Terzo giorno in mare

QUANDO mi svegliai la mattina dopo, infilai accappatoio e pantofole e uscii sul balconcino per controllare il tempo. La nebbia si era diradata, il mare era calmo e tutto intorno il cielo era di un azzurro terso. Pensai di chiamare il servizio in camera, ma decisi che avrei fatto meglio a cercare Harry Flynn e a scusarmi con lui per averlo abbandonato la sera prima. Nel tempo che impiegai a farmi la doccia, vestirmi e raggiungere il Princess Grill, scoprii che tutti avevano già fatto colazione e se n'erano andati, compreso Harry. «C'erano anche le due signore che hanno cenato con il signor Jones ieri sera?» domandai al cameriere. «No, signora Fletcher , solo il signor Jones e il signor Flynn», mi rispose. «E il signor Kim e il suo gruppo?» chiesi. Il cameriere, un affascinante giovane svedese, scoppiò a ridere. «A quanto pare nessuno era dell'umore giusto per mangiare, stamani», mi comunicò. «O forse hanno preferito farlo in cabina.» «Be', a quanto pare farò colazione da sola, allora.» Avevo portato con me la brochure del programma giornaliero e cominciai a esaminare le proposte della giornata. La mia foto campeggiava di nuovo in prima pagina per la conferenza delle undici. L 'argomento di oggi verteva sulla situazione economica dell'editoria e sulla diffusione degli ebook. Avevo messo insieme tutta una serie di statistiche, compresa quella secondo cui gli ebook rappresentavano solo il due per cento delle vendite. Ma avevo anche raccolto proiezioni delle società di mercato, che promettevano un incremento della loro diffusione rispetto al cartaceo. Quanto a me, preferivo ancora tenere in mano un libro, ma allo stesso tempo cercavo di essere informata

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sulle nuove tecnologie in modo da non apparire troppo ancorata al passato. Dopo colazione decisi di fare una passeggiata sul Ponte Sette. Il bel tempo aveva attirato la gente a frotte, alcuni camminavano a passo sostenuto, altri si rilassavano sulle sdraio, altri ancora si muovevano pigramente contenti di poter prendere una boccata d'ossigeno. Mi accodai a questi ultimi, assaporando l'aria fresca e la vista dell'oceano. Avevo fatto solo pochi passi quando mi imbattei nella coppia di neosposini, i Kensington, fermi accanto al parapetto a guardare le acque sottostanti. Richard indossava una polo blu scuro e calzoncini bianchi e Marcia era davvero carina in un prendisole giallo che le arrivava al ginocchio. Al collo aveva un binocolo. «Buongiorno», li salutai. Lui borbottò qualcosa in risposta, ma lei mi sorrise radiosa. «Speravo tanto di vedere i delfini o le balene», esclamò. «Piacerebbe anche a me prima di sbarcare. Ne avevo visti molti all'epoca della mia precedente traversata sulla Queen Elizabeth 2, ma stavolta ancora niente. Del resto il tempo non è stato di grande aiuto.» «Guardate!» gridò improvvisamente Marcia. Ci girammo verso il punto indicato dalla giovane e vidi un dorso lucido tagliare la superficie dell'acqua a poche decine di metri dalla nave. Poi altre due balene emersero soffiando in aria pennacchi d'acqua dallo sfiatatoio. Marcia si portò il binocolo agli occhi. «Posso dare un'occhiata?» le chiesi, ma lei non rispose e continuò a guardare finché le balene non scomparvero. «Deve essere un binocolo con lenti ad autofocus», dissi. «Non ne avevo mai visti prima. Permette?» dissi allungando la mano. «Che cosa?» domandò Marcia. «Sì, lo sono», rispose brusco Richard, prima di rivolgersi alla moglie. «Vieni, Marcia. Dobbiamo andare.» La donna mi lanciò un timido sorriso e lo seguì, allontanandosi. Mi augurai che l'atteggiamento e i modi dell'uomo migliorassero con l'età. Soprattutto per sua moglie. Ritornai all'interno e scesi al Ponte Tre. Cominciai a girellare per la galleria fotografica, dove erano in mostra, nonché in vendita, le foto scattate ai passeggeri all'imbarco a Southampton, o durante le cene

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nei vari ristoranti della nave. Ce n'erano a centinaia, raggruppate a seconda del luogo in cui erano state scattate. Cercai quella che mi avevano fatto all'imbarco. Il fotografo mi aveva immortalata con un sorriso sciocco sul viso e decisi che non era il genere di scatto da tenere per i posteri. Ne esaminai qualche altra notando che tutte le persone avevano la felicità dipinta sul volto, mentre si imbarcavano trepidanti al pensiero della bella vacanza che li attendeva. Non potei fare a meno di sorridere a mia volta. Mi stavo allontanando, quando qualcosa mi spinse a tornare indietro. No, non era possibile. Mi chinai a esaminare più da vicino una foto poche file sotto la mia. Non ci potevo credere. Eppure era così. Era l'immagine di un uomo con una sahariana beige e un berretto blu, con la visiera calata sugli occhi, in posa davanti all'obiettivo. I capelli che spuntavano da sotto il cappello erano grigi e anche i baffi erano dello stesso colore. Sembrava voler nascondere la faccia restio a farsi immortalare, ma lo riconobbi lo stesso. Dennis Stanton! Dennis era la prova vivente dell'esistenza della seconda occasione: alla morte della moglie Elizabeth, dopo che la compagnia di assicurazione che li tutelava entrambi si era rifiutata di pagare le spese mediche sostenute, era diventato ladro per vendetta, rubando solo gioielli assicurati da quella compagnia. La sua avventura nel crimine era ovviamente finita male, ma la sentenza era stata relativamente mite, grazie a un giudice che era rimasto colpito dalle sue motivazioni. Alla fine Dennis si era trasferito a San Francisco, dove era diventato un investigatore assicurativo per conto della Consolidated Casualty Company, specializzata nel ritrovare gemme preziose rubate. Nel corso degli anni le nostre strade si erano incrociate in diverse occasioni, durante dei casi di omicidio, ma ultimamente avevo perso i contatti e mi chiedevo spesso che fine avesse fatto. Come Michael Haggerty, anche Dennis era attraente, affascinante e... scaltro, un po' troppo per i miei gusti. Il termine più appropriato per descriverlo sarebbe ammaliatore: l'accento inglese e i bei vestiti aggiungevano un tocco di classe alla sua aura da gentiluomo. Ammetto di aver nutrito fantasie romantiche nei suoi confronti, ma soprattutto mi piaceva la sua compagnia; era il partner ideale per bere qualcosa e fare due chiacchiere, sempre che non fosse in giro per il

I gioielli della reginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora