Quarto giorno in mare
PUR sentendomi esausta, una volta nella mia stanza non riuscii a prendere sonno. La conversazione con Betty aveva preso una piega insolita e decisamente diversa da ciò che mi aspettavo, lasciandomi con una serie di pensieri che non riuscivo a governare. Più cercavo di tenerli a bada e peggio era, e soltanto verso l'alba il sonno mise fine alle elucubrazioni. Ma purtroppo non durò a lungo. Sentii squillare il telefono e mi svegliai di soprassalto con la sensazione di aver dormito pochi minuti. «Stavi dormendo?» sentii la voce di Haggerty. «Sì.» «Scusa. Com'è andata ieri sera con la signorina LeClair?» «Com'è andata? È andata... senti, perché non ne parliamo a colazione? Dammi un'ora, okay?» «D'accordo. Che ne è stato del tuo amico Stanton o come diavolo si chiama?» «Non l'ho sentito.» «Fagli uno squillo e digli di raggiungerci a colazione.» «Diciamo che lo chiamerò e gli chiederò se ne ha voglia, che ne dici?» «Come vuoi, Jessica.» Dopo una rapida doccia, mi vestii, infilai una giacca leggera con il cappuccio e mi sedetti qualche minuto sul balconcino, prima di recarmi in sala da pranzo. Ero ancora stanca, avrei volentieri continuato a dormire ed ero di malumore. La traversata su quel meraviglioso transatlantico si stava rivelando un'esperienza stressante, e peggiorava di giorno in giorno. Il tempo era fantastico, il cielo di un azzurro terso, con il sole
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splendente e una brezza temperata. La nave continuava il suo viaggio attraverso l'Atlantico, una meraviglia di tecnologia e lusso che in soli sei giorni copriva la distanza fra l'Inghilterra e New York, un percorso per cui un tempo i velieri impiegavano mesi. Lasciai vagare lo sguardo sulla distesa immensa dell'oceano, ripensando agli uomini e donne ardimentosi che l'avevano attraversato secoli prima, senza gli strumenti moderni, sonar , radar , attrezzature satellitari, che rendevano la traversata sicura e agevole. In qualunque punto dell'Atlantico ci trovassimo, potevo mettermi in contatto con tutto il mondo, bastava alzare il telefono in cabina, o collegarmi al computer e inviare un'email. Quel pensiero mi fece ricordare che non avevo ancora controllato la posta, da quando mi ero imbarcata a Southampton, e non avevo mai parlato con nessuno sulla terraferma. Dal momento che Betty non si era ancora alzata, decisi di andare nella mia cabina per telefonare a George Sutherland. Non avevo idea di dove fosse e speravo tanto che potesse rispondere. Ebbi fortuna. «George? Sono Jessica.» «Speravo proprio di sentirti», esclamò lui. «Avevo deciso di provare a chiamarti più tardi.» «Sai che c'è stato un omicidio a bordo?» «Sì, sono stato informato. Il signor Kim. I servizi segreti si sono messi in contatto con Scotland Yard. Hanno un agente sulla nave.» «Sì, lo so. Si chiama Michael Haggerty. Lo conosco ed ero al corrente che si sarebbe imbarcato sulla mia stessa nave.» «Ah, sì? Non mi hai detto nulla.» «Ci conosciamo da molti anni», replicai e gli riferii della mia amicizia con Michael, per poi raccontargli anche di Dennis Stanton e della sua improvvisa apparizione sulla Queen Mary 2. «A quanto pare, sei di nuovo invischiata fino al collo in un omicidio.» «Parli come Seth.» «Be', è un dato di fatto, Jessica.» «Sfortunatamente hai ragione», ammisi. «Senti, George, avrei una domanda da farti. L 'altro giorno a colazione mi hai parlato di un agente che aveva sentito aleggiare un profumo nella stanza in cui era stato assassinato il signor Yang.» «Esatto, anche se non era necessaria una donna per giungere a
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tale conclusione. Me ne ero accorto da solo.» «Per caso il laboratorio ha scoperto di che profumo si trattasse?» «A dire il vero sì. Un cuscino del divano ne era impregnato.» «Ti ricordi la marca?» «Non ho i risultati sottomano, ma posso recuperarli rapidamente. Puoi rimanere in linea o vuoi che ti richiami?» Sapevo che le chiamate verso la terraferma erano molto costose, ma non volevo rischiare di perderlo. «No, aspetto in linea», dissi controllando l'ora. Ero in ritardo per l'appuntamento a colazione con Haggerty e dovevo ancora chiamare Stanton. Dopo poco George tornò in linea. «Ho chiamato il laboratorio. È un profumo francese che si chiama Shalini. A quanto mi dicono è molto costoso.» «Grazie, George.» «Perché ti interessava saperlo?» «Sto solo cercando di collegare tutti i pezzi. Quando hai interrogato l'amica del signor Kim, Betty LeClair , hai notato se avesse lo stesso profumo?» «No, non mi sembra. Ma ora che ci penso, era sotto la doccia quando siamo arrivati. Siamo rimasti con le mani in mano per un'ora, prima che la signorina si facesse viva. Se profumava di qualcosa, era sapone alla lavanda. Deduco che di recente le hai sentito addosso ben altro odore.» «Proprio così.» «A quanto ho saputo, è stata lei a trovare il corpo di Kim.» «Così ha riferito alle autorità incaricate delle indagini sulla nave.» «Questo fa di lei una sospettata.» «Come tutti i membri dell'entourage di Kim, comprese le due guardie del corpo.» «E altri. L'omicidio non dev'essere necessariamente opera di uno dei passeggeri. Potrebbe trattarsi di un membro dell'equipaggio. Gli riferii le accuse di Betty LeClair. George scoppiò a ridere. «Sei davvero in gamba con gli interrogatori, Jessica. A me non aveva mai confessato nulla del genere.» Gli esposi i miei dubbi che Betty avesse aspettato che Kim morisse, prima di lanciare le sue accuse. «Un buon movente per toglierlo di mezzo», osservò George.