uno

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Era tutto pronto. Le valigie piene, gli occhi che brillavano, i sorrisini eccitati.
Erano pronti. Ce la potevano fare.
«Fede, hai tu mucchino?» chiese Benjamin spaesato, cercando il pupazzo in giro per la loro cameretta.
«Sì,» rispose il biondo, porgendo l'oggetto al moro.
«Grazie,» sorrise Benjamin, ma quel sorriso di un ragazzino innamorato Federico non lo vide, perché era girato verso la porta, con le valigie nelle mani.
Benjamin si morse il labbro inferiore, ammirrando la flessione che faceva il muscolo della schiena dell'amico. Notare quei piccoli particolari, lo facevano cadere e cadere ancora di più per il biondino.
Ovvio, la loro carriera come duetto era importante, erano gli idoli delle giovani adolescenti, Benjamin non poteva semplicemente dire al suo migliore amico di essere innamorato di lui fin da quando si erano scontrati quella sera in discoteca.
La maggior parte di loro li avrebbero abbandonati. Nessuno li avrebbe amati più, e per lo più Benjamin avrebbe perso il suo migliore amico, perché sapeva che i sentimenti non erano ricambiati. Certo, non ne era sicuro, ma era il semplice fatto di beccare Federico guardare il seno o il sedere di una ragazza che lo convinceva che Federico non lo avrebbe mai amato.
La possibilità che egli sarebbe caduto ai suoi piedi era dello zero percento.
«Che fai, vieni o no? Miami ci aspetta,» disse il biondino sorridendo, riportando Benjamin sulla terra.
Il moro scosse la testa, maledicendo se stesso per essersi distratto con i suoi stupidi pensieri negativi.
Prese il suo strumento e la sua valigia e uscì dalla camera, seguendo Federico nel retro, dove li aspettava una macchina che li avrebbe portati fino all'aeroporto.
Appoggiarono il tutto nel portabagagli, e l'autista gli disse loro che avrebbero impiegato dieci minuti per arrivare a destinazione.
«Emozionato per questa nuova avventura?» chiese sorridente Federico, guardando esitante l'amico.
«Ovvio,» rispose semplicemente, ricambiando l'entusiasmo con un piccolo sorriso.
Il biondino fece un piccolo cenno con la testa, e riportò di nuovo la sua attenzione fuori dal finestrino, appoggiando il mento sul palmo della sua mano.
Ed era proprio in quei momenti, con la luce che brillava negli occhi azzurri del ragazzo, i capelli disordinati di prima mattina e le piccole curve ai lati delle sue labbra che lo facevano innamorare di nuovo del suo amico.

Il viaggio è stato lungo, circa sei ore. Benjamin aveva dormito tutta la durata, e Federico era stato semplicemente al telefonino, perché aveva l'adrenalina che gli scorreva lungo le vene e questo era abbastanza per tenerlo sveglio.
«Ben,»sussurrò nell'orecchio del moro, scossando la spalla. «Siamo arrivati,» aggiunse.
Il ragazzo si stiracchiò, stendenso le braccia e le gambe in avanti. «Di già?» chiese sorpreso, cecando di guardare fuori dal piccolo finestrino dell'aereo.
«Già,» rispose il biondino.
«Hai dormito?» chiese curioso Benjamin.
«Non riuscivo a dormire,»
«Come mai?»
«Adrenalina,»sorrise.
Benjamin annuì sorridendo, e furono interrotti da un uomo in giacca e cravatta, arrivando a fianco dei due ragazzi. «Siamo atterrati, potete scendere, prego.»
I due si alzarono e presero con se le loro cose, e scesero giù per le scale del veicolo, annusando l'aria marittima di Miami.
«Miami, siamo arrivati!» esclamò Federico, spalancando le braccia al cielo.
Benjamin rise al comportamento ridicolo dell'amico, che ottenne sguardi interrogativi dalla gente dietro di loro.
«Andiamo! Voglio vedere la città!» esclamò il biondino, prendendo la mano del moro. Benjamin guardò le loro mani che si univano perfettamente, come se fossero fatte apposta l'una per l'altra.

Posarono tutte le loro valigie sul letto della loro camera d'hotel, decidendo di doverle mettere a posto più tardi.
« Ti va se magari usciamo questa sera?» chiese Federico, collassando nel letto e tirando fuori il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni.
«Certo, se ti va,» rispose il moro. Anch'egli si stese nel letto di fianco a quello del ragazzo, e mimò le sue azioni, tirando fuori il cellulare.
«Quando dobbiamo incontrare quelli di RealTime?» chiese il biondino dopo qualche minuto di silenzio confortevole.
«Ora non ricordo, ma dovrei averlo scritto da qualche parte,» replicò. Si alzò dal letto, posando il cellulare nel comodino e raggiungere la valigia. Prendendo un foglietto da essa, lesse a voce alta,«Questo pomeriggio alle sette. Non penso che questa sera andremo molto lontano,»
Federico sbuffò, tirando il cellulare alla cima del letto.
«Che palle,» borbottò il biondino, incrociando le braccia al petto.
«Andremo domani,» disse speranzoso il moro, cercando di calmare l'animo dell'amico.
«Domani dovremo sicuramente filmare il programma, e la sera dopo abbiamo i Billboard, Ben. Dovremo andarci per forza l'ultima sera,» puntualizzò, alzandosi a sua volta e raggiungere la sua valigia.
«Be', allora andremo l'ultima sera. Non vedo quale sia il problema,» rispose Benjamin, grattandosi la punta della testa e avvicinandosi all'amico.
«Non posso rimorchiare,» mormorò Federico, scossando la testa.
Benjamin aprì la bocca per dire qualcosa, me decise che era meglio stare zitti e tacere. A volte era la miglior situazione.
«Io vado a farmi un giro se non ti dispiace,» disse dopo qualche momento il biondino, prendendo sia le cuffie e il cellulare che le chiavi della stanza. «Tu puoi stare qui a scrivere qualcosa se vuoi,» aggiunse, prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta alle sue spalle.
«Certo,» borbottò fra sé e sé, imitando la voce del ragazzo.
Un pomeriggio noioso lo avrebbe aspettato, a quanto pare.

paper airplanes; fenji {completa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora