UN ufficiale accompagnò me e Betty nel nostro nuovo alloggio, una deliziosa suite doppia. Cercai di fare del mio meglio per metterla a suo agio, e lei sembrava intenzionata a ricambiare il favore. Non sapevo come iniziare la conversazione e di cosa parlare, perché volevo evitare di sconvolgerla troppo. Dopotutto, aveva appena scoperto il corpo del suo compagno barbaramente ucciso con una pugnalata al cuore e subito un interrogatorio che sicuramente era stato stressante. Suggerii di chiamare il servizio in camera per farci portare del tè e un vassoio di dolci. A Betty l'idea piacque, così telefonai e feci le ordinazioni. Dieci minuti dopo un colpo secco alla porta ci avvertì che erano arrivate. Andai ad aprire e mi trovai di fronte Rupesh che spingeva un carrello. «Ti occupi anche del servizio in camera?» gli domandai sorpresa. «No, signora, ma dato che ero assistente di cabina della signorina LeClair , hanno pensato che si sarebbe sentita maggiormente a suo agio con me, e mi hanno assegnato al suo servizio per il resto della traversata.» Certo, il ragionamento non faceva una piega, eppure sentii d'istinto che c'era sotto qualcos'altro. «È un bravo ragazzo», disse Betty uscendo dal bagno. Si era data una rinfrescata, truccandosi leggermente e si era messa un profumo molto particolare... Shalini, a detta di Dennis Stanton. «Sì, è vero», assentii. «Ha dei parenti che vivono nella mia città, Cabot Cove.» «Mi piacerebbe saperne di più sul Maine, signora Fletcher.» «E io sarò felice di parlargliene, ma solo se mi chiama Jessica.» Mentre sorseggiavamo il tè, le raccontai di Cabot Cove e degli amici che avevo laggiù. Betty mi ascoltava cortesemente, ma ebbi la sensazione che, per la maggior parte del tempo, avesse la mente

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altrove. Perciò, cercai il momento opportuno per spostare la conversazione su di lei. L 'occasione propizia arrivò quando paragonò Cabot Cove a Parigi. «Non so se riuscirei ad ambientarmi in un piccolo centro», affermò, «ho sempre vissuto solo in grandi metropoli.» «Dev'essere stato eccitante lavorare come modella a Parigi», osservai. «Oh, sì, non era male.» «Ah, già», replicai ridendo. «Mi ero dimenticata cosa mi aveva detto a casa di Tom Craig. Lo trovava noioso.» La vidi sorridere per la prima volta, da quando eravamo insieme. «So che è molto tardi e sarà stanca, dopo quello che ha passato. Se vuole andare a letto, me lo dica.» «Oh, no, Jessica. Tanto non riuscirei a dormire», rispose scossa da un piccolo brivido. «Inoltre, mi piace chiacchierare con lei. Soprattutto perché mi sembra una che non giudica.» «Be', faccio il possibile.» Betty abbassò lo sguardo, assorta. Quando rialzò la testa mormorò in tono piatto: «Temo di aver commesso diversi errori in vita mia». «Be', succede a tutti.» «No, intendo dire... errori gravi, mi sono fatta coinvolgere dalle persone sbagliate, per le ragioni sbagliate.» Era un commento interessante e allo stesso tempo provocatorio. George Sutherland mi aveva detto che Betty era diventata una «ragazza di facili costumi» quando era finita la sua carriera da modella, servendosi della sua bellezza per attirare anziani uomini facoltosi. Stava forse riferendosi a quello? Kim Chi-Hwa era forse una delle «persone sbagliate»? Betty continuò a parlare, senza che ci fosse bisogno di spronarla. «Mi sento in colpa per quello che è successo a Kim», mormorò. «Che morte orribile.» «Come l'ha trovato?» «Preferirei non parlarne, se non le dispiace. È stato terribile», replicò scossa da un brivido. «A volte mi chiedo se Dio esista.» «Perché dice così, Betty? Di sicuro non è Dio a volere che una persona sia brutalmente assassinata.» Mordicchiò un pasticcino, ma lo rimise subito sul tavolo. «È solo che... ecco, Kim non era una brava persona.» «L'ascolto.»

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«Era socio di Walter Soon Yang, lo sapeva, vero?» «Sì, certo. Ne aveva parlato apertamente durante la cena da Tom Craig.» «Non erano amici, Kim aveva mentito a proposito. Progettava da tempo di mettere fine al loro rapporto d'affari, da molto prima che Walter fosse ucciso.» «Non lo sapevo. Ma a quanto ho sentito, Kim poteva essere l'unico beneficiario dell'assicurazione sul Cuore d'India.» Betty sorrise. «Si aspettava un bel guadagno. Avrebbe addolcito la 'perdita' di Walter.» «Ma ha detto che aveva intenzione di mettere fine alla società.» «Infatti, ma poi, Walter molto convenientemente è morto.» «Mi spiace Betty, non la seguo.» Lei non rispose. A quel punto decisi di essere diretta. «Mi sta dicendo che Kim ha ucciso il suo socio?» Non riuscii a capire se il pianto della donna fosse sincero oppure no. «È terribile che sia proprio io a dire certe cose», mormorò, mentre grosse lacrime le rigavano il volto. «No, se è la verità», ribattei. «Temo proprio di sì, Jessica», confessò Betty senza guardarmi negli occhi. Si tamponò le guance con un fazzoletto di raso ricamato. Non so perché notai un simile particolare, ma era tanto che non vedevo un autentico fazzoletto. Gli unici che possiedo giacciono religiosamente piegati in un cassetto insieme con sacchettini profumati. Osservai Betty asciugarsi gli occhi senza che il trucco si sbavasse. Era una giovane donna molto curata. Ogni particolare dell'abbigliamento e del comportamento sembrava studiato con attenzione. Mi domandai quanto del suo passato seguisse lo stesso schema. «È sicura che sia stato Kim a uccidere Yang?» domandai. «Sì, purtroppo. Mi scusi, non volevo sconvolgerla.» «Non mi ha sconvolta. Betty. Quindi è stato lui a rubare il Cuore d'India?» Lei rimase immobile a capo chino, evitando il mio sguardo. «Che altra spiegazione potrebbe esserci?» mormorò infine, stringendosi nelle spalle. Mi concessi del tempo per digerire le accuse versandomi dell'altro tè. «Mi dispiace, Jessica.»

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«Ma può provarlo?» chiesi minimizzando le sue scuse con un gesto della mano. «Provarlo? No. So solo che Kim odiava Yang. Lo accusava di aver sottratto dei fondi della società per finanziare gruppi terroristici. E la situazione si era fatta davvero pesante. Ho sentito minacciarlo di morte più di una volta, ma non credevo che mettesse in atto le minacce. Da allora ho vissuto sempre nella paura. Sentivo che sarebbe successo qualcosa di orribile.» Le si riempirono gli occhi di lacrime, che però riuscì a ricacciare indietro. Ripensai al nostro incontro a casa di Tom. Mi era sembrata nervosa o intimorita accanto a Kim? Se era così, lo aveva nascosto davvero bene. L 'unica volta che l'avevo vista fuori di sé era quando era uscita come una furia dalla cabina o quando una sera a cena aveva risposto male a una guardia del corpo. Evidentemente rabbia e irritazione erano emozioni che si sentiva libera di esprimere. Ma ecco che mi trovavo davanti una nuova Betty, intimorita e vulnerabile. Era sincera? Era stata una top model, e le grandi modelle devono essere capaci di esprimere un'infinità di emozioni. Che fossi di fronte a una grande attrice? «Che mi dice del diamante?» domandai. «Kim l'aveva a bordo con sé?» «No, non credo. A dire il vero, non l'ho mai visto, benché lui ne parlasse in continuazione.» «Lo avrebbe voluto per sé?» «No. Ma era invidioso che Walter se lo fosse aggiudicato.» Mi appoggiai all'indietro sui cuscini del divano, massaggiandomi le tempie. L 'ultima cosa che mi sarei aspettata era un atto di accusa da parte di Betty. Chissà se aveva detto le stesse cose durante l'interrogatorio con Haggerty e il capo della sicurezza. Ne dubitavo. Michael me l'avrebbe riferito, prima di chiedermi di accompagnarla in cabina. Ripensai a Kim Chin-Hwa. Era un uomo piccolo, dai lineamenti delicati e con mani quasi femminee. George non mi aveva detto che Yang era stato picchiato e strangolato? Da Kim? Impossibile! Il che non significava, ovviamente, che non avesse ingaggiato qualcuno per fare il lavoro sporco. Era proprio ciò che aveva ipotizzato George, durante la colazione a Londra.

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Mi stupiva inoltre che Betty avesse deciso di confessare proprio a me i suoi sospetti. Credeva forse che avrei riferito l'informazione a Haggerty e al capo della sicurezza? «Poco fa, quando è stata interrogata dagli ufficiali incaricati delle indagini per l'omicidio del signor Kim, li ha informati dei suoi sospetti sulla morte di Yang?» «No», rispose Betty. «Non c'entra niente con la morte di Kim... giusto?» «Non lo so», replicai. «Ma penso che la polizia e chi sta lavorando al caso dovrebbero esserne informati.» «Può farlo lei per me, Jessica?» «Penso sarebbe meglio se lo facesse personalmente.» Naturalmente avrei riferito quelle informazioni, appena possibile. Ma non riuscivo a togliermi dalla mente il sospetto che Betty avesse accusato Kim di omicidio solo dopo la sua morte, quando l'uomo non poteva più difendersi. George Sutherland l'aveva interrogata dopo l'omicidio di Yang e la ragazza non gli aveva detto niente di Kim. Forse perché all'epoca l'uomo era ancora vivo e Betty aveva paura di lui? Ma aveva davvero paura, o aveva deliberatamente aspettato che Kim fosse morto, prima di puntargli il dito contro? Tutte quelle elucubrazioni convergevano verso la domanda più importante: era stata Betty LeClair a uccidere Kim Chin-Hwa? «Sono molto stanca adesso, Jessica», annunciò alzandosi e stiracchiandosi. «Le spiacerebbe molto se andassi a letto?» «Ma no, si figuri», ribattei. «Francamente trovo anch'io l'idea di andare a dormire molto allettante. Immagino che per i prossimi giorni eviterà di uscire da qui, anche per i pasti.» «Il signor Haggerty ha consigliato che mangiassi in cabina.» «Mi sembra un ottimo consiglio. Buonanotte, Betty. A domattina.»

I gioielli della reginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora