INCONTRAI Rupesh in corridoio con in mano un vassoio, mentre stavo per entrare nella suite che dividevo con Betty. «La sua compagna non c'è, signora Fletcher . È uscita un quarto d'ora fa.» «Pensavo dovesse rimanere in cabina per il resto della traversata.» Haggerty glielo aveva caldamente consigliato. Forse non era stato abbastanza chiaro. Nessuno le aveva espressamente proibito di lasciarla. «È andata via con un'altra donna», proseguì Rupesh, appoggiando il vassoio. «Chi?» «Non lo so. Ha bussato ed è entrata. Poi sono uscite pochi minuti dopo.» «Me la sapresti descrivere?» Mi guardò con aria perplessa, non capendo bene il perché di quella domanda. «Ecco, l'ho già vista sulla nave. È alta più o meno come me, ma più robusta.» Allargò le braccia per farmi vedere le dimensioni. «Porta i capelli corti ed è sempre vestita di nero. Ha un'aria un po'... ecco, mascolina.» Kiki Largent. «Grazie, Rupesh.» Betty era uscita con Kiki Largent? Chiamai Haggerty e gli riferii quanto appena appreso da Rupesh. «Dev'essere Kiki Largent, la descrizione coincide perfettamente.» «E dove sono andate?» chiese Michael. «Non lo so.» «Dov'è Jennifer Kahn?» «Non so neanche questo, Michael. Dopo colazione è andata con Dennis a fare una passeggiata sul Ponte Sette.»

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«Vediamoci alla Promenade Esterna, scala B.» «Dubito che Jennifer e Dennis siano ancora lì», obiettai guardando l'ora. «E non so se Betty e Kiki si siano dirette fuori. È una nave gigantesca, Michael.» «Controlleremo lo stesso.» Cercai di analizzare il significato di questa novità: Betty insieme con Kiki. Per quanto ne sapevo non si erano mai viste prima dell'imbarco. A meno che, ovviamente, le loro strade non si fossero incrociate a causa del furto del diamante. Non poteva esserci altra spiegazione. «Le hai viste?» mi chiese Michael, quando ci incontrammo sulla promenade. «No. Sono appena arrivata. Ci avviammo verso poppa, procedendo controcorrente rispetto alla marea di passeggeri che faceva esercizio fisico o si godeva la bella giornata. Alcune persone mi fermarono per parlare della conferenza e dei miei libri e cercai di tagliar corto nel modo più gentile possibile, motivata in parte dall'espressione impaziente di Michael. Superammo King's Court e molti altri locali e ci fermammo davanti alla Canyon Ranch Spa, un centro benessere dove all'inizio della traversata progettavo di trascorrere ore e ore di trattamenti e meritato riposo. Stavo per suggerire di avviarci nella direzione opposta, quando con la coda dell'occhio scorsi Betty. Era china sul parapetto e guardava in lontananza l'oceano, mentre Kiki al suo fianco sembrava farle una scenata. Una cosa era certa: qualunque cosa stesse dicendo Kiki, non doveva essere piacevole. «Pensi che dovremmo intervenire?» mi chiese Haggerty. «Non direi», risposi tirandolo al riparo di una sporgenza. «Meglio che non sappia che ci siamo accorti che ha lasciato la cabina. Diventerebbe ancora più evasiva.» «Hai ragione.» Tirai su il cappuccio della giacca e Michael si rialzò il bavero, quindi ci spostammo in posizione leggermente angolata rispetto alle due donne, pur continuando a osservarle. C'erano così tante persone sul ponte che non era difficile confondersi fra la folla. Qualche minuto dopo, Kiki si allontanò a grandi passi, oltrepassandoci senza degnarci di un'occhiata. Betty rimase ancora qualche momento appoggiata al parapetto, con lo sguardo fisso all'orizzonte e poi rientrò, scomparendo alla nostra vista.

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«Che ne pensi?» domandò Haggerty, mentre tornavamo sui nostri passi, avviandoci alle porte da cui eravamo usciti sul Ponte Sette. Era una domanda che mi tormentava da quando avevamo visto le due donne insieme. «Penso che siamo capitati all'interno di un complotto. Un vero e proprio covo di ladri: Kim, Betty, Kiki Largent e indubbiamente Jennifer Kahn. La vera domanda è: come si può provare che sono tutti collegati?» «Qualche idea in proposito?» «Forse sì, una, ma è appena abbozzata per il momento, Michael. Troviamo un posto tranquillo per berci una tazza di tè, così te ne parlo.» Rimanemmo seduti per quasi un'ora, mentre gli illustravo le conclusioni a cui ero giunta e come pensavo di procedere. «Il problema, Jessica, è che dobbiamo assolutamente risolvere la faccenda prima dell'arrivo a New York», osservò lui, quando ebbi finito. «Secondo quanto afferma Stanton, se non troviamo il Cuore d'India prima dell'attracco, il diamante sparirà in una città di otto milioni di abitanti e non lo ritroveremo più. Inoltre sarà molto più difficile riunire tutti per ulteriori interrogatori, una volta che saranno sparpagliati chissà dove. Ci restano oggi e domani più due notti.» «E devo anche tenere una conferenza, stasera», aggiunsi. «Di sera?» «Di solito non le programmano mai così tardi, ma le prime due hanno attirato un pubblico molto numeroso, e così hanno deciso che sarebbe stato un degno finale della traversata, perlomeno dal punto di vista dell'intrattenimento. Ma non ce la farò mai, se non schiaccio un sonnellino.» Ci separammo, con l'accordo di sentirci più tardi. Haggerty si recò a una riunione con il capo della sicurezza e io ritornai alla suite da Betty. Questa volta c'era. «Ha passato una buona mattinata?» domandai. «Sì, e lei?» «Ottima. È una bellissima giornata.» «Già, anche se non ho avuto molte occasioni di godermela.» «Dovrebbe uscire sul ponte. Non c'è motivo perché non lo faccia.» «Pensavo di dover rimanere in cabina», obiettò Betty. «Sono certa che nessuno avrebbe niente da ridire se sgattaiolasse fuori per un'oretta, sempre che se la senta. La preoccupazione

I gioielli della reginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora