FECI un profondo sospiro e gli sorrisi. «Che sollievo rivederti», esclamai. «Buonasera, signora.» «Ero così preoccupata. Ti ho visto uscire scortato dagli uomini della sicurezza e...» Rupesh sollevò un dito a zittirmi e lanciò un'occhiata verso l'ufficiale di guardia, che sembrava ignorare la nostra conversazione. «Entra. Avevo intenzione di chiamarti», mormorai aggiungendo a suo beneficio: «Il televisore ha qualcosa che non va». Rupesh mi fece segno di precederlo ed entrai in cabina, fermandomi solo un istante per prendere un messaggio dalla cassetta della posta. Guardai la busta. C'era scritto solo SIG.RA FLETCHER. I caratteri dattiloscritti sembravano uguali a quelli del primo messaggio. Mi voltai e gli mostrai la busta. «Sai chi l'ha consegnata, Rupesh?» «No, signora», rispose chiudendosi la porta alle spalle. Il messaggio diceva: LA VITA È FATTA PER ESSERE VISSUTA E LA CURIOSITÀ PER ESSERE ALIMENTATA. ELEANOR ROOSEVELT. Rupesh notò la preoccupazione sul mio viso. «Qualcosa non va, signora?» «No, no, niente.» Spostai la sedia davanti al divano e mi sedetti. Lui si sistemò sul bracciolo. «Quando ci siamo conosciuti, ti ho detto che mi sarebbe piaciuto trovare il tempo per fare due chiacchiere con te. Ti va bene adesso? So che è tardi, ma...» «Non è troppo tardi, signora Fletcher . Mi piacerebbe molto parlare con lei.» Era la prima volta che mi chiamava così. «Avrei molte domande da farti, Rupesh.»
141
«Capisco.» «Avrai saputo dell'omicidio del signor Kim, immagino.» «Sì. Ne sono stato informato.» «Ho l'impressione che tu sappia molto più di quanto vuoi far intendere. E sospetto anche», proseguii vedendo che non rispondeva, «che ciò che sai ti sia stato rivelato dal mio amico Wendell Jones, benché non si chiami proprio così.» «Conosco il vero nome del signor Wendell, signora Fletcher.» «Infatti, lo immaginavo. Ti ho visto con lui questa sera.» «Signora Fletcher , non posso fermarmi molto, ma c'è una cosa che devo dirle.» «Dimmi pure.» «Non mi è permesso rivelare come sia venuto a conoscenza di certi particolari, ma le basti sapere che ci sono a bordo persone pericolose e crudeli.» Ero tutta orecchie. «Il signor Jones... voglio dire, il signor Haggerty lavora per il servizi segreti britannici. E si trova su questa nave proprio a causa di queste persone.» La prima reazione fu di sorpresa, all'idea che uno steward parlasse così liberamente a un'estranea di questioni delicate, come la professione di Michael. Ma Rupesh si affrettò ad aggiungere. «L 'agente Haggerty mi ha detto che avete già collaborato in passato e che potevo fidarmi di lei.» «Te l'ha detto lui?» «Sì, signora.» «Dovrei essere lusingata, ma...» «All'inizio sospettavo di lei per l'omicidio del signor Kim.» «Di me?!» Il ragazzo annuì. «Era un po' troppo interessata a lui e ai suoi effetti. Mi ha chiesto di controllare se avesse un computer e una stampante.» «Oh, sì, ma era solo per...» «Comunque sia, l'agente Haggerty mi ha riferito che lei ha... diciamo, alcune idee su queste persone, alcune intuizioni.» Perché mai Haggerty avesse detto una cosa simile era una delle tante domande a cui non riuscivo a dare risposta al momento, ma la più importante era come mai avesse deciso di parlarne a Rupesh. Che il ragazzo avesse scoperto qualche informazione utile alle
142
indagini? Dopotutto, come assistente aveva accesso a tutte le cabine, compresa quella di Kim Chin-Hwa e Betty LeClair . In tal caso ero curiosa di sapere di cosa si trattasse. Gli chiesi perché quella mattina Betty piangeva. «La signorina asseriva che qualcuno fosse entrato furtivamente in cabina e avesse sottratto dei documenti.» «Che tipo di documenti?» «Non lo so.» «Rupesh, poco fa in corridoio ho visto un uomo uscire dalla stanza del signor Kim. Era un signore robusto con la barba e uno yarmulke in testa...» Rupesh fece una pausa prima di rispondere. «Quel signore lavora con l'agente Haggerty.» «Lo conosci?» «Sì, signora Fletcher.» «È un altro agente segreto?» «Non posso divulgare certe informazioni.» Decisi di non insistere. Non ce n'era bisogno. Sapevo già che si chiamava Uri, almeno così mi aveva detto Haggerty, e che lavorava per i servizi israeliani. «Apprezzo molto la tua lealtà, Rupesh», affermai. «Ma temo proprio di non capire il tuo coinvolgimento con l'agente Haggerty, o con l'altro uomo, che, a proposito, si chiama Uri.» «Allora lo conosce.» «Solo di nome.» Rupesh si alzò, avvicinandosi alla finestra e rimase a fissare l'oceano per quella che mi sembrò un'eternità. Quando si voltò a guardarmi, stava sorridendo. «Ci sono cose di cui non posso parlare al momento, signora Fletcher , ma spero di rimediare quanto prima. Ora, però, devo proprio andare. Ho ancora qualcosa da fare, prima della fine del mio turno.» «Certo», risposi accompagnandolo alla porta. «La signorina LeClair è in cabina?» «Non credo.» «E dov'è?» «Negli uffici del capo della sicurezza. La stanno interrogando. E non credo che ci tornerà.» «Perché, dove andrà?»