefono.
Martina scrollò le spalle versandosi dell'acqua. «E' proprio andato. Idiota allo stato puro, ed io che pensavo che tu fossi messo male.» disse con ironia. Senza girarsi sentì la risata di Julio e poté giurare che in quel momento i suoi occhi fossero più chiari e avevano il solito luccichio.
Un abbondante ora dopo arrivò l'ordinazione, nel frattempo Martina non aveva fatto che bestemmiare per il ritardo.
«Dov'è la tovaglia?»
«Terzo cassetto.» le indicò.
La adagiò e ripiegò solo su una parte del tavolo; non serviva molto spazio in quanto loro erano gli unici a cenare. Poi estrassero dalla busta tutto e iniziarono a mangiare.
«Amo gli involtini di primavera. Le mie papille gustative non ne avranno mai abbastanza.»
«Lo vedo, è il terzo o il quarto che mangi.» ridacchiò Julio. «Hai assaggiato gli spaghetti di soia? Sono buonissimi.»
Tra commenti sul cibo e attimi di silenzio per gustare a pieno la cena finirono tutto e si accasciarono allo schienale della sedia strapieni.
«Ora vomito.»
Julio scoppiò in un'improvvisa risata e Martina lo guardò accigliata. Prese un tovagliolo e le pulì gli angoli della bocca.
«Sei adorabile con il mento sporco.»
Lo sguardo di Martina si fece più serio e scettico.
«Adorabile!» sbuffò, «Vuoi vedere quanto sono non adorabile?»
L'espressione di Julio si fece confusa e prima che potesse chiedere lei si era alzata in piedi e gli era a cavalcioni. Abbassò il viso all'incavo del suo collo iniziando a baciarlo e bagnarlo con la lingua. Julio posizionò le mani dietro sul fondoschiena. Quando fece uscire i denti lo sentì fremere, così baciò con più prepotenza e succhiò indugiando su quella parte che, aveva appena scoperto, era il suo punto debole. I respiri di Julio si fecero più pesanti.
«E questo? Ti sembra adorabile?» domandò mordicchiandogli il mento.
Fece per baciarla ma Martina si ritrasse tornando a tempestargli il collo di baci. Allora Julio inserì una mano sotto la maglia e sfiorò il reggiseno in pizzo.
«Non nella mia cucina, Julio.»
Martina scattò in piedi nel sentire quella voce estranea; il padre di Julio avanzò, il viso marcato da rughe per la troppa serietà e la camminata dritta e rigida. I suoi capelli sbarazzini erano castano scuro come quelli di Julio, gli occhi erano chiari, una via di mezzo tra il verde intenso di quelli di Diego e l'azzurro chiaro di Julio.
«Hai capito?» chiese Leonardo senza neppure guardarlo.
«Sì papà.» rise vedendo sul viso di Martina incresparsi un sorriso.
Leonardo focalizzò la figura della ragazza, gli occhi duri la analizzavano attentamente con riluttanza. Con ciò Martina sapeva che avrebbe voluto metterla a disagio, ma di certo quel tentativo era inutile. C'era anche Diego di fianco a l'uomo, ma lui sembrava più che altro divertito. A quanto pare nessuno dei due ha ereditato la serietà del padre.
Julio tirò Martina da un braccio per tornare al piano di sopra.
«Ti stava studiando, lo fa sempre.» disse con una punta di irritazione.
«Con le ragazze che porti a casa?»
«Con qualsiasi cosa io faccia.» indossò la camicia adagiata sul letto e Martina si limitò a guardarlo. Poi si girò verso di lei, «Possiamo andare.» sorrise. Era tornato subito di buon umore.
Uscirono di casa senza doversi imbattere in Diego o in Leonardo. Circa quindici minuti dopo erano davanti il pub ad aspettare Marisol e Adam. Il locale al di fuori era piccolo e con l'intonaco scrostato, non richiamava per niente per la bellezza però di gente ce n'era comunque.
«Ma quanto ci vuole ancora?» brontolò Martina.
«Hanno detto che avrebbero ritardato, Marisol ci impiega molto a prepararsi.»
«Diamine! Ma è da dieci minuti che stiamo aspettando.»
«Rilassati bimba.» estrasse il pacco di sigaretta e ne accese una.
«Ti comporti come tuo fratello.» Julio rimase con la sigaretta a mezz'aria, «L'appellativo.» specificò.
Rise, «Il mio è più bello.»
«Mmm.» emise con suono gutturale, «Mi dai una sigaretta?»
Julio la guardò interdetto, poi le passo la sua «Tu fumi?»
Aspirò e poi fece uscire il fumo «Fumavo.»
Quando gliela ripassò Julio rimase in silenzio «Non lo sapevo.» sussurrò.
«Eccoci! Ci dispiace per il ritardo ma può capitare» spiegò Marisol, comparsa dal nulla, alzando le braccia.
«E' colpa tua Mari, ci metti secoli a prepararti.» borbottò Adam.
«Ehi! Mica siamo tutti come te che metti il primo straccio che trovi.»
Martina la squadrò nel suo abito fucsia striminzito e arricciò il naso, «Scusate tanto, allora dovevo mettere qualcosa di più sofisticato? Non mi è stato detto niente.»
«No, no. Va bene anche quello che indossi.» disse velocemente la bionda, in agitazione.
Questa ragazza si agita troppo. Keep calm, biondina.
Adam se la rise nel vedere l'amica in difficoltà. Quando entrarono c'era un tavolo riservato per loro, in disparte da tutto quel trambusto. Dentro il locale era molto bello: interamente nuovo dai divanetti in pelle ai banchi del bar e persino il pavimento laccato a scacchi, tutto illuminato da luci soffuse, c'era persino una piccola pista dedicata a chi voleva ballare nella musica alta, al momento quasi vuota. Persino le sedie in legno ricoperti di cuscini erano la cosa più comoda su cui si fosse seduta Martina, chiaramente dopo il letto di Julio.
«Adam, figliolo!» un uomo sulla cinquantina si avvicinò.
«Zio, ciao.»
Presero a parlare e poche furono le frasi furono compresi dagli altri.
«Ti piace il nuovo locale?» l'uomo si guardò intorno, fiero di sé.
«E' davvero una figata!»
«Certo, devo aggiustare le ultime cose, pitturare di qua e di là e poco più. Ma non è uscito niente male.»
Julio prese posto accanto Martina.
«Ma che belle ragazze! Spero che vi divertiate, a più tardi.»
Mentre Marisol si impegnò a sorridere ai complimenti ed annuire al resto, Martina era annoiata e si era già distratta dalle parole dell'uomo.
«Cosa desiderate?» chiese gentilmente una giovane ragazza, in top e in minigonna che dovevano fungere da divisa.
«Troppo ingenua per capire che è quasi nuda o le piace far finta?!» mormorò Martina con tono basso. E così fece ridere Julio che l'aveva sentita molto bene. La ragazza in questione o aveva finto di non sentire, non molto fattibile perché a detta di Martina non sembrava così furba, o stava flirtando con Adam, molto più probabile visto le occhiate che gli lanciava. D'altra parte lui non sembrava neppure dispiaciuto.
«Cosa prendi?» fece poi Julio.
«Whisky e uhm... qualcos'altro, basta che sia forte.»
«Faccio io allora, vedrai come perdi la testa.» lo sussurrò al suo orecchio e lei trovò quella frase, in qualche strano modo, eccitante.
Al quarto bicchiere non sapeva più cosa stesse bevendo, la sua mente aveva smesso di funzionare e invece la sua bocca sentiva sempre di più il sapore forte dell'alcol. E la testa le girava da far paura.
«Vuoi ballare un po'?»
«Mmm... no.» brontolò appoggiandosi a Julio dopo aver tracannato anche il suo bicchiere.
«Dai, solo un ballo.»
«Ho detto che non mi va.» si poggiò con la guancia sulla spalla di lui e inconsapevolmente gli sfiorò il collo con il naso. «Non mi reggo neppure in piedi, come puoi chiedermi di ballare?» soffiò e Julio provò una strana sensazione quando il fiato al forte odore di alcol gli accarezzò la guancia.
«Ti reggo io, forza.»
Martina continuò ad opporsi ma non servì a molto perché l'ebbe vinta Julio. Da ubriaca non riusciva a mantenere la solita fermezza, forse perché sentiva la metà delle cose che le venivano dette e ancora meno passavano per l'anticamera del cervello. Julio la prese dai polsi per farla alzare forzatamente e la trascinò senza troppa fatica.
«Ti faccio bere più spesso se ti rende meno acida.» piegò le labbra mostrando la fossetta sulla guancia.
«Oh sta' zitto.»
Essendo lì Martina provò comunque a muoversi a ritmo di musica, e Julio teneva ben salda la stretta sulla sua vita per evitare che perdesse l'equilibrio perché proprio come aveva detto le veniva difficile reggersi da sola.
«Quanto sei andata da uno a dieci?» le parlò vicino l'orecchio.
«Potrei comunque strusciarmi su di te e fartelo diventare duro con un gesto.» fece avvicinando il bacino al suo.
«Non molto, se continui ad essere così volgare.» la prese in giro e in risposta lei fece una linguaccia somigliando ad una bambina.
«Come sei bravo Julio, sembri un angelo.» parlò al di sopra della musica ondeggiando i capelli di lato.
«Merda, volgare e completamente ubriaca.»
«Tu dici?» ridacchiò. «Ma sei venuto dal mondo degli angeli per salvarmi? Proprio come nei film, vero? Anche se lì sono tutte cazzate, finzione e basta. Che schifo.»
«Forse dovevo farti bere di meno.»
«Mi sento una meraviglia.» urlò alzando le braccia in aria. Si asciugò la fronte imperlata di sudore e continuò: «L'alcol ti rende molto più leggera, penserei quasi che sia tutto perfetto, finché poi non passa l'effetto. In poche parole non dura un cazzo.»
Julio aveva perso il filo, non sapeva più di cosa stesse parlando, ma il punto è che le sue frasi non avevano alcun nesso logico. Oltretutto non riusciva a capirla da sobria, come ci sarebbe mai riuscito quando era ridotta in quello stato?
«Che ora è?»
«Saranno le tre.» al che Martina ridacchiò, «Cosa c'è di divertente?»
«Domani devo alzarmi per scuola.»
«Credevo che non ci saresti andata, dopo questa sera.»
«Devo, non voglio essere penalizzata per le assenze.»
«Io avevo pensato di rimanere a casa, ma vada per la scuola.»
«Non ti ho mica vietato di non farlo.» lo fissò alzando il sopracciglio. «Mi accompagni a casa?»
«Secondo te? Non ti lascio mica andare sola.»
«No, certo che no. Sei il mio angelo.» disse tra le risate.
Barcollando tornarono al tavolo, Marisol era accasciata su di esso a tenersi la testa pesante, Adam aveva una ragazza seduta sulle sue gambe. Martina individuò la figura e le sembrò la tipa di prima, ma non era così lucida da giurarci.
«Adam noi andiamo, Martina ha bevuto troppo.»
L'amico alzò il capo guardando prima l'uno poi l'altra «Portati anche Mari bro, è messa male.»
«Quanto cazzo ha bevuto?»
«Che ne so, non sono mica il suo baby-sitter»
«Ti costava tanto guardarla un attimo? Merda, come faccio a portarle entrambe a case ubriache?»
«Non lo so, ma io rimango un altro po'.»
«Vaffanculo Adam!»
Fece alzare Marisol che mormorava cose incomprensibili, passò il braccio di lei intorno al suo collo così da poterla reggere, mentre che dall'altra parte teneva ben salda Martina.
«Merda... Porca puttana.» continuava a dire, a denti stretti, mentre raggiungeva l'auto e caricava le ragazze all'interno.
«Marisol non vomitare! Marisol una volta te l'ho fatta passare ma aspetta ad arrivare a casa.»
«Non urlare, mi fa male la testa.» disse l'altra in una lamentela.
«Che bello, è tutto buio, ma perché è buio? Ma quando è buio moriamo?» Martina a differenza non faceva che parlare, fare domande insensate e ridere senza motivazione alcuna.
Infine Julio fece appena in tempo ad arrivare a casa di Marisol prima che questa macchiasse i sedili posteriori della sua adorata auto e prima di aiutarla ad entrare in casa le resse i capelli mentre che rigettava tutto l'alcol bevuto quella sera, ovviamente le espose la sua predica da padre rigido. Nel tornare all'auto vide che Martina non c'era più.
Cristo. Quando finirà? Si allarmò subito, chiedendosi dove potesse andare una ragazza ubriaca che non si reggeva neppure in piedi; ma non fu necessario cercare tanto lontana: proprio accanto la macchina una figura era sdraiata sull'asfalto, muoveva braccia e gambe.
«Martina ma che diamine fai? Passano le auto, cazzo!»
«Sdraiati anche tu dai! Facciamo l'angelo insieme.»
Julio batté una mano sulla fronte, passati dieci minuti riuscì a riportarla in auto.
«Ce la faccio, ce la faccio.» borbottò avviandosi al portone.
«Come vuoi.»
incespicò sul punto di cadere più di una volta e anche se c'era Julio a reggerla da dietro rischiò di finire con la faccia per terra.
Con qualche imprecazione inserì le chiavi nella serratura, «Serratura di merda.» Raggiunta la stanza si stravaccò sul letto «Mi sento uno straccio.»
«Ti servirà da lezione» la canzonò.
Si sollevò sui gomiti «Come hai fatto a guidare? Anche tu hai bevuto.»
«Abitudine.» scrollò le spalle. «Diciamo così: se mi avessero fermato non sarebbe finita bene.»
«Vieni.» sbatté la mano sul materasso.
Julio si fece più vicino e quando fu sul punto di sedersi al bordo del letto Martina lo strattonò; finì quindi sdraiato a un centimetro da lei.
«Non mordo mica.» sussurrò.
Si aggiustò di fianco reggendo il capo con una mano, «Ho qualche dubbio.» alzò il mento mostrando la chiazza rossa tra il collo e la clavicola.
Martina ridacchiò, «Esclusi casi eccezionali» riaprendo gli occhi lo scontro con quelli di Julio la lasciò interdetta. Quel mare erano devastanti e al tempo stesso simili ad un calmante. Piegò le labbra in un sorriso inconsapevolmente.
«Cosa?»
«Posso farti una domanda?»
«Mmm... okay. Ma solo se posso fartene anch'io una.» rispose Julio.
«Ci sto!» esclamò lei alzando il tono.
«Sssh, non vorrai che si svegli tua madre.»
Sogghignò coprendosi la bocca, «Inizio io! Perché molte volte mi guardi con quello sguardo?»
«Quello sguardo?»
«Intenso, concentrato. Quasi come se volessi leggere dentro di me, come se ti sfuggisse qualcosa.»
«Molte cose di te mi sfuggono, Martina.» rispose giocherellando con una sua lunga ciocca di capelli, «Per rispondere alla tua domanda è proprio così: ci provo ma inutilmente.»
«A me dà l'idea che tu ci riesca bene.» parlottò.
«Tocca a me. Ne avrei tante in realtà da farti, anche troppe...» ci pensò su picchiettando l'indice sul mento, «... Perché mostri a tutti il tuo lato scontroso nascondendo il resto?»
«Perché è il mio carattere.» alzò un sopracciglio.
«Ehi, non attacca, devi rispondere sincera. Ci sono anche delle volte in cui sei... gentile. Non so, la persona che sei con Matías, o quando siamo soli sei meno scontrosa. Perché questa maschera?»
Maschera? Pensò deglutendo. Julio non se ne rendeva conto, ma aveva capito più di quanto credesse.
«E' il modo più sicuro per mantenere la gente a distanza.»
«Chi mai lo vorrebbe? Andiamo, a nessuno piace stare soli.»
«Io.. io sì.»
«Perché? Non capisco...»
Gli puntò un dito contro minacciosa e per poco perse l'equilibrio, «Era solo una domanda.» rise sguaiatamente, una risata più che altro falsa. Si rilassò poggiando il capo sul cuscino mentre Julio continuava a girarsi i suoi capelli tra le mani. In silenzio, uno di quei silenzi piacevoli.
«Che si fa?» borbottò, la voce attutita dal cuscino.
«Cosa vorresti fare alle quattro del mattino?»
«Sono ubriaca ed è l'unico momento in cui potrei essere accondiscendente... a qualsiasi cosa.» disse lentamente mordendosi il labbro. «A dire il vero credevo che mi saresti saltato subito addosso, non so se è ingenuità la tua o semplicemente sei stupido.»
«E' proprio perché sei ubriaca che non verrò a letto con te.»
«Che cazzo vuoi dire?»
«Dovrei sopportare il tuo post sbornia, per non parlare delle urla isteriche mentre mi incolpi di tutto.»
«Ma se te lo sto chiedendo io! Non vuoi neppure baciarmi?»
Al che le stampò un sonoro bacio sulla guancia, «Sarà meglio dormire.» provò a nascondere il sorrisetto compiaciuto.
«Sei un cazzone!» strillò con voce più alta del dovuto, «Non provare mai più ad avvicinarti a me, ti castro.»
Tentando di non riderle in faccia si fece più vicino, «Ma davvero?» soffiò ad un centimetro di distanza.
Martina sbuffò frustrata e gli fissò le labbra. Julio le sfiorò brevemente con le sue, poi poggiò il mento sulla testa di lei dopo averci depositato un bacio. Si distese meglio facendo lo stesso con Martina che, ormai completamente ipnotizzata, premette la propria guancia alla sua e anche il resto del corpo in quello che sembrò un abbraccio affettuoso, o un contatto fisico bramato.
«Quando domani Isabel ci troverà così cosa pensi che crederà?»
«Farà una delle sue sfuriate isteriche, continua a farle anche se sa che non funzionano. Penso che voglia almeno provare ad avere tutto sotto controllo, sai un nipote non previsto e una figlia indiscibilinata impossibile da gestire è troppo anche per una come lei.» disse con ilarità, e Julio si irrigidì. Non si spiegava come Martina aveva detto con tanta leggerezza quella frase.
«Martina?»
«Mmm...» fece mezza addormentata.
Aprì la bocca ma non fece uscire alcun suono, poi mormorò soltanto: «Dormi.» ma lei non lo sentì, dormiva già serenamente.

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Buonaseraaa! Eccomi tornata con un nuovo capitolo! :)
Aspetto come sempre vostri pareri e commenti. Vi ringrazio, ancora una volta, per voti, commenti e visualizzazioni che aumentano man mano. Ne sono felicissima <3
Nella speranza di aggiornare presto (come avrete notato sforo di qualche giorno la settimana ma riesco comuque a farlo più spesso d'estate) vi lascio un bacio :*
I hope you like it! <3

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